di Guido Affini
Dal mio specifico punto di vista di libraio, ho pensato questo mio contributo sulle serie nei libri per ragazzi e la lettura seriale come una riflessione non sistematica, legata e successiva al mio precedente intervento per Libri Calzelunghe sulle fiabe. Gli spunti che collegano i due argomenti, sono a me così evidenti, che spesso tendo a non esplicitarli, omettendo così un importante passo della mia riflessione.
Le fiabe, infatti, sono un insieme complesso di narrazioni caratterizzate dal linguaggio lunare, onirico e imprevedibile, e da meccanismi di facile trasmissibilità: la ripetizione e l’accumulazione. Sono questi ultimi due elementi a essere i riferimenti per la pluralità che mi interessa mettere a fuoco parlando di serialità nell’editoria per ragazzi. Assieme a questi, senza alcuna pretesa di disegnare uno schema completo, è importante sottolineare come la periodicità diventi un pilastro senza il quale è difficile pensare alla serialità.
Come la volpe ne Il piccolo principe, le storie, e le fiabe per prime, sono un appuntamento tra narratore e lettore, tra spettatore e “sceneggiato televisivo”. “Appuntamento” che sta saltando con una riproduzione su richiesta sempre disponibile, così che il binge watching è simile al bambino che chiede ancora una storia, ancora una. Il meccanismo è quello.
In un libro su cui spesso ritorno, Il paese delle rane, Pina Rota Fo, la mamma di Dario Fo, che visse la sua infanzia in una cascina nella Lomellina pavese, ricostruisce come la “serata del filò”, dedicata alle storie che gli abitanti si raccontavano riunendosi sopra la stalla, avveniva solo in un giorno prestabilito nella settimana e solo per il periodo primaverile ed estivo. Le storie non erano sempre disponibili: raccontarle e ascoltarle era un rito. Siamo nei primi del Novecento, e adulti e ragazzi ascoltano le stesse storie.
Tornando indietro nel tempo, la serialità si cristallizza poco prima con i lettori di Dickens. L’immagine dei suoi fan statunitensi che aspettavano le navi provenienti dall’Inghilterra, accogliendo i marinai direttamente al porto con la richiesta della sorte che lo scrittore aveva previsto per i personaggi delle sue storie, racconta come l’attesa facesse parte della partecipazione alla narrazione. È su questo punto che l’attuale industria dell’intrattenimento sta cercando di proporre appuntamenti centellinando le puntate delle serie importanti.
Ecco i tre criteri con i quali vorrei analizzare alcuni casi di serialità, tra le proposte editoriali per ragazzi presenti in libreria: accumulazione, ripetizione e capacità di creare attesa. Prenderò ad esempio serie come Sherlock, Lupin e io e I Maghi Raminghi, ma il discorso varrebbe anche per Percy Jackson, i libri di Gallego Garcia e di Jonathan Stroud.
Sherlock, Lupin e io è una serie scritta sotto pseudonimo dagli autori di Book on a Tree, anzitutto da Alessandro Gatti, e giunta a ben 23 titoli, 22 regolari più uno speciale. La voce narrante, l’io del titolo, racconta le avventure di tre giovani eroi delle avventure gialle: Sherlock Holmes, Arsenio Lupin e Irene Adler, personaggio femminile che compare nel racconto Uno scandalo in Boemia di Conan Doyle, in qualità di amica misteriosa del detective di Baker Street. Rivolte a giovani lettori, le avventure dei tre sono avvincenti e condotte nel massimo rispetto delle ricostruzioni a partire dal canone letterario di Leblanc e Conan Doyle. È divertente ricostruire gli incroci con le opere che hanno ispirato queste avventure, iniziando da Saint Malo, il luogo dove scomparirà Lupin al termine delle sue avventure.
Sherlock Holmes ha ispirato un’enormità di narrazioni oltre ai romanzi e racconti scritti dal suo autore originale e mappare le sue trasformazioni nei vari canali è un impegno oneroso e gigantesco. I fan del socio del dottor Watson sono attenti e agguerriti. In libreria abbiamo appassionati che dividono il mondo in due: quelli che ritengono che Sherlock Holmes sia esistito veramente e chi sa che esiste ancora. Una battuta? Forse, ma detta con molto trasporto: un segnale della vitalità del personaggio. In libreria accanto agli originali i giovani lettori trovano anche i volumi di Young Sherlock di Andy Lane e i libri scritti da Nancy Springer, che immagina una sorella nella famiglia Holmes: Enola. Per ora siamo a tre volumi dei casi di Enola Holmes e il primo episodio è già diventato un film apprezzato e un fumetto.La germinazione e la trasformazione dei personaggi sono un indice estremamente vitale di queste storie. L’apertura della proposta su più canali e più media non è tanto il frutto di uno sfruttamento industriale, quanto un desiderio di veder crescere il personaggio e presentarlo in ogni forma possibile.
Da libraio mi pongo la domanda (senza avere ancora trovato una risposta) di quanto ci sia di natura “seriale” in un bambino di 5 anni che mi chiede un libro basato su personaggi come Batman o Pokemòn. Sono lettori seriali o li spinge la ricerca di un qualcosa di conosciuto attraverso altri media e quindi rassicurante all’interno di un mondo ancora da esplorare come quello dei libri?
Ovviamente in questo campo l’industria e il mercato impazzano e se leggiamo le classifiche dei best seller per ragazzi e le top ten a loro dedicate, sono costantemente occupate quasi solo da prodotti “seriali”. E qui vorrei condurre uno dei punti della mia riflessione: sull’estensione del concetto di serialità da storie in serie a prodotti proposti con categorie e generi simili tra loro. Quello che gli operatori definiscono cluster. Nella top ten dei libri per ragazzi nella classifica settimanale consultabile da noi librai sul sito IBUK è possibile verificare come la frequenza di titoli omogenei (criterio guida per l’individuazione dei cluster) sia impressionante e continua. Ogni settimana, i titoli che non appartengono a algoritmi, parola che ha sostituito tutte le formule, è ridotta a uno o due.
