Il tempo è fluido e quello dell’attesa scorre proprio dentro, è un tempo intimo, diverso per ognuno. Fluisce, ma è costretto a stagnare, finché non riparte con l’energia di una piena straripante. Esiste una lancetta nascosta che lo regola, non è possibile trovarla e nemmeno manometterla. La sua percezione non riguarda il tempo dell’orologio, è sintonizzato sul ticchettio del cuore.
I bambini in particolar modo scandiscono il tempo con i momenti del vissuto quotidiano; sono blocchi di tempo, dei pacchetti che si chiudono appena finisce un’azione, un evento. Incombe subito una nuova esigenza: “e dopo?”. Cosa accadrà, mentre intanto tirano forte il braccio dicendo “andiamo”?
Il tempo dell’attesa blocca la spinta a procedere, e aspettare non è facile. Produce fremiti, respiri affannosi o apnea, comunque sbilancia l’equilibrio. Crea un vuoto che va riempito.
L’attesa è appena sopportabile, crea pensieri di ogni tipo: dalla speranza di realizzare un sogno alla frustrazione di non riuscire a ottenerlo. Gli occhi brillano a chi aspetta il compleanno, la vacanza, la gita, l’arrivo di un amico. Per il Natale si fa il conto alla rovescia e ha pure un aspetto concreto, con i calendari dell’Avvento. Se la mamma ha il “pancione”, si fantastica sul futuro: fratellino o sorellina? Dove dormirà? Potrò giocarci? Vorrà i miei giochi? Non sarò più solo, sarà bello? Non mi vorranno più tutto quel bene? Ci sono nove mesi di attesa per gioire o preoccuparsi, è un cammino impegnativo.
L’attesa è restare bloccati: in una situazione o in un luogo. Per chi deve soggiornare da parenti perché ci sono situazioni da risolvere, per chi deve restare fermo e tranquillo su un letto, perché si aspetta la guarigione, in ogni caso è un intervallo importante e potrebbe risultare “troppo lungo”.
La sospensione del tempo è sempre un po’ faticosa, invisibile e dispettosa, che borbotta e spinge. Fa accumulare tanta energia che, alla fine, dovrà esplodere. Il tempo è indefinito e viene spesso calcolato in “non ancora”, “aspetta un attimo”, “ancora un po’”, “un istante”, “tra poco”. Come può regolarsi un bambino? Un palpito, tantissimi palpiti. Il peggior difetto dell’attesa è che non dichiara QUANDO finirà.
Il distacco destabilizza sempre un po’. “Quando arriva la mia mamma?” è la domanda che nonni, insegnanti, infermieri e chiunque abbia in custodia un bambino si sente rivolgere con la frequenza della goccia che cade, incessante. Il tempo trascorso lontano dalla mamma, in età prescolare, può essere difficile da gestire se non è occupato da un’attività. L’attesa è quindi intermittente. Il libro di Isabella Paglia ha proprio questo titolo, Quando arriva la mia mamma?, illustrato da Chiara Gobbo, Edizioni Arka.
Il piccolo alunno rivolge la stessa domanda alla maestra più volte, alla fine di ogni sua attività. La risposta si aggancia al presente, il tempo più reale di tutti per un bambino, è quindi legata alla prossima cosa che sarà svolta dal piccolo e dai compagni: il tempo di disegnare e colorare

Quando arriva la mia mamma?, Isabella Paglia, Chiara Gobbo – Edizioni Arka, 2016
il tempo di cantare e ascoltare una bella storia e qualcosina di più

Quando arriva la mia mamma?, Isabella Paglia, Chiara Gobbo – Edizioni Arka, 2016
per trasformare l’attesa in qualcosa di bello, divertente e costruttivo. Un tempo del vissuto e del cuore che sfocerà nell’abbraccio con la madre quando viene a riprendere il figlio: quando finisce l’attesa e l’energia accumulata, si libera.

