Libri inquietanti, ma non cattivi
Apro un libro e sento raspare tra le pagine, sembrano artigli. Mi metto in guardia. Questo non è un libro innocuo, no. Meglio accendere la luce per illuminare le ombre. Semioscurità, pertugi e ragnatele. Questo è un libro rischioso.
Il lettore sfoglia guardingo le pagine e condivide l’inquietudine della protagonista della storia, Lucy.
Si dice che, se i lupi escono dai muri, è finita! Gli adulti ne sono convinti. E, infatti, accade davvero! Sono ferocemente selvatici, aggressivi, ululanti e devastatori. Non si può far altro che scappare e abbandonare l’abitazione alla loro rabbiosa festa.
Neil Gaiman lo sa bene e lo racconta ai bambini con I Lupi nei muri. Una storia vera, quanto sono veri i pupazzi che parlano. Lucy li sente raschiare nei muri, ma nessuno vuole crederle. Nonostante il suo coraggio, grazie al quale alla fine mette in fuga i lupi, il pericolo non sparisce magicamente ma resta in agguato. Ci sono altri rumori nei muri che minacciano la tranquillità appena recuperata.
Certi libri, si sa, restano impressi nella memoria più di altri: se le emozioni che suscitano sono forti, importanti, allora troveranno un angolo nel profondo per restarci e diventare parte di ciascuno. Un libro che resta aperto nel finale, che semina dubbi, finisce per crescere insieme al lettore. Le storie che Gaiman racconta sono spesso inquietanti, non rassicurano, i protagonisti affrontano situazioni “strane”, pericolose, spaventose, spesso gotiche, i finali dondolano incerti, sospesi nelle considerazioni sbocciate dai dubbi e dalle perplessità. Come puoi, lettore, chiudere il libro e dimenticarlo?
Il gotico e lo humor
I libri di Neil Gaiman sono avventurosi, inquietanti, ironici e trascinano il lettore a compiere una sorta di ricerca, tra le pagine e in se stesso. Non sempre incontrano il favore degli adulti. L’autore insegue la logica dell’immaginazione o dei turbamenti, spesso più immediati nei bambini e negli adolescenti. Il suo è un genere distintivo e difficilmente classificabile: fantasy, gotico, horror, humour e fantascientifico. Ha comunque incontrato il favore di molti fan e per verificarlo basta fare una veloce ricerca sul web, dove appaiono innumerevoli siti e blog a lui dedicati.
Non stupirà gli appassionati di giochi di ruolo sapere che Gaiman, inglese, scrisse nel 1987, poco più che ventenne, un racconto intitolato Io, Cthulhu. Questo mostro tentacolare, che nasconde mille misteri, ha origine nell’immaginazione di H.P. Lovecraft, l’imprinting quindi è fortemente gotico, ma non solo. Le implicazioni mitologiche e le superstizioni arcaiche impregnano gran parte della letteratura inglese. Gaiman non è immune a questo fascino. Recupera il mondo fiabesco e prende spunti anche dalla mitologia classica e da quella nordica, in modo più evidente nei romanzi per adulti quali American Gods e I figli di Anansi.
La passione per la ghost story e l’interesse per il soprannaturale sono parte della cultura britannica, il fantastico sopravvive in molte leggende locali. L’immaginario è spinto da una forza ambigua che ritiene affascinante il pauroso: quell’attrazione irrazionale che nel Settecento era identificata con “il sublime” e che scorre vivace nelle trame delle fiabe e in molte leggende. Gotico, fiabesco, fantastico e humour, che nella scrittura di Gaiman si fondono. Io, Cthulhu è un racconto molto ironico, in cui il mostro detta la sua autobiografia a uno schiavo umano, rivelando così dei dettagli inediti sulla sua nascita e infanzia, con trovate sottili e beffarde. Potete trovare il testo completo nel sito ufficiale, insieme ad aggiornamenti continui dell’autore (anche il countdown per l’uscita dell’ultimo libro, All Hallow’s Read).
