Il Tempo

Il tempo del dolore e le parole che rigenerano

Written by Alessandra Starace

 

Una delle più grandi virtù che ritengo abbiano certi libri è quella di fare luce, riabilitare la capacità dell’individuo ferito di uscire da un momento di oscurità, dall’isolamento, di adoperarsi nel proprio presente per proiettarsi nel futuro. Provate a ricordare uno dei momenti più dolorosi della vostra vita: non sembrava difficile, se non impossibile, riuscire a immaginare una via d’uscita? Anche solo provare a vedere la luce in fondo al tunnel?

“Le storie sono luce” suggerisce Gregory, il carceriere delle segrete del castello, a Desperaux, il topolino protagonista de Le avventure del Topino Desperaux, quando viene rinchiuso nelle oscure prigioni da cui nessuno ha mai fatto ritorno. Il topolino  ha infranto la regola più importante per la comunità dei topi, quella di parlare con un essere umano, la principessa Pri, la figlia del re di cui si è innamorato. Il topino fin dalla sua nascita aveva mostrato di essere diverso dagli altri topi: non solo non rosicchia i libri ma li legge e ne rimane affascinato; e saranno proprio le storie che il carceriere gli sussurra nelle orecchie a offrirgli la via della salvezza, a illustrargli la via di fuga. In uno dei brani dove l’azione si fa più concitata, nella quale Desperaux deve raccogliere tutte le sue forze  per salvare la sua amata principessa, rinchiusa da un ratto, per vendetta, nella parte più profonda e oscura dei sotterranei, si fa coraggio proprio raccontando a sé stesso  una storia a voce alta:

Giù, giù, giù scese Desperaux con il suo rocchetto di filo. Lentamente, così lentamente. E le scale erano buie, così buie.

«Mi racconterò una storia ». Parlò a voce alta. «Servirà a farmi luce. Vediamo. Comincia così: c’era una volta. Si. C’era una volta… »

(da Le avventure del Topino Despereaux, Kate DiCamillo, traduzione di Angela Ragusa, Mondadori, Milano, 2009)

1 topino Desperaux.

Fotogramma tratto dal film Le avventure del topino Desperaux (2008)

 

Le fiabe, raccontate dagli adulti ai bambini, danno sicurezza, danno un volto e un nome a paure che devono essere necessariamente identificate per poterle affrontare. In questo senso il tempo della lettura si trasforma in un tempo che aiuta i bambini a incontrare e conoscere i timori più disparati, ma anche tempo per acquisire risorse per fronteggiarli. Il tempo delle storie, che le struttura e dà loro un ritmo confortante, a volte è esattamente quello che occorre per modulare il proprio, è necessario a mostrare come le cose possano, evolvere, passare, andare piano, scorrere, cambiare.

In Skellig di David Almond, per esempio, la storia prende avvio dal trasloco in una nuova casa  di Michael, l’adolescente protagonista della storia. L’edificio non solo versa in condizioni di totale abbandono, ma la morte sembra aleggiare ovunque. Il vecchio inquilino, Ernie Mayers, da poco deceduto, aveva spostato il letto e un vecchio water al piano terra, nel soggiorno, perché non poteva più salire al piano di sopra. Il signor Stone, l’agente immobiliare, mostra a Michael e alla sua famiglia la nuova casa e alludendo a come sarebbe potuta diventare, non fa altro che ripetere: “Dovete vederlo con gli occhi della mente”.

2 Skellig

Particolare della copertina di Skellig, D.Almond, Salani

Almond si sofferma su questo tema per una pagina intera invece di procedere nella storia. A mio parere perchè “vedere con gli occhi della mente” è una facoltà importante che Michael deve apprendere. Se ipotizziamo che la vecchia casa, così familiare e dove Michael vuole tornare, rappresenta l’infanzia, e la nuova casa, così ostile, il mondo degli adulti, potremmo pensare che l’autore desideri mostrare al suo protagonista il potenziale del mondo che lo circonda, e accompagnarlo a farne parte. Sembra però che Michael non ne voglia sapere: quando, infatti, vede lo stato in cui versa la nuova casa, l’unica cosa che desidera è tornare alla sicurezza della vecchia abitazione. Così come l’anziano proprietario aveva scelto di ritagliarsi una bolla di spazio in cui trascorrere il proprio, restante, tempo, Michael vorrebbe tornare al proprio tempo passato, quello morbido e consueto, quello noto, sicuro, spaventato da un futuro che percepisce scricchiolante e traballante come la nuova casa. Ci penserà suo padre, però, a mostrargli come possa diventare artefice del cambiamento, dando il via alle modifiche che renderanno quel posto più accogliente.

