(Carla Ghisalberti per l’ultima volta su Libri Calzelunghe)
Leggere Un altro me fu un vero fulmine a ciel sereno.
Tutti coloro i quali dei libri di Friot si erano fatti un’idea di autore ironico, scanzonato, divertente, luminoso, lì conobbero un Friot duro, accorato, solo e cupo.
La distanza tra i due – tra la sua tormentata adolescenza e la sua serenità interiore di scrittore realizzato – è la risultante di un tempo trascorso e di una vita vissuta.
In esso si snoda il percorso di un uomo che ha passato molto tempo tra i banchi di scuola: prima come studente, poi come insegnante, ora come scrittore per l’infanzia. L’intento di queste righe è quello di creare una liaison ideale, ma anche narrativa, tra il Friot di allora e il Friot di oggi.
Sono stato un bambino, un adolescente, uno studente (di lettere), un insegnante (di francese).
Non lo sono più e lo sono ancora.
Perciò non mi sono dovuto voltare verso il passato.
Scrivo al presente. Il presente della memoria.Un altro me è un libro particolare, un libro importante nel mio percorso di scrittore. Con questo testo ho avuto l’impressione di andare all’origine stessa della mia scrittura, di avere colto attraverso le parole alcune immagini, sensazioni, impressioni che hanno formato la mia visione del mondo. (Un altro me, Bernard Friot, Topipittori 2010)
Questo si legge nella breve postfazione di Un altro me, che sette anni prima usciva in Francia con il titolo Un autre que moi.
Quando fu pubblicato nella traduzione italiana, Friot era già molto conosciuto per le sue Histoires pressées che da noi erano contenute in due esilaranti e originalissimi libri: Il mio mondo a testa in giù e La mia famiglia e altri disastri.
Friot diventa in poco tempo un caso editoriale: scrive storie fulminanti, divertentissime, piene di ironia che piacciono a un pubblico di più giovani, ma sono apprezzate anche da lettori più maturi. Il filo rosso che le tiene insieme è la concisione, la leggerezza, certa quotidianità di fondo, l’apparente – solo apparente – spensieratezza. Il Friot delle Histoires pressées diventa subito il baluardo di una narrativa allegra e scherzosa e quindi quando esce Un altro me tutti restano di stucco: un racconto autobiografico della sua adolescenza segnata dalla lucida consapevolezza di quanto per lui sia stato difficile accettarsi e accettare il mondo circostante…
Nonostante la distinzione che tiene separate le esperienze narrative di Un altro me da Il mio mondo a testa in giù, c’è qualcosa di non proprio marginale che pure le tiene insieme: l’autore.
Non si sbaglia se si cerca di connettere il Friot ragazzo, scolaro timido, ombroso, silenzioso con il Friot adulto, scrittore pirotecnico, sagace, fecondo.
Il primo, come ammette lui stesso, è all’origine del secondo: “Non lo sono più e lo sono ancora.”
Per questo motivo credo che sia d’interesse trovare i fili che legano il Friot di allora con il Friot di oggi e per farlo occorrerà creare connessioni tra il diario di uno scolaro timido e i racconti di uno scrittore di successo.
In mezzo a questi due Friot ce n’è un terzo: un insegnante che ha saputo essere attento.
Nel rispetto di un ritmo, il medesimo della sua autobiografia, ovvero quello di una settimana qualsiasi di quegli anni di collegio, mi permetto di creare nessi tra quel tempo e suggestioni e pensieri presi dai suoi scritti di oggi.
Domenica – Nessuno
Nell’adolescenza di Friot la domenica è un giorno ‘sospeso’. Una parentesi nella routine scolastica che non si dimostra mai sufficiente a farlo sentire veramente ‘a casa’. Una valigia che non fa in tempo a vuotarsi, perché deve già essere riempita di nuovo.
Partire ancora prima di partire…
Durante il viaggio di ritorno in treno, in mezzo ad altri passeggeri, nota: io per loro sono una cittadella inespugnabile e ai loro occhi non esisto.
Sono nessuno.
Nessuno è anche il titolo di un breve racconto tratto da Il mio mondo a testa in giù.
Meno di una pagina che qui riassumo. Bussano alla porta: vado a cercare mia madre in cucina, nessuno. Vado in camera, nessuno. Apro la porta, nessuno. Nessuno sulle scale. Suona il telefono, nessuno. Mi guardo allo specchio del bagno, nessuno.