L’influsso della letteratura gotica in Gaiman spicca in vari simboli, come il cimitero e gli spiriti, che ricordano la precarietà del destino umano e ravvivano il presente. Eppure la chiave per tradurli è l’ironia, indispensabile per non prendersi troppo sul serio. Sono una sorta di beffardo memento mori. Nei suoi libri la superficie nasconde voragini di profondità, a volte scure da far paura, ma come afferma lui stesso nell’introduzione alla raccolta di racconti Il cimitero senza lapidi e altre storie nere, “sono viaggi fino all’estremo opposto dell’universo che puoi fare con la certezza di essere di ritorno per l’ora di cena”.
Gaiman gioca con la paura, porta la tensione a livelli molto alti per poi spezzarla con battute o commenti ironici dei protagonisti: paradossalmente strappa sempre un sorriso. L’autore ammicca e spesso prende in giro gli adulti, che sono sempre troppo distratti per scorgere il lato fantastico della realtà, che invece aleggia ovunque.
L’esperienza personale nelle intuizioni più “strane” e geniali
Molte delle storie che Gaiman scrive sono ispirate dai figli: lampi intuitivi della loro immaginazione, sogni paurosi, interpretazioni fantastiche della loro quotidianità. Il giorno che scambiai mio padre con due pesci rossi nasce dal desiderio espresso una sera dal figlio che, non volendo andare a letto, si era molto arrabbiato per le insistenze del padre e gli urlò contro che avrebbe preferito due pesci rossi al suo posto. L’autore quindi interpreta e sviluppa quell’idea genuina, perfettamente coerente con la realtà infantile, pregna di una ricchezza fantastica, che abitualmente scema crescendo. Nel racconto il papà viene barattato pagina dopo pagina, passando da un bambino all’altro, in cambio di oggetti, senza dubbio più divertenti di quel signore che continua imperterrito a leggere il suo giornale.
Nell’introduzione al libro intitolato L’esilarante mistero del papà scomparso, l’autore dichiara di voler rimediare al precedente albo in cui “i padri sono svagati cumuli di distrazione che sfogliano il giornale e ogni tanto mangiano una carota” e che quindi avrebbe scritto “un libro in cui un padre faceva tutte quelle cose elettrizzanti che i padri fanno nel mondo reale”. E quello che leggiamo è pura e divertentissima follia: un turbine di eventi improbabili accaduti a un padre, raffigurato in modo riconoscibile come un alter ego di Gaiman stesso, che si assenta troppo tempo per comprare del latte. Attingendo dai giocattoli e dai poster dei figli, l’autore si inventa una storia avventurosissima che comprende Polizia Spaziale Dinosauriana, dischi volanti alieni, vampiri, stegosauri in mongolfiera, tribù sperdute con minacciosi vulcani e anche un pony, semplicemente perché piaceva alla figlia. Il libro è spassoso, ironico, improbabile e l’adulto (autore e personaggio) fa ridere ma ride anche di se stesso.
Strano e normale. Tutto è possibile in un oceano d’immaginazione
Gaiman possiede una sconfinata creatività e fantasia, un vero dono, e sa mantenerla viva quando la esprime. Questo spiega la sua arte eclettica che attraversa linguaggi, stili e registri differenti, che vanno dal fumetto, alla sceneggiatura, alla musica e alla scrittura. Un artista che vive l’arte come la manta nuota nell’oceano, abbracciandola, volando in acqua come non tutti sanno fare. Nessun paradosso, trattandosi dell’autore che ha scritto L’oceano in fondo al sentiero. Tutto è possibile, se lo sguardo non è distratto.
La bellezza di quello che appare “strano” o “pauroso” sta nel significato più profondo. Come un oceano nel secchio. Bella come l’amicizia che è fiducia, immensa.
« – Portarti all’oceano non potevo, ma niente e nessuno mi avrebbe impedito di portare l’oceano da te.
[…] Infilai un piede nell’acqua splendente facendone alzare il livello fin quasi all’orlo. Il mio piede poggiava sul fondo di latta del secchio e l’acqua era fresca, non fredda. Infilai anche l’altro e lo appoggiai, come una statua di marmo, e le onde dell’oceano di Lettie Hempstock si richiusero sopra la mia testa».
(da L’Oceano in fondo al sentiero, Neil Gaiman, Mondadori).
Il prodigio, nell’infanzia, è normale.