Parlammo di cosa ci sarebbe piaciuto vedere lì fuori: uno stagno, una fontana, un posto dove mamma potesse prendere il sole, uno spazio in cui mettere il box della bambina.

(da Skellig, David Almond, traduzione di Paolo Antonio Livorati, Salani, Milano, 2009)

Sembra che Michael venga invitato a partecipare attivamente al cambiamento del mondo di cui entrerà a far parte e che le situazioni spiacevoli possano essere cambiate. Nel corso del romanzo il protagonista sarà obbligato ad assumersi responsabilità via via sempre maggiori, che da una parte lo costringeranno ad avvalersi delle sue capacità personali, dall’altro a sforzarsi di immaginare il futuro per potere agire in prospettiva.

I libri compiono un’azione piuttosto straordinaria, in particolare alcuni, che consiste proprio nell’aiutarci a “vedere con gli occhi della mente”, farci emergere dall’oscurità; capacità, questa, che nel tempo della lettura e dal tempo della lettura viene alimentata e rafforzata.

Il Giardino Segreto ne è un chiaro esempio: ha la capacità di far vedere la primavera prima che questa torni veramente a risvegliare la Brughiera e lo spirito degli uomini. Confessa Colin alla cugina Mary, la protagonista del romanzo, dopo aver condiviso insieme l’esistenza del giardino segreto e di aver immaginato come sarebbe tornato a essere rigoglioso con l’arrivo della bella stagione:

L’ho sognata tutta la notte. Ti ho sentita dire qualcosa del grigio che muta in verde, e ho sognato di trovarmi in un posto tutto pieno di tremolanti foglioline verdi. Da ogni parte c’erano uccelli e nidi, e avevano un’aria così soffice e calma. Starò qui sdraiato a pensarci fino a che non torni.

(Da Il giardino segreto, Frances H. Burnett, illustrazioni di Fabian Negrin, traduzione di Pia Pera, Salani, Milano, 2005)

3 The secret garden, F. H. Burnett

Illustrazione tratta da The Secret Garden, F.H. Burnett, Inga Moore

La stessa qualità è ne L’uomo che piantava gli alberi, in cui Elzéard Bouffier, un pastore solitario e tranquillo, ridotto alle proprie semplici risorse fisiche e morali, in tempo di guerra, tra i contrasti, l’indifferenza e la completa desolazione, compie un vero e proprio miracolo: in soli otto anni trasforma una zona completamente in rovina e devastata in una zona salubre e vitale, dove tornare a vivere.

Piantando alberi con costanza e determinazione, immaginando un nuovo scenario, egli ha restituito alla vecchia popolazione la possibilità di rinascere. Gli alberi crescono lentamente e sono spartito frondoso del ritmo del tempo, un tempo che richiede attesa, fiducia, speranza. Il pastore con la sua storia scuote il lettore, che, pieno di rispetto e ammirazione, non può che osservare come si possa dare un senso a qualsiasi momento della vita. Cambiare, rinascere.

 

4_1__The Man Who Planted Trees

The Man Who Planted Trees, 2013, Mosaïcultures Internationales, Montréal, Botanical Garden

 

Le storie, le buone storie, hanno il potere di riparare, ridare fiato, restituire senso e desiderio. La letteratura è in grado di rianimarci, sollecitando tutti i nostri sensi, anche solo per immersione; è capace di arrivare in fondo a noi stessi, raggiungere la parte più intima, restaurarla e risvegliarci. Il racconto che si dispiega lentamente, pagina dopo pagina, concede un nuovo tempo al lettore,  gli dà una nuova possibilità di rinascita, proiettandolo in una temporalità nuova.