Così nella quindicesima settimana al primo posto ci sono Lui e Sofì, animatori di scenette per lo più commerciali su YouTube con il loro canale “Me contro Te”, che conta quasi sei milioni di iscritti. Il secondo posto è di Lyon, confermandosi da lungo tempo in alto: Lyon Gamer è un giocatore che con il suo canale di video intrattiene parlando di giochi e in particolare di Minecraft. Al terzo, Matteo Bussola con Viola e il blu è l’intruso, l’anomalo della classifica. Al quarto posto un Paperdante, proposto dalla Disney. Al quinto Harry Potter, con il suo primo episodio. Con il sesto torniamo al mondo della rete con il libro degli youtuber DinsiemE e poi un libro dedicato a Sepulveda. Nella tripletta finale ritroviamo Lyon e due Rowling. Così anche nelle settimane precedenti si ripete lo schema, con qualche intruso diverso. Qualche volta compare qualche libro evidentemente consigliato e adottato in una scuola. C’è sempre spazio per Stilton e il Diario di una Schiappa, che dicono la loro e ogni tanto si affaccia qualche nuova serie, come Anna Kadabra.
È evidente, almeno per me, che in realtà la serialità non è di per sé un elemento utile per comprendere la categoria alla quale appartengono i titoli in classifica. Sono serie Harry Potter, Stilton, lo è sicuramente Greg, il simpatico protagonista del Diario di una Schiappa. Su Disney non provo neanche a pronunciarmi. Quello che mi risulta difficile è capire se le storie nate come novelization di altre diventino in effetti opere capaci di catturare e far crescere lettori o restino mere imprese commerciali (santissime, credetemi: parola di libraio) di proposta di feticci affettivi. Confusione.
Indagando il rapporto tra la trasposizione “letteraria” e la fonte da cui lo scrittore trae gli spunti e le idee, un esempio straordinariamente positivo è MINECRAFT – L’Isola, primo volume di una serie dove il protagonista, un naufrago, si trova catapultato nel mondo del gioco. Ogni volume della serie è scritto da un autore diverso e presenta un originale spunto di cosa può nascere letterariamente da un gioco come Minecraft. Ne L’Isola l’autore non è altri che Max Brooks, non solo figlio di Mel Brooks (mera curiosità, non tanto titolo di merito), quanto incredibile scrittore del Manuale per sopravvivere agli zombie.
La serialità non dovrebbe essere considerata sinonimo di bassa qualità. Le storie pubblicate rispondendo a un algoritmo di cluster non hanno il lettore al centro della scrittura, quanto l’acquirente o del libro o del progetto editoriale, mentre le serie nascono dalla passione, che alcune volte può anche essere cieca o nerd, ma è sempre un’immersione in una dimensione di passioni.
Serialità non è nemmeno un livellamento della proposta di lettura. Non lo è la Rowling e non lo è il Diario di una schiappa, che diventa un caso da prendere in considerazione perché apre un orizzonte (vedi l’articolo di Carla Colussi su questo numero). I libri di Jeff Kinney sono ormai arrivati a 14 e hanno inaugurato uno stile: storie scolastiche che si arricchiscono con i disegni, come se fossero realizzati dal ragazzino protagonista. Sono state tantissime le imitazioni e sempre di più è nato un genere che ha preso il via dalla Schiappa: testi comici, autoironici, pieni di spunti di un ottimismo spiccio e sano.
Senza voler escludere tante serie pregevoli ma talvolta fuori catalogo (tra parentesi: perché i libri di Jonathan Stroud, Terry Pratchett, i singoli volumi di Terramare di Ursula LeGuinn non si trovano più?), mi concedo altri due esempi positivi di serie, focalizzando nelle caratteristiche de I Maghi Raminghi e di Jonas gli ultimi aspetti che posso affrontare in un articolo.
I Maghi Raminghi, trilogia di magia e avventura, sono una piacevole, scorrevole e avvincente lettura proposta da Piemme per la penna di Pierdomenico Baccalario. I lettori dai 10 ai 13 anni che si sentissero orfani di Harry Potter, possono benissimo affrontare questi volumi e perdersi nelle scuole di magia e nelle montagne di Macugnaga. Nessuna invidia per Hogwarts e i maghetti con la cicatrice. Qui l’azione scorre, i misteri sono fitti e le vicende intricate in cui la suspense convive con la consapevolezza che il protagonista non può perdere la sua e nostra sfida finale. Merita ancor più successo.
Come altrettanto meritevole è la duologia (per ora) di Francesco Carofiglio, pubblicata anche questa da Piemme e dedicata al personaggio di Jonas. Nel secondo volume, Jonas e il predatore degli incubi, l’ambientazione e i personaggi sono quasi gli stessi di Jonas e il mondo nero. Poche variazioni, giusto per accogliere gli avvenimenti del primo volume, poi il libro è completamente autonomo. La lettura mi ha sorpreso per come sia scorrevole nell’accogliere sia i lettori che entrano per la prima volta nel mondo onirico e sospeso di Jonas, sia nel permettere a quelli che già lo conoscono di entrare nell’azione, recuperando da dove erano rimasti. Insomma, Carofiglio non ha azzerato quanto raccontato ed è riuscito a catturare nuovi lettori. Il libro è anche migliore del primo, che già per me è una bella proposta di lettura, per chi ama il genere.