Eleganti e soffici piume. Maculate, fiammate rosse, a pois, chissà quale pennuto del giardino dell’Eden indossa un vaporoso abito nero a pois bianco, talvolta anche giallo.
Foglie sfrangiate come veli al vento, morbide al tocco, imbottiture pregiate di infiniti verdi. E rametti croccanti fioriti di bacche, semi e piccole pigne appena abbozzate, disabitate, pur sempre profumate. Tutto sommato una casa, la più semplice: un nido.
Quale artigiano paziente, architetto nell’animo, pilota d’eccezione, tessitore esperto nel giardino dell’Eden può aver costruito tale nido di feltro?
Neve qua e là e picchi rocciosi in lontananza. Tutto è in silenzioso ordine.
Curiosità. È curiosità quella che si legge in quegli occhi tondi che scorgi, a meglio guardare, dietro le frasche così ben riposte. Chi non riesce a nascondere il suo lungo collo; chi dimentica, nell’emozione, di arrotolare a sé la serpentina coda a righe; altri un naso che a punta certo non è; e un occhio giallo in una bella giornata di sole luccica visibilissimo. Una famiglia di animali civilizzati e colti, rispettosi del mondo che abitano, sofisticati, vestiti bene e con gusto: i palchi fasciati di seta e ornati dei piccoli gioielli del bosco, broches piumate appuntate a turbanti damier e bottoni riccamente decorati. Ma sono i loro occhi le vere gemme, diamanti oltre ogni luce. Frugano, cercano e scrutano, osservano e domandano,cercano il lettore.
In quell’Eden il silenzio fu improvvisamente rotto da un terribile urlo. Qualcosa di strano era accaduto.Un per uno a balzi o lentamente, in primo piano a comporre tutti assieme un ritratto di famiglia. A raccontare al lettore, raccontandosi tra loro come in una piece teatrale, doppia pagina dopo doppia pagina, emozioni e spaventi per quell’urlo che ha scosso le foglie, arruffato le piume.
Per quell’inconnu di cui nessun animale aveva memoria.
Sono stata la prima a sentire i suoi urli selvatici. È la cerva tintinnando dolcemente i suoi preziosi orecchini.
Stavo per incamminarmi quando sono corsi a raccontarmi di questo… sconosciuto.L’asina girovaga… Quando l’ho visto non ne ho avuto paura. Paura di cosa? Era piccolo…
Mi sono spaventato. Quale creatura potrà mai gridare così forte? Il giocoso cavalluccio marino…
Ho mantenuto il mio sangue freddo e gli ho offerto una carota… al minimo movimento sospetto, ero pronto a fuggire! Occhi gialli e calzetti a righe procedendo a balzi…
La cosa più curiosa sono le sue zampe, le avete notate? Con precisione seppur da molto in alto, tra trine e frappe, la giraffa.
Solo l’orsa, come una vecchia nonna di frusciante taffetas vestita, un po’ tocca per le epoche vissute, ammise di aspettarlo volevo coccolarlo…
Se ci sbrigassimo potremmo esser là in 5 ore e 35 minuti accompagnando la luminosa lumaca che ancora non l’ha visto.I fruscii e i bisbigli in un attimo cessarono. In uno spazio troppo piccolo per contenerli tutti gli animali si accatastano, orecchie si sovrappongono ad occhi, i musi ai musi. Chi spunta da una parte, chi viene oscurato dall’altra, chi avanza silenzioso da dietro. Qualcuno sta arrivando, Guardate! Guardate! Ecco la creatura selvaggia…
Restano solo i sorrisi disegnati sui musi e sul volto di quello sconosciuto senza piume colorate e senza pelliccia, rosa nel suo nido, un po’ Eden, un po’ cameretta di bimbo atteso ed arrivato.
Sconosciuto resta ora l’editore saggio e lungimirante come una giraffa che vorrà tradurlo facendo a tutti un regalo. Sorridiamo.
Grazie a Luca e Daniela Iride per i loro racconti e la loro amicizia.