Lo sa bene Colin, che nel Giardino Segreto, scampato al terrore di essere condannato a morte da una malattia psicosomatica, si lascia andare a un grido liberatorio: “Guarirò! Guarirò! […] Mary! Dickon! Guarirò! Vivrò per sempre, per sempre, per sempre!”

Ma quando si sta male, se non si è allenati a farlo, non sempre viene naturale cercare un aiuto nelle storie e nei messaggi nascosti nelle pagine dei libri.

5 Young Goethe in Love

Fotogramma tratto dal film Young Goethe in love (2010)

Zelter, giunto sul capezzale del suo vecchio amico Goethe, dilaniato dalle pene d’amore, deciderà di leggere e rileggere la poesia che lo stesso poeta aveva appena composto nel momento dell’estremo dolore. Con voce calda e morbida, Zelter leggerà ventuno volte l’Elegia di Marienbad a Goethe: “Lasciatemi qui dunque, miei fedeli compagni…/ Per me tutto è perduto! / Son perduto a me stesso…. E Goethe apprezzerà e trarrà beneficio da quella lettura, tanto da scrivere in seguito all’amico: “Era proprio buffo che tu mi facessi sentire, più volte, con la tua voce calda e dolce, ciò che mi è caro al punto che non saprei confessarlo a me stesso”. Zelter ridà la vita a colui che si credeva morto, restituendogli l’energia della sua stessa creatività.

Tutto questo è vero in ogni età della vita, e ancora di più nell’infanzia e nell’adolescenza.

La vita cambia in fretta. La vita cambia in un istante. Un normale istante. Una sera ti metti a tavola e la vita che conoscevi è finita.

(da L’anno del pensiero magico, Joan Didion, traduzione di Vincenzo Mantovani, Il Saggiatore, Milano, 2006)

Così esordisce Joan Didion, in L’anno del pensiero magico, libro autobiografico in cui l’autrice usa la scrittura come mezzo per elaborare il lutto della morte del marito, rimettere in discussione ogni cosa, cercare uno stratagemma per sopravvivere e scoprire poi, dopo un tempo necessario, che per tornare a vivere bisogna lasciar andare i morti, e immaginare una nuova vita, un nuovo futuro.

E visto che la vita non fa distinzione alcuna, neanche i bambini e i ragazzi sono incolumi dalle disavventure e dolori di ogni tipo.

6_la storia infinita

Fotogramma tratto dal film La Storia Infinita (1984)

Lo sa Harry, il nipote di Sarah, protagonista di Sarah e le balene, una donna molto anziana che sa che sta per morire e l’unica cosa che chiede a Dio è di arrivare ad agosto per vedere le balene ancora una volta.

Lo sa Thomas, il protagonista de Il libro di tutte le cose, che nel suo quaderno scrive: “Da grande voglio essere felice”.

Lo sa Pollyanna, che per far fronte alle paure e alle disavventure, inventa “il gioco della felicità”.

Lo sa Bastiano, che per sfuggire alla dolorosa situazione causata dalla morte della madre, al dolore sofferto dal padre e alla cattiveria dei compagni di scuola, dovrà rubare un libro e perdersi ne La Storia infinita, che non cambierà lo status quo, ma lo restituirà al mondo reale rigenerato e più forte.

Lo sa il giovane Jess Aarons, costretto a piangere la morte della sua giovane e unica amica Leslie, in Un ponte per Terabithia, o Madurer, protagonista dello Stralisco, gravemente ammalato di una malattia sconosciuta e incurabile.

Lo sa l’undicenne protagonista di Molto forte, incredibilmente vicino, di Jonathan Safran Foer, che all’indomani dell’11 settembre 2001 si trova a compensare il vuoto affettivo lasciato dalla prematura scomparsa del padre, e che neppure la madre riesce a colmare.

E lo sa Oscar, il protagonista di Oscar e la Dama in Rosa, di Eric Emmanuel Schmitt: Oscar ha solo dieci anni, ma la sua vita sta già per finire. La leucemia lo sta uccidendo, ma non può parlarne con nessuno, perché i grandi, per paura, fanno finta di non saperlo.

