“Norma scarabocchia Nadia”.
E lo fa con un bel pennello tondo, gonfio di setole, lunghe, morbide, solleticanti.
Di quel solletico così delicato che è un piacere stare lì a pancia nuda, semi sdraiata sulla sedia da scrivania nello studio. Il vestito alzato sino al petto, le mani incrociate sopra ad ascoltare quel solletico, quello scarabocchio che a seconda di dov’è, su una costola, sull’ombelico o sul fianco, fa solletico e basta, trattiene il respiro o fa scappare una risatina. Un solletico sempre e comunque eccitante.
Anche Norma è attenta. Seria nel suo scarabocchiare. Sulla pancia della sorella sono molte le considerazioni che si affacciano nella sua testolina. Ma anche le sensazioni. Le domande. Scarabocchiare una pancia, e non una a caso ma quella di una sorella, non è come scarabocchiare un foglio.
La tua pancia è la mia, toccandoti ti conosco e mi conosco, i miei contorni sono i tuoi, nuove emozioni. Anche questo è essere sorelle: un’intima conoscenza fisica e intellettuale, costruita nel tempo con prassi quotidiane, nella ripetizione di tanti gesti che uniti originano una storia. La storia di due sorelle testimoni nel tempo una dell’altra.
Tito non vuole nessuno quando è in bagno, non si spoglia davanti ai fratelli e non gira mai nudo per casa. È il fratello mezzano di Edoardo e Tea, che invece possono stare seduti uno accanto all’altro in bagno anche quando uno dei due fa la cacca.
Paolo e Francesco da piccolini hanno provato ad assaggiarsi il pisello l’un l’altro, rispondendo ancora a un desiderio di conoscenza che passa attraverso la bocca. E comunque quel ciondolino lì, che pende, ha un’attrazione tutta particolare. In seguito al momento della doccia serale i giochi sono diventati di conoscenza ma anche di competizione: far pipì assieme per incrociare i flussi, sovrapporli, romperli, giocare a tirarselo per confrontarne la durezza e la lunghezza e far paragoni con papà.
Toccando il tuo pisello tocco il mio, toccandoti ti conosco più di qualsiasi altro.
Ginevra e Leonardo hanno pochi anni di differenza e il rito del bagno da sempre lo compiono assieme, ci sono giochi e chiacchiere che si ripetono, su un abbraccio vigoroso Ginevra ride divertita: il pisello duro del fratello le tocca la coscia e questa è senz’altro una cosa da ridere!
Della e Carlotta si cercano dal primo mattino quando, chi prima si sveglia, va nel letto dell’altra. Con qualche coccola e un abbraccio è più facile riaddormentarsi, il tepore di un letto abitato e un contatto fisico e olfattivo così noto, come quello tra sorelle, rasserena.
I nomi dei bambini sono di pura fantasia mentre i fatti raccontati reali.
Potrebbe essere una bambina come Della quella che in punta di piedi, passo felino come quello del gatto che la precede, si alza dal suo solitario letto e si avvicina, pollice in bocca, a quello del fratello che, fra piumone rimboccato e cuscino sprimacciato, dorme in compagnia del suo orso preferito. Sono un bambino e una bambina, nell’intimità della loro casa ancora piccoli. Sono fratello e sorella.
È una piuma che fa capolino dal sacco del piumone a dare il là a un gioco progettato, sperato nella solitudine della propria camera e del proprio letto. Un gioco che la ricolleghi al fratello: il sonno li ha separati. Un gioco che ristabilisca intimità, odori, suoni, in una parola la fratellanza e la fisicità della fratellanza. Quel complesso di relazioni pacifiche e battagliere che uniscono per la vita due persone che per legame di sangue son fratello e sorella.
Con Les chatouilles (Solletico) di Christian Bruel e Anne Bozellec, prima edizione del 1980 a cura di Editions “Le Sourire qui mord”, l’allora casa editrice dal nome eloquente fondata dallo stesso autore e psicologo, che non disdegnava la pubblicazione di tematiche particolari quali il piacere o la differenza, dà vita a un albo per bambini, e adulti, decisamente anticonformista.
È chiaramente il contatto della pelle, quasi un feticismo, quello ricercato dalla sorella in un gioco che porta velocemente lei e il fratello a disturbarsi amorevolmente. La nudità, il corpo, rappresentano una delle unità di base di comunicazione e significazione affettiva.