L’amicizia rimane fiduciosa anche quando gli adulti cercano di mettere in guardia. È una ribellione, e, ovviamente, agli adulti non piace, ma senza di essa non si cresce. Serve, e molto, all’autonomia e all’autostima dei ragazzini che si avvicinano all’età adulta.
Tutto è possibile quindi, anche che la giovane strega Elizabeth “Liza” Hempstock diventi la migliore amica di Bod nel libro Il figlio del cimitero. Una frequentazione preoccupante, forse, che è considerata dagli adulti (fantasmi per altro) poco raccomandabile, ma il “patto”, quando è fanciullo, mantiene una purezza straordinaria e nessuno potrà ostacolare la loro amicizia. Bod, ovvero Nobody Owens, ha una storia personale drammatica e assurda: rimasto solo dopo l’assassinio della sua famiglia per mano di Jack del Mazzo, vive con due genitori adottivi fantasmi che lo crescono in un cimitero in compagnia di altri personaggi soprannaturali. Questa circostanza, che pare insensata, scorre nell’ordinaria quotidianità e lo spazio fantastico si fonde armoniosamente con quello reale. Con naturale continuità, la storia prosegue per le vie della città, tra i vivi, in cui Bod incontra altre amicizie importanti. Anche questo libro è stato ispirato da un aneddoto personale, il figlio di Gaiman girava spesso con il triciclo nei sentieri del cimitero di fronte a casa e, nel seguirlo da lontano, l’occhio creativo del padre ha scorto un mondo invisibile tutto intorno da poter raccontare.
Esiste un filo rosso che continua a infilarsi tra le pagine e cuce alcune storie con un ago invisibile, è divertente riconoscerlo, e capita così di ritrovare personaggi familiari (si chiamano entrambe Hempstock le amiche dei protagonisti di Il figlio del cimitero e L’oceano in fondo al sentiero, entrambe un po’ streghe, affinché l’atmosfera resti del giusto spessore caliginoso), o di scorgere passaggi segreti, portali verso un fantastico mai troppo nascosto.
L’importanza della scelta
In quello che appare “strano” si scorge anche forza, decisione, eroismo. Nelle storie di Gaiman, anche in quelle più cupe, si può intravedere uno squarcio di luce. Si tratta della caratteristica dei personaggi più giovani, dell’ottimismo, che è fratello del coraggio, e questo slancio arriva al lettore, nonostante tutto.
Lo “strano” prende forma nel personaggio di Odd, il ragazzino Vichingo. Il nome stesso sottintende “bizzarro, stravagante, strambo” e così via, ma anche “spaiato, dispari”, come le sue gambe, poiché è zoppo. Gaiman qui racconta la storia di un protagonista inquieto, che ha fretta di crescere, di conoscere “la vita vera”. Sono tristemente inquietanti anche gli adulti che lo isolano. Odd e il Gigante di Ghiaccio è la storia di un orfano di padre, disabile, mal visto dagli abitanti del villaggio perché, nonostante tutte le sue sventure, continua a sorridere. Sorride molto e questo infastidisce, non sembra “normale”. Odd a un certo punto si stufa e lascia tutto. Da solo completa imprese eroiche, affronta il Gigante di Ghiaccio e salva addirittura tre divinità. Compie scelte audaci e soprattutto cresce. Il sorriso non si spegne mai, cresce con lui.
Molti personaggi di Gaiman sono fantastici, come quelli delle sceneggiature dei suoi fumetti, fin da Sandman. La magia sembra pervadere la realtà. Serve solo un occhio attento e la giusta dose di stimolo esplorativo per scoprire passaggi incredibili che conducono a realtà parallele e oniriche, come in Stardust, Il ragazzo dei mondi infiniti o Coraline. La disattenzione adulta, anche se non implica una situazione di reale abbandono, innesca eventi estremi, a volte molto rischiosi. È l’iniziazione necessaria per imparare quanto la realtà non sia rassicurante ma anche come sia possibile affrontarla. I protagonisti iniziano a credere nelle proprie capacità e crescono.