La vita non fa sconti. E parlarne può dare sollievo, anche attraverso le pagine di un libro. Far vedere con gli occhi della mente, restituire tempo, concedere una possibilità di parola sulla paura, la sofferenza, la morte, è liberatorio e salutare e costituisce un momento importante di crescita.

La nostra cultura dovrebbe sforzarsi di educare i bambini e i giovani a conoscere e comprendere nell’orizzonte della propria vita anche il dolore, i limiti, la perdita delle persone care, la caduta delle illusioni. Dovrebbe, al pari di quello che hanno fatto le fiabe per secoli, offrire le risorse per affrontare le prove che la vita riserverà. Raccontare di come ogni situazione può essere modificata, mostrando i problemi e presentando possibili soluzioni, insegnare la pazienza e la perseveranza, l’astuzia e il coraggio, offrire, insomma, una risorsa, che trasformi le ferite in un dono, valorizzandole piuttosto che nascondendole, visto che sono proprio queste che ci rappresentano e che costituiscono uno dei più grandi beni al mondo. Il dolore permette di percepire i fatti della vita diversamente. La sofferenza affina il sentire, svelando quello che altrimenti è difficile da vedere, e instaura connessioni inaspettate con se stessi e con il mondo.

8 Il giovane favoloso

Fotogramma tratto dal film Il giovane favoloso (2014)

“Questa povera città non è rea d’altro che di non avermi fatto un bene al mondo”, scriveva Giacomo Leopardi in una missiva del 1817 indirizzata a Pietro Giordani, a proposito di Recanati, confessandogli di non provare più quella “dolce malinconia che partorisce le belle cose, più dolce dell’allegria” (da Momenti fatali. Quattordici miniature storiche, Stefan Zweig, traduzione di D. Brerra, Adelphi, Milano, 2005).

Esemplare in questo senso, la storia che racconta il Dr. Seuss ne Il paese di Solla Sulla, magistralmente tradotto in italiano da Anna Sarfatti. La vita serena e felice di uno strampalato giovane gatto giallo, viene scombussolata da una serie di guai. Convinto dalla sua giovane età e dall’inesperienza di poter controllare ogni cosa prestando maggior attenzione e concentrazione, all’inizio cerca di opporre resistenza con tutto se stesso ma senza successo.

Ed ecco altri guai!

Da sopra!

Da sotto!

Un Pinzi sul collo!

Al piede un Punzotto!

Impossibile ora sostener la battaglia!

Il Pinzi! Il Punzotto!

I sassi! La Quaglia!

Il mal di sventura ormai mi attanaglia!

(Da Il paese di Solla Sulla, Dr. Seuss, traduzione di Anna Sarfatti, Giunti, Firenze, 2005)

Il Paese di Solla Sulla, Dr. Seuss, Giunti

Il Paese di Solla Sulla, Dr. Seuss, Giunti

 

E così, sommerso dai guai, decide di inseguire una chimera che uno strano tipo gli fa intravedere, andare in un paese dove la sfortuna non esiste: “Solla Sulla, sulle acque del fiume Trastulla, soffre poco chi è là! O quasi nulla”. Nonostante le prove di difficoltà crescente che il nostro povero gatto dovrà affrontare, alla fine il viaggio alla ricerca di questo posto si rivelerà inutile e scoprirà che l’unico modo per sopravvivere ai guai sarà armarsi:

Ora so che avrò guai.

Sarò forse infelice.

Avrò sempre dei guai.

Potrei essere morso dal Quagliotto Pennuto

se mi addenta nel posto dove sono seduto.

Ma ho con me un bel bastone.

Da oggi in poi sono pronto.

I miei guai si preparino…

Io non temo lo scontro!

(Da Il paese di Solla Sulla, Dr. Seuss, traduzione di Anna Sarfatti, Giunti, Firenze, 2005)

 

Non c’è nessun posto sulla terra dove rifugiarsi e scampare ai pericoli e ai problemi. La sofferenza è ineluttabile. Allora che scelta ha il gatto davanti a questo dato di fatto, che scelta ha il bambino alla fine della storia? Il protagonista del libro ha preso coscienza dei guai, della caduta delle illusioni, ha valutato rischi e probabilità, non ha seguito nessuna regola o convenzione, ha varcato i confini del proprio paese per esplorare nuove terre. Il protagonista ha subito una lenta e progressiva trasformazione, fisica e psicologica che lo ha cambiato per sempre in una realtà che è però è la stessa di prima.