La liaison è evidente e non credo di dover spiegare nulla, tranne forse sottolineare la grande sensibilità che Friot dimostra nel raccontare il disagio di ‘sentirsi invisibile’ attraverso tre elementi consueti per la sua poetica: un gioco letterario -la parola nessuno diventa un ritornello- la quotidianità dell’ambientazione e, nello spazio di una riga, la sintesi del senso più profondo di quel preciso sentimento.
Lunedì – Sono bello
Il lunedì è il giorno del confronto con i propri coetanei e Friot osserva come gli altri – tutti – si sentano a loro agio, si vestano, si pettinino, si muovano sicuri e disinvolti. Lui, invece, si vede goffo e pesante. Si vergogna del proprio corpo e, a fine giornata, per mettersi il pigiama, ha necessità dell’oscurità.
Col buio è più facile scappare.
Al contrario Luca, il protagonista maschile di Sono bello in La mia famiglia e altri disastri, è lì chiuso in bagno che si guarda il corpo nudo e si compiace: occhi, naso, mento tutto sé stesso è bello, i muscoli sono di acciaio. I genitali, le ginocchia e persino i piedi sono belli e poi all’improvviso qualcuno entra e…accende la luce.
Lo schema del racconto non si discosta dal precedente, nel finale inaspettato e raggelante, ma nel contempo gioca su un paio dei temi cari a Friot, perché graditi ai suoi giovani lettori: da una parte il gusto dell’elenco, della lista e dall’altro la contrapposizione felice ed equilibrata tra interiorità ed esteriorità. In questa prospettiva è interessante ricordare quanto lo stesso Friot afferma circa la leggibilità di un testo connessa con la densità dello stesso. Potrebbe sembrare un paradosso, ma la sua esperienza di insegnante gli fa dire che tanto più un testo comunica il proprio contenuto metaforico ed emotivo, tanto più risulterà alta la sua leggibilità e comprensione. E non è casuale che sovente Friot ami partire da un’emozione precisa e conosciuta, per poi imbastirci intorno una narrazione vera e propria.

Ricette per racconti a testa in giù, Bernard Friot, ill. Nicolas Hubesch, Jacques Azam, Eric Gasté, Il Castoro 2011
Martedì – Innamorato
Il martedì, in quel collegio, è il giorno del teatro. Il professore entra in classe con Racine, Andromaca. Il professore, nella lettura ad alta voce (“una lettura come si deve vale dieci spiegazioni”), impersona Oreste, al giovane Bernard, forse per la sua voce ancora acerba, spetta la parte di Ermione: “Voglio sapere se mi amate.”
Trasportato dalla parte, il personaggio si impossessa della sua voce e l’anima di Friot viene travolta dalle passioni, siano esse amore, dolore, rabbia o gelosia.
Scrive, in estrema quanto felice sintesi: Dentro di me c’è un intero teatro e la mia corazza va in pezzi per lasciare uscire un fiume di emozioni.
Facile è il legame con uno dei più struggenti racconti in Ricette per racconti a testa in giù, intitolato Innamorato. Enzo, da quando ha otto anni, si esercita a dire ti amo: lo dice ai cartelloni pubblicitari, al televisore acceso, persino a una ragazzina (con le cuffie). Poi a quindici anni Enzo finalmente si innamora. Di Giorgio, al quale riesce a dire, senza farfugliamenti e senza arrossire, il suo primo autentico ti amo.

Ricette per racconti a testa in giù, Bernard Friot, ill. Nicolas Hubesch, Jacques Azam, Eric Gasté, Il Castoro 2011
Friot rielabora lo schema rodariano dei tre diversi finali e arriva a progettare le storie come vere e proprie ricette: con personaggi come ingredienti e con scenari come pentole dentro cui farli ‘cuocere’, cioè agire.
E a proposito di scenari, e del ‘e se..’ quale elemento generatore di narrazioni fantastiche non è possibile non pensare al più recente Storie di quadri (a testa in giù). E se i quadri cominciassero a parlare… : l’opera d’arte diventa scenario, fondale scenico in cui agiscono i personaggi ritratti o addirittura esterni al supporto, come per esempio la ragazza delle pulizie nella Wallace Collection che dialoga della sua conquista amorosa con il Cavaliere sorridente di Frans Hals.

