Quando i bambini leggono i libri cominciano a imparare, o in qualche modo già sanno, quello che gli autori stanno cercando di dire: che la natura è magica e che la vita scorre e cambia (Alison Lurie, Bambini per sempre, Mondadori 2005)
Spesso nei libri per ragazzi l’estate è il tempo sospeso, il periodo in cui le ore si dilatano, si fanno altro rispetto alle ore adulte. Sfuggendo al controllo dei grandi, il tempo delle vacanze permette ai ragazzi di riappropriarsi della propria dimensione, di crescere, di incontrare e (re)incontrarsi.
Questo è ciò che accade ai protagonisti di Il Piccolo Regno (Wu Ming 4, Bompiani 2016) e di Da oggi sono felice (Sarah Weeks, Beisler 2016 ).
Nel primo, l’autore ci racconta l’ultima estate dell’infanzia di un gruppo di ragazzini. Quel momento in cui smettiamo di essere bambini perché vediamo gli adulti come sono e il piccolo regno torna a essere solo una fresca casa di campagna. L’autore riesce a raccontare l’infanzia dal punto di vista dei ragazzi, la mestizia per la fine dell’età bambina è solo all’inizio e alla fine (Premessa e Epilogo che lo stesso autore consiglia di non leggere ai giovani lettori), quando ci rendiamo conto che la voce narrante è un vecchio che ricorda.
Il Piccolo Regno di cui ci parla Wu Ming 4 è sì luogo fisico (la casa che ogni anno viene affittata dai genitori del ragazzo-voce narrante e dagli zii), ma è soprattutto dimensione dello spirito e metafora della fanciullezza.
La dimensione nella quale vivono i quattro cugini è propria della separatezza dell’infanzia dal mondo adulto, simboleggiata dal Piccolo Regno, unico luogo in cui può esprimersi perché priva dei doveri e dei tempi adulti imposti dalla scuola, che è il luogo della Gente Alta. L’estate è eterna e leggera, priva della “costrizione delle sciarpe e dei cappotti”.
L’infanzia, come il Piccolo Regno, deve sottostare alle regole della Gente Alta, che però in estate, tempo di vacanza e di libertà, regolamenta solo entro i confini della casa all’interno della quale vigono le ferree regole degli adulti e per entrarvi ci si deve liberare dei residui del “fuori”. Infatti i ragazzi sono costretti ogni giorno, prima di sedersi a cena, a fare il bagno ed è vietato entrare con le scarpe infangate; per entrare nel mondo della Gente Alta si devono lasciare i comportamenti della Gente Bassa. Sono memorabili le cene con i vicini, con i gorgheggi della signora Williamson a cui i ragazzi sono costretti a presiedere cercando di non ridere.
Se dentro vi sono regole, fuori è il luogo della più completa libertà, il vero Regno della Gente Bassa che ha un suo Posto Segreto:
Lì dentro ci sentivamo conigli nella tana, nessuno ci avrebbe mai sloggiati.
Ha una sua lingua, in grado di parlare con gli altri abitanti, animali e piante.
È fuori che accade tutto. Fuori è l’infanzia.
Al Piccolo Regno si accede attraverso una strada che è confine tra qua e là:
A ovest c’è la strada a delimitare il confine. Da lì arriviamo all’inizio dell’estate e da lì ce ne andavamo alla fine di agosto.
Da quella strada arrivano i papà nei fine settimana. I papà come le mamme sono un’entità indistinta in quanto appartenenti alla Gente Alta, detta anche i Regnanti, e vengono vissuti come dispensatori di regole e punizioni i primi e di cibo, coccole e tirate a lucido le seconde. Non hanno nome e non vengono vissute singolarmente. Sono la Gente Alta, un’altra tribù, con altre regole, a volte incomprensibili:
Anche questa risposta mi deluse. Era una risposta tipica della Gente Alta quando voleva escluderci.
Come nella migliore tradizione anglofona, a cui Wu Ming 4 si rifà per sua stessa ammissione (https://www.wumingfoundation.com/giap/2017/09/ancora-lindice-su-il-piccolo-regno-unintervista-a-wu-ming-4/#more-30221), gli adulti sono sbeffeggiati (i vicini) o ignorati, oppure ascoltati quando non se ne può fare a meno (i genitori).
La Gente Bassa è diversa. Ha regole sue e si riconosce. La Gente Bassa capisce l’animalese ed è quindi in grado di parlare con gli animali. Stringe rapporti simbiotici con essi e a volte anche con gli alberi a cui per gioco presta la voce.
I quattro cugini sono in grado di capire alcuni animali di cui prendono il nome su di sé: il protagonista è Tasso, Ariadne è Lepre, Julius è Ranocchio e il piccolo Fedro è Merlo. Questo permette loro di entrare in relazione con la Natura e di percepirne anche la sofferenza e la paura.
L’estate che i cugini passano nel Piccolo Regno è veramente magica: hanno come quartier generale una casa sull’albero, si avventurano fino al vecchio mulino dove a sentir loro vive un orco, che in realtà altri non è che il burbero mugnaio, hanno come acerrimi nemici i figli dei vicini, i signori Williamson, una sorta di famiglia Perfettini, i cui figli, inquietanti piccoli ometti, svolgono strani esperimenti sulle piante e avranno una non secondaria responsabilità sulla momentanea scomparsa di Ariadne.