Coraline è un personaggio empatico e vive con adulti distanti, come accade a molti bambini. In questo libro il messaggio è fin troppo chiaro, la perfezione non esiste e se pare “perfetto”, allora bisogna stare in guardia. Non c’è nulla di rassicurante nel chiedere a un bambino di affinare lo sguardo. Coraline, per noia e per la poca attenzione che le rivolgono gli adulti, inizia a vivere una grande avventura. Sceglie due volte: prima rischia di cedere allo spaventoso ricatto che le propone la copia di sua madre, che pare così attenta e amorevole, migliore di quella vera. Appena in tempo per salvarsi, sceglie ancora, e cerca di tornare alla sua vera famiglia, affrontando così grandi prove di coraggio.
Molti personaggi di Gaiman compiono grandi scelte, spesso sono dolorose, a volte talmente tanto da sembrare crudeli.
Il bambino che scambia il papà con i due pesci rossi compie una scelta forte, strana, ma alla fine il baratto sembra legittimo, dato che il papà è una presenza effimera e legge il giornale sempre, per tutto il libro.
Joey invece sceglie di abbandonare la madre e tutta la famiglia in Il ragazzo dei mondi infiniti. Nella lotta tra bene e male, che alla fine è un dettaglio nel percorso di crescita del protagonista, è la scelta a creare la vera epifania. Davanti a un dedalo di infinite vite, mondi, esistenze parallele e altrettante possibilità sconvolgenti con rischi inimmaginabili, il protagonista sceglie l’incognita. Questa è la “vita vera”. Pazzesca, strana, spaventosa e molto affascinante.
Ricca di potenzialità da scoprire. Anche Helena compie una scelta radicale in Mirrormask: che vuole lasciare la vita da circo e vivere “la sua vita vera” lo grida forte, augurando alla madre di sparire. L’inaspettata e improvvisa malattia della madre permetterà a Helena di prendere coscienza di sé, dolorosamente, e in un modo difficile da capire, quanto un incubo.
La madre dovrà accettare che la figlia faccia i suoi errori, amandola senza possederla. È la figlia a chiederlo, per crescere, con uno strappo netto dall’infanzia, con i suoi disegni-rifugio affidati al vento. Si deve andare oltre, attraversare porte e finestre dell’anima per stare bene, insieme ma liberi.
La vita vera è insidiosa ma piena di stimoli affascinanti. Tutta da scoprire. Irresistibile. È libertà di decidere.
Anche la principessa di La Regina nel bosco sceglie. Non ne vuole sapere di seguire quello che gli altri hanno deciso per lei, il matrimonio. Scappa insieme ai nani, attraversa le viscere della montagna fino a raggiungere il regno infestato dalla maledizione della strega. Combatte e scopre le sfumature del bene e del male. Risoluta, sceglie di poter decidere della sua vita. Le illustrazioni che accompagnano il testo sono bellissime, con alcuni dettagli quasi horror. La libertà ha un fascino spaventoso!
Tra le pagine si annidano i pericoli, le paure e le ombre, ma anche il coraggio e l’ironia, sguainata come una spada. I personaggi di Gaiman sussurrano come spiriti o gridano come adolescenti arrabbiati che non vogliono essere salvati, proveranno a farlo da soli. Forse è per questo motivo che spaventano l’adulto. È il doloroso distacco che da sempre nasconde infiniti timori. Sono paure condivise da entrambe le parti, ma bisogna affrontarle. Per crescere.
Neil Gaiman scrive ancora nell’introduzione de Il cimitero senza lapidi e altre storie nere:
I racconti che leggi quando hai l’età giusta non ti abbandonano mai davvero. Magari ti dimentichi chi li ha scritti o come si intitolava la storia. A volte ne dimentichi la trama, ma se un racconto arriva a toccarti ti resterà accanto, infestando quei luoghi della mente che visiti molto di rado.
Sono fantasmi buoni, mi vien da dire. Questi libri non sono mai cattivi o spaventosi, mostrano “solo” che tutto è possibile, che la vita vera è anche bizzarra e che la paura e l’inquietudine si rendono necessarie per crescere. Sono il fantoccio di paglia contro cui ci si allena alla battaglia, come un giovane promettente cavaliere. L’ironia è l’arma giusta da impugnare perché alleggerisce l’esistenza. In queste storie apparentemente “strane” la realtà non è mai solo quello che si vede, ma i ragazzi lo sanno già. Ecco perché certi libri fanno più paura agli adulti: forse sono troppo distratti!