Il Tempo

Un istante

Written by Marina Petruzio

Ancora un minuto poi ti richiamo. Dammi un attimo e poi son da te. Cinque minuti. Aspetta! Un secondo è l’attesa che si chiede ai bambini mentre si è al telefono o in altra parte della casa. Faccio tutto in un minuto e poi arrivo. Tempo quotidiano: il poi. Poi nulla, il tempo si dilata, se ne perde il confine, la dimensione, in quel poi succede altro. Che il mondo non si ferma.

L’istante è una soglia. È l’attimo in cui la ballerina si eleva sulle punte, l’impercettibile relevé, l’ingresso. È lo stacco delle dita da terra durante un salto. È la sospensione, l’istante.

Akram Khan, Vertical Road, 2010

Akram Khan, Vertical Road, 2010

 

L’attimo che intercorre tra il prima e il dopo, tra un passo e l’altro, l’elemento di rottura dove l’attenzione viene richiamata, è il tempo della sospensione. Sono le dita dei piedi che atterrando, percependo il pavimento, una a una si appoggiano per riprendere equilibrio, che chiudono. Riportano nel qui e ora.

Cosa si è immaginato nel frattempo, cosa sia successo in quello spazio temporale è il proprio tempo, il tempo che ognuno si prende per fissare un’immagine, la propria.

La danza, come la definisce Carolyn Carlson, è poesia visuale. Immaginiamo una danza senza musica, una partitura di gesti. Ogni gesto viene scandito in un istante e ogni istante dà senso, dà spazio, dà tempo a un gesto. L’istante è quel tempo, nel lavoro di improvvisazione, in cui la pancia guida il cervello e gli occhi accompagnano il braccio, che in un istante appunto si trova proiettato verso il futuro. Avanti. O nel passato. Indietro. Comunque lontano dal corpo. Dal presente. E la danza vive di quegli istanti che perturbano il presente del qui e ora. Dentro e fuori. Di istanti poetici.

Bob Graham, Bottoni d'argento, Giralangolo

Bob Graham, Bottoni d’argento, Giralangolo, 2014

È un istante quello in cui “Leo si alzò lentamente in piedi. Alle 09.59 di un giovedì mattina. Prima, pensiero lungamente interiorizzato e poi gesto. Dentro e fuori. Leo esce dal suo spazio individuale, varca una soglia, entra in un’altra dimensione e lo fa in uno spazio temporale minimo. In un istante: “Barcollò, si accigliò, si sbilanciò in avanti…e fece il suo primo passo”. Lo stacco e il salto. L’istante. “Poi Leo andò giù sulle sue piccole ginocchia rosa”. La ricaduta… “l’orologio in cucina segnò le dieci”.

L’istante di Leo si è compiuto in un minuto temporale, nella sua percezione quel tempo si sarà frammentato all’infinito, amplificato fino a comprenderne il gesto in un tempo assolutamente personalizzato, che tenderà ad esaurirsi con la sorridente presa di coscienza di poterlo ripetere sino a passeggiare.

Now, coreografia di Carolyn Carlson, 2014

 

A caricare di senso il singolo istante, il singolo gesto, siamo noi: la nostra attenzione, la nostra contemplazione, ciò che ci mettiamo. Altrimenti non abbiamo più sequenza ma compulsione.

Nella coreografia di Now, ispirata a La poetica dello spazio di Gaston Bachelard, Carolyn Carlson accenta il tempo con il ticchettio nervoso e leggermente paranoico del fare, sempre di corsa, sempre frettolosamente. Ogni giorno le stesse cose. Meccanicamente, senza amore, senza più tempo contemplativo, senza più cogliere l’istante che, facendo parte del tempo, non potendo non esistere, si fa inevitabilmente di rottura. Un istante che nessuno a quel punto potrà più trascurare: un colpo, uno sparo, che ferma irrimediabilmente tutto.

La sospensione del salto che fa trattenere il respiro e ferma il battito del cuore, è il tempo sospeso del passo di Leo in Bottoni d’argento di Bob Graham.