Considerato, quindi, che qualsiasi vita non è indenne dai rischi della vita, io credo che i bambini e più specificatamente i giovani lettori, attraverso il tempo della lettura dovrebbero essere invitati e stimolati a reagire e a diventare artefici della propria. Creatori di una vita degna da vivere, che non vuol dire per forza produrre qualcosa di tangibile, ma diventare portatori di quell’energia necessaria a desiderare di vivere e essere felici.

I creatori riescono provvisoriamente ad affrontare il dolore causato dalla disperazione, dalla paura o dalla rovina, decidendo di dar vita a qualcosa che prima non c’era… qualcosa che senza di loro non sarebbe potuto essere. Come se quella nuova vita fosse in grado, con la sua freschezza e il suo stesso fiorire, di scongiurare l’ineluttabile limitazione alla quale la loro sostanziale finitudine li condanna.

(da I libri si prendono cura di noi: per una biblioterapia creativa, di Régine Detambel, traduzione di Francesco Bruno, Ponte alle Grazie, Milano, 2016)

Lo afferma Régine Detambel, fisioterapista e mediatrice di biblioterapia creativa, nel saggio I libri si prendono cura di noi: per una biblioterapia creativa, tradotto da Francesco Bruno e pubblicato da Ponte alle grazie. Un libro che testimonia quanto negli ultimi anni i libri e la lettura siano diventati strumenti preziosi, per la promozione della salute e del benessere personale[1].

 

La cura con i libri, meglio conosciuta come Biblioterapia, si esplica attraverso la mediazione di un facilitatore, preparato e competente, che, consigliando letture adeguate a una persona sofferente, l’aiuta a comprendere meglio sé stesso, e a potenziare capacità e sviluppare risorse e abilità specifiche per fronteggiare momenti di particolare disagio.

Il tempo della lettura in quest’ottica diviene tempo per prendersi cura di sé, per entrare in contatto con la parte più profonda di sé stessi, tempo per ascoltarsi e trovare un nuovo senso ai fatti dell’esistenza. La lettura diviene lo spazio in cui le parole dispiegano tutto il loro potere, un faro che illumina il percorso del lettore errante.
Tempo che diventa una sorta di addestramento per acquisire capacità in grado di sviluppare potenzialità e migliorare le abilità psicologiche individuali. Un tempo di crescita e di rinnovamento ripetibile all’infinito. Un tempo necessario che durante la crescita assume un valore unico.
E questo fin da bambini, specialmente, perché prima o poi “ l’Ora delle Ombre” può arrivare e coglierci impreparati, visto che, come racconta Dahl ne Il GGG, “è quel particolare momento a metà della notte quando piccoli e grandi sono profondamente addormentati; è allora che tutti gli esseri esseri oscuri escono all’aperto e tengono il mondo in loro possesso”.
Ed è per questo che è meglio armarsi come suggerisce il Dr. Seuss e cercare degli alleati, e una buona storia potrebbe rivelarsi un valido aiuto.

Parola di Desperaux.