Frans Hals, Ritratto di giovane uomo, detto Il Cavaliere sorridente, 1624, The Wallace Collection, London
Mercoledì – Lumaca e tartaruga Tartaruga e lumaca
È il giorno dedicato allo sport e alla sua involontaria comicità. Mattina, lezioni di ginnastica all’aperto, corsa su pista che diventa un vero cimento per il giovane Friot che, con le cosce rosse di freddo e i polmoni serrati nel costato, finisce in infermeria. Da qui parte il ricordo di un disastroso lancio del peso sul piede del professore di ginnastica. Un solo momento di esitazione sul dover fare un mezzo giro o un giro intero prima di scagliare lontano il peso e la situazione assume i toni di un fumetto, di una comica.
Come spesso accade è una questione di punti di vista.
E a proposito di punti di vista è sotto gli occhi di tutti il legame che si può cogliere con una delle più fulminanti e comiche histoires pressées in cui Friot gioca con le parole e il paradosso: entrambi elementi che ai piccoli lettori non passano inosservati. Lumaca e tartaruga Tartaruga e lumaca è assimilabile per certi versi all’idea del binomio fantastico rodariano, su cui Friot imposta una situazione comica, generata dal semplice invertire i termini del discorso. Come in una addizione aritmetica, che però nel suo scomporsi e scombinarsi assume un suo irresistibile effetto esilarante e comunque fatale per la povera lumaca…
Giovedì – Disegno
“Passare senza lasciare tracce e ricordi. Un giorno ho distrutto le foto in cui apparivo.”
Quel giorno Friot ricorda una delle domeniche passate a casa da solo. A riguardare le poche vecchie fotografie in bianco e nero che lo ritraggono anche con altre persone, lui ha sempre l’aria di uno che passa di lì per sbaglio al momento dello scatto: un intruso. Con le forbici da lavoro di sua madre con estrema meticolosità taglia via dalle foto la sua figura.

Ricette per racconti a testa in giù, Bernard Friot, ill. Nicolas Hubesch, Jacques Azam, Eric Gasté, Il Castoro 2011
Fare a pezzi un’immagine è il tema di un racconto che compare in Ricette per racconti a testa in giù. Un papà snervato, a fine giornata, trova la sua bambina, Lola, in soggiorno che, invece di studiare, ha fatto con grande cura un disegno che lo ritrae. I nervi del padre cedono e finisce col fare a pezzi, in otto pezzi, il suo ritratto. Fuggita in camera, la bimba sente sommessi lamenti e, aperta la porta, inciampa in un braccio poi vede una gamba quindi a terra individua il secondo braccio: suo padre, fatto in otto pezzi, ha bisogno di essere ricomposto. E per togliere quelle ineleganti spiegazzature basterà lisciarlo con il dorso della mano. Una capriola di senso, un gioco di rimbalzi tra la realtà e l’assurdo rende struggente e nel contempo comico il racconto. Si intuisce Rodari in trasparenza, con quel corpo ‘smontato’, ma c’è anche la sensibilità di Friot nello schierarsi, come sempre, dalla parte dei più piccoli di fronte ai limiti del mondo dei grandi.
Venerdì – “Ho scritto quel che bisognava scrivere”
“Oggi in collegio il professore di francese ha riportato i compiti in classe. Il tema era Leggere è aprirsi al mondo e a se stessi.”
Lo studente Friot ha preso il miglior voto. Il ragazzo, ad evidenza, sa scrivere e forse lo deve proprio alla sua compulsività per la lettura che, va detto, spazia da Racine e Flaubert fino ad arrivare ai romanzi di SAS, la cui lettura nel collegio è costante, ma sempre furtiva.
“In verità leggo per pigrizia, leggo per pigrizia di vivere… mi rifugio in un mondo a stampa, vivo per procura, fuori pericolo.”
Per codardia o per passione, un lettore forte di solito lo è per sempre. E così Friot ha fatto della lettura uno dei cardini della sua carriera da insegnante, sostenendo in più occasioni che la letteratura per l’infanzia è forse una delle poche ‘letterature’ con un proprio pubblico di riferimento. In tal senso Friot afferma che lo scrittore per ragazzi deve essere sempre in comunicazione con i propri lettori potenziali e in qualche misura deve scrivere con il suo pubblico: nel senso più letterale, ovvero da una parte tenendo conto del loro sentire, del loro immaginario e del loro quotidiano, dall’altra parte riflettendo su come il lettore incida sulla scrittura. In senso più generale, come accade per la letteratura tout court, occorre cercare il lettore modello, perché, in definitiva, Umberto Eco nel suo Lector in fabula diceva una sacrosanta verità: “un testo vuole che qualcuno lo aiuti a funzionare”.