Willy Ronis, Le petit Parisien - 1952

Willy Ronis, Le petit Parisien, 1952

Una delle definizioni che Gaston Bachelard dà di istante è quella di un battito tra due nulla. Per dare senso al tempo, orientare l’attesa verso qualcosa, ogni racconto cuce singoli istanti dando un senso a un prima e a un dopo. Così Beatrice Alemagna nel suo ultimo albo, Un grande giorno di niente (Topipittori – 2016), cuce il tempo vuoto di una quotidianità rotta sì, ma dalla noia (il primo nulla), fino al momento del ritorno a casa, dove “mia mamma continuava a scrivere” (secondo nulla), dopo aver trascorso una giorno di niente fuori. Tra i due nulla l’istante, quello dove si compie il racconto, la presa di coscienza di un altrove rispetto al nostro abituale, il dentro, con le nostre piccole cose anche un po’ arrabbiate: il macrocosmo là fuori.

 

È il tempo della coscienza, di un tempo che può essere speso in modo diverso e di un mondo mai osservato. Il tempo della scoperta e di una nuova immagine fantastica: la terra che comincia a “brillare come se dentro ci fosse un tesoro” fatto “di grani, granelli, grumi, radici e bacche”, che si sentono ma soprattutto si immaginano “brulicare sotto le dita. Un mondo sotterraneo pieno di micro-cose sconosciute… potevo toccarlo”! Il tempo dell’istante anche in questo caso si espande. L’esperienza richiede tempo per compiersi, così come lo stupore per creare un’immagine. Un’immagine così personale che mai scorderemo e farà per sempre parte del nostro vissuto, sarà qualcosa di molto profondo, intimo. Lì per lì non sapremo neppure di averlo, un patrimonio del genere, ma sollecitato da chissà che, in un qualsiasi momento della nostra esistenza, ricreerà quella stessa medesima sensazione come di un mondo brulicante tra le dita anche se, in quel preciso istante loro, le dita, le avremo impegnate in altro. Come il profumo umido del sottobosco, dei funghi sul sentiero che possono all’improvviso evocare dal profondo il profumo della cantina del nonno dove, da piccolo, il protagonista usava nascondere le proprie cose preziose. Ma a lui sembrava di averlo dimenticato.

Il ritorno a casa e la mamma che continua a scrivere sono il tonfo nel presente, nel qui e ora. Le dita che si stringono sul pavimento. Ma un nuovo istante si profila, bambino e mamma sono ora sulla stessa lunghezza, i loro occhi si incontrano tra il fumo profumato di una tazza di cioccolata. Non servono parole, l’istante è intimo, in quel silenzio ora comune, l’immagine poetica della mamma sulla casa in mezzo al niente ora è la stessa del bambino.

Beatrice Alemagna Un grande giorno di niente

Beatrice Alemagna, Un grande giorno di niente, Topipittori, 2016

 

Di tutto questo, cosa sanno, cosa capiscono, i bambini? Sanno che il tempo si espande, che è fatto di istanti, che si ripete? Non sanno forse niente di tutto questo: il tempo lo vivono, non lo dividono come facciamo noi adulti. O forse lo sanno, perché sono pronti a farsi molte domande sul tempo e su certi aspetti del tempo: la simultaneità (cosa accade in questo stesso istante?), la brevità (è possibile fermare un istante?), la moltiplicazione. Capita spesso, proprio perché l’immaginario ha così tanti istanti nella vita dei bambini, di sentirsi chiedere cosa stanno vivendo gli altri mentre si passeggia al parco, mentre si va a scuola. Quali gli istanti degli altri?

È convinzione della potenza dei bambini considerare un gesto proprio ripetibile, identico e simultaneo, all’infinito da altrettante infinite persone, pronto a espandersi come le onde di un’eco per il mondo, senza limiti di fuso. Il tempo è una cosa difficile da pensare in termini adulti, ma suggestiva da capire attraverso strumenti familiari al bambino: pensando per immagini, per analogie, procedendo per salti.

Bob Graham, come un bravo fotografo di istanti, allarga il campo, da maestro li moltiplica nel mondo e mentre Leo è sospeso nel tempo di quel passo, attraverso successivi ingrandimenti si passa da dentro casa a fuori, nel mondo, andando a curiosare negli istanti degli altri. Un gabbiano si alza in volo, una piuma cade da un nido, e in un moto ascensionale il mondo prende un’altra forma e l’occhio va di attimo in attimo a esplorare gesti e persone, sorvolando parchi e posandosi sui davanzali di altre finestre, entrando dove un orologio segna sempre le 09:59 e “all’ospedale era nato un bambino”.

Bob Graham, Bottoni d'argento, Giralangolo

Bob Graham, Bottoni d’argento, Giralangolo, 2014

Anche l’istante di Somin Ahn è Un minuto: sessanta secondi e comunque lì, in quello spazio minimo, a volte corto ma anche lungo, a volte importante ma anche niente, e fuori piove – “la solita pioggia – può succedere qualcosa”.