Bibliografia
Le avventure del Topino Despereaux, Kate DiCamillo, traduzione di Angela Ragusa, Mondadori, Milano, 2009.
Skellig, David Almond, traduzione di Paolo Antonio Livorati, Salani, Milano, 2009.
Il giardino segreto, Frances H. Burnett, illustrazioni di Fabian Negrin, traduzione di Pia Pera, Salani, Milano, 2005.
L’uomo che piantava gli alberi, Jean Giono, illustrazioni di Simona Mulazzani, traduzione di Luigi Spagnol, presentazione di Franco Tassi, con una nota sull’autore di Leopoldo Carra, Salani, Milano, 2012.
Momenti fatali. Quattordici miniature storiche, Stefan Zweig, traduzione di D. Berra, Adelphi, Milano, 2005.
L’anno del pensiero magico, Joan Didion, traduzione di Vincenzo Mantovani, Il Saggiatore, Milano, 2006.
Sarah e le balene, di Efraim Medina Reyes, illustrazioni di Simona Mulazzani, traduzione di Gina Maneri, Orecchio Acerbo.
Il libro di tutte le cose,
di Guus Kuijer, traduzione di Dafne Sara Fiano, Salani, Milano, 2009.
Pollyanna, Eleanor H. Porter, traduzione di Olga Bonato, De Agostini, Milano, 2011.
La storia infinita, di Michael Ende, traduzione di Amina Pandolfi, Corbaccio, Milano, 2002.
Un ponte per Terabithia, di Katherine Paterson, traduzione di Laura Cangemi, Mondadori, Milano, 2011.
Lo Stralisco, Roberto Piumini, illustrazioni di Cecco Mariniello,, Einaudi, Milano, 2016.
Molte forte, incredibilmente vicino, di Jonathan Safran Foer, traduzione di Massimo Bocchiola, Guanda, Milano, 2007.
Oscar e la Dama in Rosa, di Eric-Emmanuel Schmitt, traduzione di Fabrizio Ascari, Rizzoli, Milano, 2008.
Leopardi. La vita è le lettere, a cura di Nico Naldini, Garzanti, Milano, 2014.
Il paese di Solla Sulla, Dr. Seuss, traduzione di Anna Sarfatti, Giunti, Firenze, 2005.
I libri si prendono cura di noi: per una biblioterapia creativa, di Régine Detambel, traduzione di Francesco Bruno, Ponte alle Grazie, Milano, 2016.
Iniziazione alla Libroterapia, Manuela Racci, prefazione di Andrea Bolognesi, Edizioni Mediterranee, Roma, 2010.
Il GGG, Roald Dahl, Illustrazioni di Quentin Blake, traduzione di Donatella Ziliotto, Salani, Milano, 1987.
Per le notizie riguardanti la Biblioterapia in generale, ho fatto riferimento alle conoscenze acquisite durante il Corso intensivo di Biblioterapia. La terapia del libro, erogato dal Centro A.S.P.E.N. onlus, associazione per la Salute e la Psicologia nell’Emergenza e nella Normalità, condotto dalla Dott.ssa Monica Monaco. Per approfondire consiglio di visitare il sito dell’associazione
11 topino Despereaux

Fotogramma tratto dal film Le avventure del topino Desperaux (2008)

[1]Per approfondire il tema della biblioterapia: I libri si prendono cura di noi: per una biblioterapia creativa è un saggio che ha la volontà di rendere accessibile al grande pubblico grandi lavori universitari sulle potenzialità terapeutiche dei libri, quali ad esempio le opere di Michèle Petit, antropologa della lettura che nel 2002 ha pubblicato Elogio della lettura e nel 2008, L’art de lire ou Comment résister à l’adversité, due ricerche innovative per la loro testimonianza sulla biblioterapia.

L’autrice, oltre a offrire una vasta panoramica di teorie ed esempi sulla cura con i libri, offre un metodo d’intervento per bibliotecari, librai e terapeuti, che credono nel potere della lettura anche per la promozione della salute e del benessere personale.

Se leggere, infatti, è da sempre considerato uno dei modi più importanti per prendersi cura di sé, negli ultimi anni si è andata sempre più diffondendo, in contesti clinici o evolutivi, la pratica di utilizzare i libri all’interno degli interventi terapeutici, come tecnica psicoeducativa e cognitiva.

È provato che i libri scelti in modo oculato, a seconda delle esigenze, agiscano in profondità e aiutino il paziente a rafforzare la capacità di risolvere conflitti, ad apprendere nuove modalità di pensiero e di comportamento necessari al cambiamento e a un miglioramento delle proprie condizioni di salute. È opportuno specificare, a scanso di equivoci, che la biblioterapia non cura disturbi psichiatrici, anche di entità minore, ma rappresenta un valido strumento per migliorare tutti quei disturbi che rappresentano lievi disagi esistenziali o crisi tipiche delle età di passaggio, che non richiedono cure mediche.