Così Friot insegnante si mette a scrivere con i suoi alunni, gli sottopone possibili finali, oppure lunghi elenchi di cibi per capire i loro gusti, o ancora lunghi elenchi di parole per verificare le loro competenze linguistiche e lessicali.
In tal modo, uno dopo l’altro, nascono i suoi racconti concisi, che si rivelano perfetti dal punto di vista della comprensione, puntuali rispetto al sentire di ragazzi e ragazze, radicati sulla loro emotività, grazie a un occhio attento, rigoroso e sensibile. E su tutto ciò, si spande la grande ironia, che sdogana ogni possibile pastoia retorica. Ultima attenzione: la durata. La concisione di una fiaba è l’obiettivo finale: ciascuna storia non deve durare più di un minuto, se letta a voce alta, il limite delle 1000 battute diventa invalicabile.
Resta solo da chiedersi da dove arrivi quell’occhio attento rigoroso e sensibile. Da un lato è semplice: il ragazzo Friot non è stato dimenticato dall’adulto Friot. L’essere stato capace di una così lucida, quanto dolorosa introspezione durante la sua adolescenza gli permette oggi di nutrire una forte empatia verso chi è ancora ‘a metà del guado’. Dall’altro, c’è la pedagogia di Freinet che vuole che i bambini partecipino della vita quotidiana, si dimostrino cooperativi nella loro autonomia affettiva e cognitiva. A un bravo insegnante il compito di conoscere, osservare, immaginare i pensieri e i sogni di bambini e bambine, rispettarli e mai rinchiuderli in uno stereotipo, quale che sia.
Sabato – Robot
“Si rientra. Dopo aver fatto la valigia, l’equilibrio della settimana si rompe.”
Bernard torna a casa dai suoi, rispetto ai quali percepisce una grande distanza, mentre il suo compagno Delpech deve addirittura passare il suo fine settimana dall’anziano tutore. Suo padre, risposatosi, non lo vuole con sé e, probabilmente, neanche sua madre.
Come non provare a sconfiggere l’amarezza di quei due ragazzini tenuti a distanza dai grandi con il racconto Robot, contenuto in Altre storie a testa in giù, che vede un bimbetto alle prese con una sua nuova invenzione, un robot, che ha richiesto un lungo periodo di ideazione ma che ora funziona a meraviglia. Grande, forte, con una voce gradevole, d’aiuto quando si studia e quando si gioca con il Lego; fondamentale per preparare la merenda e apprensivo se si arriva in ritardo. Insomma un robot a cui voler bene, e a cui dare magari anche un nome: papà.
Bibliografia:
Un autre que moi, Bernard Friot, Éditions de La Martinière Jeunesse, 2003, Paris
C’est encore loin, la vie?, Bernard Friot, Seuil, 2015, Paris
Un altro me, Bernard Friot, trad. Giovanna Zoboli, Topipittori, 2010, Milano
Histoires pressées, Bernard Friot, Édition Milan, 1988, Toulouse
Il mio mondo a testa in giù, Bernard Friot, trad. Rosa Pavone, Il Castoro, 2008, Milano
La mia famiglia e altri disastri (trad. Rosa Pavone), Bernard Friot, Il Castoro 2009, Milano
Storie di quadri (a testa in giù), Bernard Friot, trad. a cura degli alunni della 4G, 4H e 3G del Liceo Galvani di Bologna, Il Castoro, 2015, Milano
Ricette per racconti a testa in giù, Bernard Friot, trad. Rosa Pavone, Il Castoro, 2011, Milano
Altre storie a testa in giù, Bernard Friot, trad. Rosa Pavone, Il Castoro, 2014, Milano
Lector in fabula, Umberto Eco, Bompiani, 1979, Milano
Grammatica della fantasia, Gianni, Rodari, Einaudi, 1973, Torino
Nascita di una pedagogia popolare, Elise e Célestin Freinet, trad. Giuseppe Tamagnini e Dina Parigi, La Nuova Italia Editrice, 1976, Firenze
La part du lecteur dans la création littéraire, Bernard Friot, [s.d.]
La fabrique des lecteurs, Ouverture à l’ouvre de Bernard Friot, Yvanne Chenouf, Lucie Boue (a cura di), 2015, Auch
http://www.cndp.fr/crdp-creteil/telemaque/auteurs/Bernard-Friot.htm
Un sentito grazie a Bernard Friot per la disponibilità dimostratami.