7-un-giorno

Un grande giorno di niente, Beatrice Alemagna, Topipittori, 2016

7_-un-minuto

Un minuto, Somin Ahn, Corraini Edizioni, 2016

“In un minuto qualcuno può andarsene”un soldato in partenza, un isolato più in là, “e qualcuno può arrivare”.

8-_bottoni

Bottoni d’argento, Bob Graham, Giralangolo, 2014

8_-un-minuto

Un minuto, Somin Ahn, Corraini Edizioni, 2016

“Mentre un attimo prima ho avuto paura di lasciarti POI ho sentito la tua pelle sulla mia e tutto è passato”: Cosetta Zanotti in Un attimo prima riconduce quel poi non alla caduta in un tempo molto simile al mai, ma alla ricaduta, alla chiusura dopo la presa di coscienza. Quando guardandosi allo specchio ci si trova un po’ cresciuti.

9-un-attimo

Un attimo prima, Cosetta Zanotti, AntonGionata Ferrari, Lapis Edizioni, 2016

9-un-giorno

Un grande giorno di niente, Beatrice Alemagna, Topipittori, 2016

Sei minuti quelli di David Parsons. Nella coreografia di Caught gli istanti si moltiplicano, cento i salti, le sospensioni, cento attimi quelli che David Parsons disegna con un bianco stroboscopico e un nero impenetrabile. Il fascio di luce si fa luogo dove qualcosa accade. Uno spazio nero tra due bianchi è quella sospensione narrativa, l’istante in cui tutto può succedere. E quando il ballerino ricompare quel qualcosa di accaduto lo accompagna, il movimento cambia tenendone la memoria. Allo spettatore, che si fa lettore di quella poesia visuale, spetta immaginare l’accaduto. David Parsons in Caught letteralmente passeggia su quell’istante tra lui e il palcoscenico. Coglie l’attimo e salta restando sospeso in quel bianco.

Caught, coreografia di David Parsons, 1982

L’istante è il respiro che legge il punto a fine riga. È una pausa immaginativa. È lo spazio tra due immagini, bianco o nero, che sia quell’altrove. È l’attimo in cui la pagina resta sospesa nel vuoto, il respiro trattenuto per qualche secondo, veloce, in cui si cerca di immaginare cosa accadrà dopo…che tanto il mondo non si ferma e sempre una barca sarà sorpresa da una tempesta nel Mar Baltico, un vulcano erutterà in un altrove dall’altra parte del mondo, un bambino imparerà ad andare sulla sua bicicletta anche se sembrerà voler cadere ad ogni secondo, un uomo da qualche parte si siederà godendosi un secondo tutto suo, un orologio sempre tornerà a segnare 59 secondi, dei 32 minuti delle 7 del giorno… o le 9 e 59.

11

O mundo num segundo, Isabel Minhos Martins Bernardo Carvalho, Planeta Tangerina, 2008

“Mamma!” gridò Giulia. “Leo ha fatto il suo primo passo”.
Giulia mise l’ultimo bottone d’argento sugli stivali dell’anatra.
La luce del sole dell’intera città si riversò nella stanza attraverso la finestra e l’orologio della cucina segnò le 10.

(Bottoni d’argento, Bob Graham, Giralangolo, 2014)

Bibliografia
O mundo num segundo, Isabel Minhos, illustrazioni di Bernardo Carvalho, Planeta Tangerina, 2008
Bottoni d’argento, Bob Graham, Giralangolo, 2014
Un grande giorno di niente, Beatrice Alemagna, Topipittori, 2016
Un minuto, Somin Ahn, Corraini Edizioni, 2016
Un attimo prima, Cosetta Zanotti, illustrazioni AntonGionata Ferrari, Lapis edizioni, 2016
La poetica dello spazio, Gaston Bachelard, Edizioni Dedalo, 1975
Now, Carolyn Carlson, 2014
Caught, David Parsons, 1982

sull'autore

Marina Petruzio

Studiosa di letteratura per l’infanzia e vestiti carini, scrive di "Moda, tutta un’altra storia", "Arte & Infanzia" e "Letteratura & illustrazione" sul sito marinapetruzio.it. Co fondatrice di Effimere: atelier in movimento che promuove l’illustrazione e la sua messa in mostra in luoghi desueti della città.