Quando arriva la mia mamma?, Isabella Paglia, Chiara Gobbo – Edizioni Arka, 2016
Aspettare i genitori può risultare molto noioso anche da casa. Il tempo percepito come pausa deve trovare azioni o fantasie che riempiano lo sgradevole vuoto. Giorno di Neve di Komako Sakaï, Babalibri, ci pone dietro alla finestra, ad osservare la neve che cade leggera e blocca tutto.
Per prima cosa la neve blocca il traffico: la strada è interrotta e il pulmino della scuola non può passare. Blocca anche la mamma, che invece di uscire a fare la spesa resta in casa a giocare a carte con il figlio. Quel tempo eccezionale è bello, prezioso.
La neve è bella finché ci si gioca, lo è meno quando blocca l’aereo che doveva riportare a casa papà, e il tempo inizia a dilatarsi. La neve che cade e non permette che alcune cose accadano, perde un po’ di fascino. Non è concesso nemmeno di giocare fuori. Il bianco assorbe suoni, colori e azioni, blocca il tempo e nei pensieri solitari l’attesa è fastidiosa: quando smetterà di nevicare?
Finalmente accade e sebbene sia buio, il piccolo esce a giocare con la madre, il tempo riprende la sua marcia e si proietta già a domani, quando tornerà anche il papà.
Sera d’inverno, di Jorge Luján, illustrato da Mandana Sadat, Bohem ediz., ci riporta dietro un vetro appannato. È il distacco dalla mamma che però sta rientrando, manca poco ma anche poco è moltissimo. Al centro dei pensieri resta la sua figura, prima immaginata
poi reale.
L’attesa non procede per secondi ma per sospiri. Lascia segni disegnati nel vetro e si modifica nel suo naturale evolversi da solitudine a grande e incontenibile gioia.
Da una fessura stretta, in principio disegnata con un dito sul vetro, è appena uno spicchio di luna, lo sguardo della bambina recupera un grande respiro nella gioia di vedere la mamma all’orizzonte, e il disegno si allarga. Quando l’attesa sta per finire, il ticchettio dei passi del ritorno si sintonizza con i respiri vaporosi. Tutta l’energia accumulata nell’attesa esplode nell’abbraccio che ha la potenza di un tuffo nella felicità,
che colora tutto, sazia il vuoto e anche la luna appare piena e sovrasta l’intera città.
Desiderare che un sogno si avveri fa subito scattare il cronometro del tempo dell’attesa. È un tempo indefinibile, con calcoli sconosciuti ma fitti, da far rallentare la corsa e il traguardo pare sempre troppo lontano. Anche un minuto può risultare lunghissimo, figuriamoci un mese, un anno.
L’Attesa, di Daniela Iride Murgia, Edizioni Corsare, è un albo intenso che fonde le fantasie del protagonista con la poesia, con immagini oniriche che rivelano sensazioni intime e racconta un desiderio condiviso da molti bambini: poter avere un cane. La ricetta assoluta contro la solitudine.
Le richieste del protagonista incontrano le barriere dell’incomprensione, pare che i genitori non capiscano questa forte necessità: tentennano, prendono altro tempo. L’attesa diventa lunghissima. Il bisogno è scambiato per altro, inascoltato, frainteso come gli animali immaginati via via, a sostituire il desiderio del cane.
La speranza è un filo d’erba che fortunatamente sa allungarsi con l’attesa. Resiste. Il tempo passa e nemmeno le promesse e i bei voti riescono a invertire quelle lancette dell’incomprensione. Il desiderio è forte e genera tenacia, speranza, l’energia accumulata è tanta ma se l’attesa si allunga troppo ne disperde un po’ alla volta e finisce per logorare anche quel filo che ormai ha perso quasi tutto il colore.
Nel momento della resa, di questo tempo ghiacciato, arriva il cane.
Un calore tanto sorprendente da scaldare fino in fondo, fino al futuro.
L’attesa si può anche “creare” per scelta. Avere un bellissimo pacchetto davanti e immaginare che cosa conterrà è spesso più bello del contenuto stesso. Quando un bambino apre un libro, che preferisce o che gli venga proposto, comincia un’attesa. Si tratta di un tempo che deve essere sospeso e per questa ragione va ben valutato: non ci deve essere fretta o confusione. La lettura prende un suo tempo, che è bello se riesce ad essere intenso. Può leggere un genitore, che dedica attenzione al figlio, o l’insegnante o una lettura autonoma, decisa per il piacere di quel momento. Il libro appena aperto crea il fremito dell’aspettativa: cosa racconterà? Si può solo aspettare di girare le pagine e arrivare alla fine. Si tratta di un dispositivo che fa viaggiare attraverso il tempo e magari riempie quello di una sala d’attesa, di un momento di solitudine, di voglia di coccole, di un altro tipo di attesa. Sappiamo che finirà perché nei libri c’è un’ultima pagina e la parola FINE.
Nel libro c’è tutto ciò che serve a comprendere la “durata” del tempo: la dura attesa e la speranza finale, il valore del tempo che passa e va attraversato, l’orizzonte della risoluzione e la capacità di resistere alla tentazione di sbirciare. Il tempo che passa, quello che non passa: e, raccontato nella storia, il tempo che trasforma. C’è tutto quello che dà valore all’attesa, e al momento in cui l’attesa cessa e si libera una gioiosa energia rinnovata e arricchita, e il tempo riparte più allegro, tutto nuovo. Sempre.