La grande produzione di manuali di auto aiuto sono la testimonianza più eclatante di quanto il libro sia entrato con forza nel processo di guarigione, costituendone uno strumento fondamentale. Questi tipi di libri, che iniziano a costituire una voce di vendita importante nelle librerie, specialmente nei paesi anglosassoni, si rivelano utili quando sono scritti da figure professionali competenti o quando sono il risultato di un reale vissuto, perché permettono al paziente di conoscere meglio il proprio disagio, farlo sentire meno solo, e sostenerlo nella richiesta di aiuto.

Ma, sia per la difficoltà di trovare prodotti editoriali validi, non scritti solo con l’intento di vendere, con la scusa di farci stare meglio, sia soprattutto perché eliminano la figura dell’intermediario, non sempre sono consigliabili. Un aspetto fondamentale della biblioterapia, che offre un vero e proprio percorso di lettura individuale o di gruppo, in base alle esigenze e ai problemi specifici e non un semplice consiglio di lettura, richiede, infatti, la presenza di un facilitatore, un professionista competente che ha il ruolo specifico di stimolare e attivare un dialogo con il lettore o il gruppo di lettori, attraverso la lettura.

Il facilitatore che potrà essere uno psicologo o uno psicoterapeuta nel caso della biblioterapia clinica, quella rivolta a individui o gruppi che stanno affrontando una crisi o un’esperienza traumautica, sarà, invece, un insegnante, un educatore, un counselor, nel caso della biblioterapia evolutiva, rivolta a singoli o gruppi che attraversano una normale fase dello sviluppo.

Nel caso della biblioterapia evolutiva, solitamente, l’intervento si rivolge a un gruppo di persone che desiderano condividere temi comuni per età o per esperienze di vita, per migliorare il proprio punto di vista su se stessi, sugli altri e sulla vita, ma anche a scopo preventivo per migliorare la resistenza ai cambiamenti e alla crisi

In ogni caso in qualsiasi tipo di intervento biblioterapeutico, nulla è lasciato al caso, a partire dai tempi, dalle modalità di svolgimento e dal materiale usato. Normalmente ogni intervento è costituito da quattro momenti distinti: una prima fase per fare un’analisi dei bisogni, una successiva per selezionare il materiale, un’altra per presentare i compiti di lettura, abbinati spesso a esercizi di scrittura, e una fase finale in cui il facilitatore si deve assicurare che il lettore o il gruppo di lettori stiano procedendo nella direzione giusta.

La cassetta degli attrezzi di un facilitatore è costituita da diversi tipi di scritti che possono essere accompagnati da altri materiali di supporto, tra cui la musica, immagini e fotografie, video e altro materiale artistico usato per stimolare l’interazione e produrre reazioni emozionali. Il materiale biblioterapeutico dovrà rispondere a requisiti tematici e stilistici specifici, quali ad esempio l’universalità di uno scritto, che non deve mai essere banale, ma comunque comprensibile, e in particolare deve essere positivo, capace di instillare la speranza.
Per quanto riguarda lo stile si dovrebbe privilegiare la continuità ritmica, la possibilità di immaginare che consente al lettore di identificarsi in un personaggio, mettersi nei suoi panni, di riconoscere e accettare meglio certi sentimenti, la semplicità del linguaggio, e stilistica, tale da poter essere accessibile a tutti.

Gli obiettivi fondamentali dell’intervento terapeutico dovrebbero tendere a migliorare nel lettore, la capacità di risposta e adattamento, una maggiore comprensione di sé stessi, un miglioramento delle relazioni interpersonali, e l’accrescimento dell’orientamento alla realtà. Il facilitatore, addestrato nella conduzione dell’intervento, dovrà mirare a incrementare risposte relative ai pensieri personali e ai propri vissuti individuali, in quanto il fine dell’intervento non è la comprensione del materiale ma la comprensione di sé stessi.

sull'autore

Alessandra Starace

Libraia e promotrice della lettura, biblioterapista , fondatrice di Tata Libro, blog dedicato alla letteratura per bambini e ragazzi. Ideatrice dei SEMInari, tavole rotonde per approfondire tematiche relative alla letteratura per l'infanzia.