Solleticare il naso e poi l’orecchio, con la piuma che fa ridere tantissimo o con la lingua, che fa solletico ma anche un po’ schifo, ma non per davvero davvero! Mettere un dito nel naso e ritrovarsi in tutta risposta un dito nell’orecchio. Intrufolarsi nel letto, arrotolarsi, salirsi sopra ridendo mentre i pantaloni del pigiama scivolano via come la giacca, che si slaccia, rendendo accessibile l’ascella. Il solletico sulla pelle nuda è intrigante, fa ridere di più, è trasgressivo. Il corpo del fratello o della sorella è tutto a disposizione, in un’intimità che non può coinvolgere nessun altro a quest’età – tutto si azzittisce infatti non appena un adulto, insospettito da qualche strano rumore o mormorio soffocato, fa capolino nella camera – e che tornerà più avanti sotto forma di qualcosa d’altro rivolto a altri. Un’altra ragazza o un altro ragazzo.
Melanie Klein nel suo libro Psicoanalisi per bambini (1932) nota come le relazioni sessuali tra fratelli, quelle volte all’esplorazione dell’altro per esplorare sé, per conoscere, per accendere domande, siano comuni e se non investite dal peso della moralità adulta o sovraccaricate da fantasie eccessivamente sadiche, per nulla dannose o distruttive:
[pullquote align=center][…] l’esistenza di una segreta complicità di questo genere […] a mio modo di vedere esercita un ruolo determinante in qualsiasi rapporto amoroso anche da adulti.
(Da Scenari dei legami fraterni a cura di Laura Mori, Edizioni Le Lettere, Firenze 2012)
[/pullquote]Jouno e Jinie iniziano a dipingersi il corpo con lunghi pennelli a goccia. La motivazione per spogliarsi la trova Jouno. Si è riempito la maglietta di macchie colorate, è molto felice di questo, il suo corpo nudo è più libero e quello della sorella più facile da disegnare e molto più divertente, fantasioso.
Jinie si dipinge una margherita verde sul petto, attorno al capezzolo, Jouno le disegna attorno all’altro un sole rosso. Il solletico la fa contorcere dalle risa. La mamma nel bagno prepara l’acqua nella vasca. Da qui comincia un’avventura senza limiti di spruzzi, idee e creatività. I due fratelli sono indiani e marinai, basta una barca che naviga disegnata sulla pancia, sono gatti e animali feroci che saltano e si rincorrono nelle giungle della fantasia più fervida e mentre giocano Jouno e Jinie lontani, si dipingono nel cuore della loro camera in attesa che la mamma li chiami per il rito del bagno.
Facendo ritorno dal loro viaggio Jouno e Jinie si riuniscono a una mamma che, nuda anch’essa, li attende per entrare nella vasca. Jinie disegnerà sul seno della mamma una margherita verde, come la sua, un fiore pieno di miele accompagnando le parole al gesto, e Jouno le disegnerà sull’altro un sole rosso proprio come quello disegnato sul corpo della sorella.
E l’allegria impera in attimi di assoluta interiorità, protetti da quell’interior, familiare e prezioso, fatto di condivisione costante e continua che è la casa, dove la nudità del proprio corpo o di quello di un fratello o di una sorella è un momento di intima scoperta, di attrazione per ciò di così uguale ma così diverso da sé è l’altro o l’altra, di scoperta interiore appunto e osservazione scientifica.
[pullquote align=center]Era una domenica mattina, e la camera di Karin appariva così. Le bambine non erano ancora vestite e pronte a uscire. Kersti era stata aiutata dalla mamma o dal papà a indossare il suo bel vestito della domenica. Lisbeth aveva finalmente finito di indossare la sua camicia, il corpetto e i pantaloni, le calze lunghe e gli stivaletti. Ma Brita deve ancora cominciare. Si è appena tolta la camicia da notte e ha messo le calze di lana pesanti. Sta forse pensando di mettersi gli stivali prima dei pantaloni?
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A patto che fratello e sorella, fratelli o sorelle non abbiano un ampio divario d’età, essere fratello o sorella, fratelli o sorelle significa anche questo: conoscersi intimamente, sapere com’è fatto o fatta, conoscere ciò che è diverso da te che tu hai e lui no, e viceversa. Avere conoscenza del proprio sesso, corpo e pelle e tutto quello che ci sta dentro e sopra in emozioni, corrisponde a prendere e ad avere coscienza di sé.
E i fratelli e le sorelle lo apprendono e solidificano con una pratica tipica dell’infanzia: l’osservazione scientifica, vedendo e guardando, giocando e toccando.
Privi di quel disagio che l’adulto inibito nelle sue più intime curiosità si mal dispone a tollerare, investendo di bigotta malizia ciò che per i fratelli e le sorelle è una modalità di crescita, un investimento affettivo, la possibilità di essere il biografo o la biografa l’uno dell’altra.