Il Bianco e Il Nero

Il bianco e nero nella realtà apparente di Antoine Guilloppé

Written by Marina Petruzio

Bianco e nero
in partitura netta
nessuna sfumatura concessa.
Positivo negativo.
Luce ombra.

Bianco ottico
per nulla penetrabile,
luminosità abbagliante
e un nero lucido sul quale si scivola.

Sto parlando di un silent book in bianco e nero, Loup noir di Antoine Guilloppé (Les Albums Casterman, 2004): un libro senza parole e senza colori, impossibile da raccontare attraverso una semplice sinossi.
Raccontarlo significa provare a vederlo.
Ricominciamo.

Due apparenti non colori che raccontano storie differenti anche solo nella semplice illusione bidimensionale di una partitura spaziale a righe orizzontali o verticali.

Sono tronchi d’albero in un bosco ora neri e cupi, sovrastanti, fitti. I loro rami si intrecciano rompendo il bianco della pagina come un vetro esploso che si chiude schiacciato dalla drammaticità di quella ragnatela di nero bosco.

Loup noir di Antoine Guilloppé - Les Albums Casterman, 2004

Loup noir di Antoine Guilloppé – Les Albums Casterman, 2004

L’occhio scivola respinto o catturato dall’uno o dall’altro senza saper distinguere l’ammaliatore del momento.
La composizione vibra. Non sembra la stessa. La realtà dopo pochi secondi di indugio non è quella che si vede.

La partitura a righe verticali cambia. Quieta l’occhio che in quel magnetismo smarrisce i suoi contorni. Leggiamo il bianco: quei tronchi alti neri non erano altro che la notte e quel bianco la neve, tutto è più morbido luminoso e apparentemente privo di drammaticità.

Loup noir di Antoine Guilloppé - Les Albums Casterman, 2004

Loup noir di Antoine Guilloppé – Les Albums Casterman, 2004

Questo è quello che abbiamo davanti agli occhi.
Facciamo un passo di lato ed analizziamo ciò che ci sta dietro.
Proviamo.

È l’Op-Art (Optical Art), l’arte delle realtà apparenti: un movimento artistico che vede il suo apice in America e poi in gruppi di ricerca in Europa negli anni settanta del Novecento.
È Loup Noir il bianco e nero delle realtà apparenti, messo in scena da Antoine Guilloppé.

Corrente artistica che ha approfondito i temi della visione (e quindi dell’apparenza) intrecciando conoscenze anatomo-visive, nozioni tecnico-matematiche intorno alla partitura dello spazio; di psicologia percettiva, riprendendo concetti cari alla psicologia della Gestalt degli anni ’20-’30 del Novecento sugli aspetti legati allo sviluppo del ragionamento rivolto alla soluzione del problema.
Loup Noir è un albo illustrato che mette in pratica la pedagogia intrinseca del bianco e nero.

Cambiamo prospettiva, tornando a guardare Loup Noir. Giocare significa anche muovere gli elementi all’interno di un ordine.

Destabilizzando un ordine con una realtà apparente, un’illusione ottica, si vuole indurre l’osservatore, in questo caso il bambino o la bambina, ad abolire la distinzione tra reale, ciò che siamo abituati a dare per assunto come reale, e le sensazioni illusorie create dall’ immaginario. A porsi delle domande.
Andiamo così verso una critica che porta alla formazione di un’immagine della realtà giusta per sé e non indotta da stereotipi, da funzionamenti automatici di schemi logici di associazioni quali: bosco – lupo nero.

Il gioco comincia dalla copertina.
Ci troviamo innanzi, a partire dalla scelta cromatica, a un morfema mentale, visivo e psicologico, di lupo-nero: un nero lucido a tutto campo interrotto da due tagli bianchi obliqui, il lupo e i suoi occhi minacciosi.
Nel titolo: in bianco, due righe sfalsate Loup – Noir, l’occhio attento già in allerta per quel nero, non coglie solo il segno ma va oltre, mira al disegno composto dal titolo che sembra essere proprio un lupo.
Solo una passeggiata nella notte innevata dei risguardi dove la partitura cromatica è orizzontale sopra nero-notte, sotto bianco-neve, rimette tranquillo l’occhio del lettore per quanto ormai avvisato: qui si parla di bambini, lupi, notte, neve, ignoto.
Traghettandolo dal suo subbuglio psicologico a una situazione di serena luminosità non appena volta pagina: qui è tutto bianco, soffice, il titolo è ripetuto sempre su due righe sfalsate ma il lupo ora è… nero!
Di nuovo l’occhio può trarsi oltre l’inganno della realtà apparente: il lupo nero punta a sinistra come attratto dal margine della pagina mentre una silhouette di bambino in lontananza affonda camminando nella neve alta, spostandosi progressivamente e allontanando anche l’occhio del lettore determinato a entrare nella storia, verso destra.

