Dal momento che ogni bambino ha bisogno di essere amato, sentirsi accettato e ben integrato in un gruppo e che quel gruppo è tutt’oggi rappresentato dalla famiglia, è naturale che molte narrazioni che ai bambini si rivolgono prendano in esame proprio la famiglia.
Mentre la figura materna è percepita come colei che nutre, protegge e cura, il padre è considerato come una figura rassicurante che provvede al sostentamento e al benessere della famiglia.
E i fratelli e le sorelle?
Molti studi condotti in tal senso dimostrano quanto il rapporto tra pari livello all’interno di una famiglia sia uno dei più significativi, in quanto è con loro che si condivide la maggior parte del tempo e si affrontano i momenti salienti della propria vita.
Rapporti che in qualche modo preparano a future relazioni con gli altri: penso ai rapporti d’amicizia, a quelli di coppia, ma anche ai rapporti tra colleghi.
Per indagare le relazioni nell’ambito della famiglia uno dei modi più semplici e immediati è ricorrere al linguaggio non verbale del disegno.
Se, infatti, chiediamo a un bambino di disegnare una famiglia, inevitabilmente, rappresenterà la propria e racconterà la felicità e la serenità che caratterizzano il suo rapporto con i familiari ma anche i problemi, le angosce i timori.
Se questo è vero per ogni tipo di relazione tra pari livello, all’interno della famiglia è ancora più vero per quanto riguarda il rapporto tra sorelle, che è caratterizzato da una grande vicinanza affettiva, considerando l’innata propensione delle bambine a esprimere i propri sentimenti e a confidarsi.
Per controparte proprio questo tipo di legame può dar luogo a scontri e rivalità e, se l’aggressività tra maschi si esplica venendo alle mani, tra sorelle questa è meno fisica ma più profonda e duratura.
Ma cosa rende così unico il legame tra sorelle tanto da aver dato vita al modo di dire “come una sorella”?
Se è vero che si può desiderare o meno una sorella, una volta che questa è arrivata, la convivenza è d’obbligo e per un lungo periodo della propria vita ci si sveglierà e ci si addormenterà ogni giorno nella stessa casa, condividendo spazi e affetti, nonché regole ed educazione, doveri e piaceri.
Il sabato è come un palloncino rosso, Liniers, traduzione di Marta Corsi, La Nuova frontiera junior 2015
Bacio a cinque, Giulia Sagramola, Gli anni in tasca GRAPHIC, Topipittori, 2011
Tra sorelle piccole con poca differenza di età il rapporto è caratterizzato soprattutto dal gioco e dalle prime scoperte condivise: la sorella più grande tenderà ad accompagnare la più piccola alla scoperta del mondo che le circonda, insegnandole premurosamente quello che lei ha già imparato, mentre la sorella più piccola si limiterà ad adorarla e a imitarla, non senza aver provato prima una certa titubanza.
Sebbene la sorella maggiore si mostri perfettamente in grado di comprendere il linguaggio ancora incerto della sorella più piccola, e i suoi stati d’animo oltre a sapersene prendere cura, rimane pur sempre una bambina e quindi può lasciarsi andare a entusiasmi e gesti istintivi che necessitano l’intervento dei genitori.
Adulti chiamati a comprendere e a rimettere a posto le cose non solo per evitare musi lunghi, ma anche per trarre d’impaccio la sorella maggiore.
Il sabato è come un palloncino rosso, Liniers, traduzione di Marta Corsi, La Nuova frontiera junior, 2015, Roma
Una sorella per l’altra costituisce il termine di paragone più immediato con il quale confrontarsi, in un processo che mira a soddisfare la volontà di essere apprezzate.
Al raggiungimento del terzo anno di età, le bambine prendono consapevolezza del proprio genere e danno spettacolo di sé.
Se la sorella maggiore ha passato questa fase potrà essere infastidita da tali atteggiamenti.
Ma se da una parte le differenze e la distanza che si creano tra due sorelle durante la crescita aiutano nella costruzione di un’identità, nello stesso tempo questo processo porterà a una maggiore comprensione dell’altra rafforzando il legame di vicinanza.