Ancora una volta il lavoro sulla percezione visiva è quello di negazione del solo dato sensibile a favore dell’elaborazione di una domanda che porti a cercare altre soluzioni, visive e psicologiche, che siano proprie e non condizionate.

Entriamo.

La trama è oltremodo semplice: è inverno, tardo pomeriggio, buio. Un bambino, forse per rientrare a casa, attraversa un bosco a tratti fitto, un lupo lo segue da lontano.

L’autore scandisce un ritmo, una partitura non solo illustrata ma percepita, data dall’alternarsi di pagine in bianco/nero e pagine in nero/bianco che coesistono anche nella doppia pagina, due stati d’animo, due note, e dall’attivazione di stimoli sonori percepiti ma immaginari.
Nel continuo tentativo di instillare il dubbio nel lettore che nel frattempo alterna stati psicologici di disagio o paura a stati di tranquilla serenità.
Bianco. Nero. Due colori secchi, nessuna pausa tra l’uno e l’altro.
Bianco. Nero. Il bambino e il lupo. Due protagonisti. Stesso ritmo chiuso.
Così come nei repentini cambi di inquadratura che conferiscono all’albo un aspetto altamente cinematografico, rafforzando il ritmo serrato, allungando o accorciando le pause con cambi di prospettiva che vanno viste dall’alto in basso dove il bosco sembra farsi cerchio attorno al bambino, alti fusti come figure che si accalcano al centro; dal basso verso l’alto: percepiamo l’affanno di passi inutilmente veloci che affondano sordi nella neve ormai alta.
Il campo si stringe in primo piano: la neve è fitta e bianco denso tutt’attorno, i fiocchi si ingrossano. Fiocchi come denti di lupo. Lupo nero. La doppia pagina dove il campo si restringe sul muso del lupo è carica di drammaticità.

Cambio di ritmo.

Un elemento entra e modifica la narrazione e ciò che il lettore si aspetta: un rumore.
Una minuta unità che attiva lo stimolo percettivo.
Il bambino si volta, la sciarpa si srotola. La neve è fitta, la notte buia. Il nero domina laddove il bosco sta per finire. Il lupo è nero dalla pagina precedente e il primo piano lo rende vicino. Non vederlo destabilizza e l’immagine nel nostro immaginario è l’unica realtà possibile: il lupo salta, l’aggressione dopo l’interminabile inseguimento è lì sotto i nostri occhi.
Ancora una volta nel cambio di ritmo l’immagine “muove” in altra possibile realtà.
Il bosco è bianco, reale, la partitura è netta, il paesaggio è tranquillo la realtà sembra essere questa e l’immagine costruita per trattenere il lettore.
L’illusione ottica della partitura bianco nero è interrotta da un elemento obliquo, alla destra della doppia pagina che ne definisce un nuovo dinamismo.
Il lupo salta. Un lupo bianco.

Loup noir di Antoine Guilloppé - Les Albums Casterman, 2004

Loup noir di Antoine Guilloppé – Les Albums Casterman, 2004

Il fragore dell’albero che cade abbattendosi al suolo, i rami che si spezzano in una miriade di forme più piccole, nere, colmando lo spazio bianco, sono la metafora di ciò che si fa sempre più chiaro nel nostro immaginario: la realtà letta sinora con le sue immagini chiare e sonore non è quella che si vede.
Lo schema logico che associa bosco – lupo nero è posto in dubbio a favore di un altro binomio: lupo – canide che attende solo di essere confermato nelle pagine successive, le ultime.

La lettura può così ricominciare partendo dalle realtà apparenti lette nella precedente per un’analisi attenta dei simboli, delle forme, dei tempi e del colore che hanno portato il nostro immaginario a produrre proprio quell’immagine e non un’altra più simile a una realtà vicina a un pensiero libero e capace di intervenire sul percepito a proprio vantaggio.

Margherita ha sei anni quando legge con me quest’albo e il suo immaginario è colpito e destabilizzato da un binomio per lei fuori tono: bambino – nero. L’archetipo delle tenebre, il nero, e la psicologia della forma legata al colore stanno agendo in Margherita. Loup Noir ha realizzato il suo scopo, dar adito a una domanda: Margherita sta cercando di comprendere se un bambino può essere un lupo – nero.

Un’altra realtà.

sull'autore

Marina Petruzio

Studiosa di letteratura per l’infanzia e vestiti carini, scrive di "Moda, tutta un’altra storia", "Arte & Infanzia" e "Letteratura & illustrazione" sul sito marinapetruzio.it. Co fondatrice di Effimere: atelier in movimento che promuove l’illustrazione e la sua messa in mostra in luoghi desueti della città.