Bacio a cinque, Giulia Sagramola, Gli anni in tasca GRAPHIC, Topipittori, 2011
Grazie al legame emotivo che anima il rapporto tra sorelle è naturale sentirsi a proprio agio insieme, mostrarsi felici o tristi senza necessariamente dovere dare una spiegazione.
Sorelle, Raina Telgemeier, colorazione immagini di Braden Lamb, traduzione di Laura Bortolazzi, Il Castoro, 2015, Milano
Tra sorelle si parla di qualsiasi cosa, si elargiscono consigli evitando di giudicare, cercando di dare importanza anche a quello che apparentemente può sembrare poco significativo, per conquistare la fiducia dell’altra.
Le sorelle riescono a mettersi l’una nei panni dell’altra e a sostenersi a vicenda anche quando i loro pensieri divergono.
Il livello d’intimità tra due sorelle è destinato ad aumentare nel procedere della vita, in occasione di tappe significative come il matrimonio o la nascita di un figlio, ma soprattutto in momenti di particolare difficoltà.
Questo non vuol dire che dalle differenze non possano nascere rivalità o che esse non possano dar luogo a gelosie.
Le contese tra sorelle avvengono sul piano dell’essere, infatti in gioco c’è sempre l’esigenza di essere riconosciute nella cerchia familiare prima, dalle amiche poi, e infine dai ragazzi.
Ma a differenza di quello che può accadere con un amica il rapporto tra sorelle resiste.
Come avrete notato uno dei modi più immediati ed efficaci ma anche divertente per osservare questo tipo di relazione è quello di tuffarsi in un fumetto o in una graphic novel.
A proposito dei fumetti.
È un genere che piano piano sta conquistando non solo i giovani lettori (che non lo hanno mai disdegnato) ma anche i genitori e gli insegnanti più riluttanti, stimolando così gli editori e gli autori a creare opere ad hoc e inventare nuovi modi per renderlo fruibile e leggibile.
La lettura di un fumetto, infatti, richiede competenze e abilità.
Come scrive Elena Orlandi nell’articolo Italia e nuvole: il fumetto per bambini, pubblicato sulla rivista Andersen nel mese di ottobre del 2014:
Il fumetto è una narrazione sequenziale che unisce testo e immagini. […] due codici, due linguaggi, che vanno armonizzati in un tempo unico di lettura, consentendo di godere del ritmo di una narrazione che si svolge di vignetta in vignetta. Se non si è abituati a leggere i fumetti accadrà che si legga prima il testo, o prima l’immagine e poi si torni indietro per completare la lettura dell’altro codice; ma a poco a poco sembrerà che la lettura si tenga in un momento solo e, nei fumetti più riusciti, immagine e testo porteranno la loro parte di senso contemporaneamente, senza essere didascalia uno dell’altra. (Italia e nuvole: il fumetto per bambini, Andersen, ottobre 2014).
La Orlandi sottolinea, inoltre, l’importanza che i fumetti rivestono nella possibilità che hanno di avvicinare i bambini alle storie e di “educare alla varietà, se ben scelti” e evidenzia il pregio che hanno i fumetti di portare i bambini “a leggere con il tempo storie più complesse”.
A tale proposito ancora più eloquente è il racconto dell’esperienza di Folco Quilici, esposto nella prefazione a Gaia Blues, nel quale confrontandosi con il genere del fumetto, ricorda le sue prime esperienze di lettore appassionato di fumetti, constatandone non solo la superiorità del ricordo su tanti altri, ma anche gli stimoli e la fame di conoscenza che quelle letture esercitarono su di lui, aprendo la strada a quelle passioni e impegno che si sono trasformate in un vero e proprio lavoro.
… confesso senza arrossire, che furono quelle letture e gli entusiasmi per gli eroi preferiti, un primo seme per sviluppare non solo un generico amore per il mondo della natura, ma anche di comprendere la necessità di lottare per proteggerla e per salvare creature in pericolo. In particolare mi colpì su questo tema, il fumetto Topolino e la balena bianca.
Di successive letture che ancor oggi continuano, di tanti libri, articoli e saggi sull’argomento, riconosco, è ovvio, l’importanza. Ma non è un caso se di molte opere non ricordo né titolo, né autore. E invece, dopo oltre mezzo secolo, ho ancora precisa memoria delle immagini di quell’immensa balena spaventata. E ricordo le battute di Topolino e Pippo mentre cercano e riescono a salvarla.
Della superiorità di questo ricordo, su tanti altri importanti, non mi vergogno. Anzi me ne vanto.
Le storie raccontate nei fumetti per bambini e adolescenti hanno sempre avuto il grande pregio di raccontare la vita quotidiana dei bambini, degli amici, i giochi, le prime grandi domande sulla vita, di dar voce ai loro pensieri, problemi e desideri.
Diletta Colombo a proposito di Grazia Nidasio, creatrice di La Stefi, la famosa bambina, protagonista delle strisce pubblicate regolarmente a partire dal 1976 sul Corriere dei Piccoli, e oggi saltuariamente sul Corriere della Sera, evidenzia il valore dei suoi disegni:
La mano fortemente descrittiva, per nulla grafica e sintetica, efficacissima nell’esprimere la rabbia, la vergogna o l’esplosione della gioia attraverso i gesti, il colore, il linguaggio tipico dell’infanzia, e, soprattutto, con il registro caldo dell’ironia che sa spiazzare e coinvolgere con una risata. (Ciao! Sono la Stefi, Diletta Colombo, su Doppiozero libri, 7 marzo 2014)
La stessa efficacia si riscontra in un altro fumetto, sebbene questo sia più caricaturale e dinamico, mi riferisco a Titeuf, l’adolescente con il ciuffo biondo, inventato da Philippe Chappuis in arte Zep.
Titeuf racconta l’adolescenza in modo veramente personale, gettando però uno sguardo sul mondo d’oggi. Narra la quotidianità che può essere dura o anche molto divertente.
In Titeuf come in La Stefi, sebbene nati in tempi diversi, i giovani lettori possono trovare una forte corrispondenza tra ciò che le loro storie raccontano e quello che vivono.
E lo stesso vale per i fumetti e le graphic novel che ho usato per indagare il rapporto complesso e ricco di sfaccettature tra sorelle, fumetti che per il loro carattere autobiografico, la narrazione ironica che non nasconde anche gli aspetti più crudi, ben si prestano allo scopo.
Se il realismo che li caratterizza da una parte offre alle bambine la possibilità di immedesimarsi con una o l’altra sorella e di vedere le cose più chiaramente prendendo le dovute distanze, dall’altra insegna a sorriderci su, riconoscendo pregi e difetti, e l’importanza di un rapporto che si da facilmente per scontato.
E che qualche volta è bene ricordare… magari con un Balloon!
Per concludere, vorrei evidenziare quanto i fumetti analizzati in questa sede concorrano a rinsaldare il femminile nell’immaginario fumettistico, cambiamento che in Italia affonda le sue radici negli anni Sessanta, quando Valentina Verde Mela fece la sua prima apparizione su Il Corriere dei Piccoli, colmando, in parte, l’assenza delle bambine nel mondo del fumetto.
(Sull’argomento un interessante e esauriente contributo ci viene offerto da Adriana di Stefano e Carmen Migano in Anna Livingstone, I suppose. Le bambine e i fumetti, in Ombre rosa. Le bambine tra libri, fumetti e altri media, a cura di Emma Beseghi, Giunti e Lisciani, Teramo, 1987).
E, infine, evidenziare come l’apertura dell’editoria italiana, che rispecchia una tendenza globale, a molte più autrici donne che in passato, insieme alla tendenza della graphic novel contemporanea a un certo autobiografismo, concorra alla creazione di personaggi femminili con un vissuto a loro vicino e alla rappresentazione di quell’universo in modo più realistico e veritiero.