Tre soli sono gli appartenenti alla Gente Alta con i quali i ragazzi entrano i contatto e si confidano, e sono anche gli unici ad avere un nome: Robert e Celeste Kirk
Guardai le due persone sedute davanti a me e per un attimo è come se riuscissi a vedere oltre i loro capelli grigi… mi apparvero come personaggi antichi… ma con lo stesso sguardo grigio azzurro che da un passato remoto si allungava fino a raggiungermi.
Una coppia di studiosi che, per il fatto di essere lui conoscitore delle cose sotterranee e misteriose, (Robert Kirk è un archeologo) e lei una saggia indagatrice dei misteri degli spettri e della Natura, sono in contatto con il Mistero della Vita e della Morte.
L’altro degno di fiducia della Gente Alta è Ned, eroe di guerra trattato con rispetto anche dagli adulti. A Ned i quattro ragazzi rivelano i loro nomi segreti; così ce lo descrive Tasso:
Pedalava sulla bici leggero e veloce; sfrecciava sui viottoli di campagna con la sua enorme motocicletta nera; pilotava motoscafi nell’estuario del fiume. Ma non era per queste fantastiche attività che si distingueva dagli altri e godeva della nostra ammirazione. Era per come si rivolgeva a noi. Come se appartenessimo alla stessa gente. Si interessava ai racconti delle nostre avventure e alle storie che inventavamo.
Ned appartiene alla Gente Alta, ma i ragazzi lo considerano una sorta di via di mezzo, in grado di capire il linguaggio della Gente Bassa, forse perché ha lasciato aperta la breccia di passaggio tra l’età bambina e l’età adulta, come pare che accada a chi scrive per bambini e ragazzi.
Sarà Ned a capire che qualcosa preoccupa e terrorizza i ragazzi, sarà lui a offrire silenzioso il suo aiuto, anche attraverso le parole che segneranno la fine dell’età bambina:
Vedi – riprese Ned – ci sono cose spaventose e terribili annidate nell’animo umano. E cose meravigliose, anche. Non sempre riusciamo a tirare fuori queste ultime senza scatenare anche le altre.
Il Piccolo Regno, per come è strutturato, è il perfetto romanzo in cui si narra il passaggio all’età adulta, lo squarciarsi di ogni illusione. La narrazione che Tasso, ormai vecchio, ci fa di quell’estate odora di erba riscaldata dal sole, sudore e legno. Ci parla di case sull’albero, risate, avventure, orchi, mostri, cavalieri, tombe, linguaggi segreti, di vita e di morte.
Sarà il ritrovamento del piccolo Fedro, mezzo morto, sul greto del fiume e di Ariande dopo ore rapita per gioco (ma chissà…) dai fratelli Williamson, la morte di Ned e lo svelamento di un segreto di famiglia che segneranno la fine dell’infanzia per sempre, lasciando nel lettore, come in Tasso, Merlo, Ranocchio e Volpe, un senso di vuoto.
Di questo romanzo si è parlato molto e per molti motivi, anche per il suo impianto perfetto e il suo fare esplicitamente riferimento ad alcuni grandi romanzi della letteratura anglofona e non.
Resta in me, come in molti, la domanda se sia un romanzo per ragazzi, ma forse ha ragione l’autore che in un’intervista a Paola Carmignani (https://www.wumingfoundation.com/giap/2017/09/ancora-lindice-su-il-piccolo-regno-unintervista-a-wu-ming-4/ ) dice:
“Non mi sono posto il problema. Partivo dal presupposto di avere due registri… Non ho pensato tanto al pubblico, ho pensato alla voce narrante. Infatti non sono ancora convinto che sia un romanzo per ragazzi” . Il Piccolo regno racconta di ragazzi e parla a loro e a noi, se siamo in grado di rivivere quelle incredibili e infinite estati.
Se Il Piccolo Regno rappresenta per i quattro protagonisti il passaggio e il crollo di ogni illusione, Da oggi sono Felice di Sarah Weeks (Beisler 2016) racconta l’estate della presa di coscienza della protagonista. Il momento in cui non si è più bambini, non ci sente più la principessa di papà, non ci piace più che la mamma ci chiami Pisellina. Tutte le cose che abbiamo sempre amato ci sembrano insopportabili, non ci si sente più a proprio agio nella pelle. Quella mamma così presente e accogliente, oggi ci sembra soffocante e grassa. Questo fa sentire Verbena, la protagonista, rabbiosa e cattiva. E quella cattiveria la spaventa. Quando poi scoprirà che i suoi genitori in realtà sono gli zii e che la madre era un’alcolista e il padre è in carcere, il peso della tara genetica quasi la spezza. Non si sopporta più:
Dal giorno in cui avevo scoperto la verità su di me, con grandissimo sforzo tenevo a bada la rabbia, che mi stava divorando.
Divorata dalla rabbia e dalla paura di essere irrecuperabile, come il cucciolo di cane ritrovato anni addietro e che la madre diede via perché “per curare un pessimo carattere non basta l’amore… ognuno ha il suo destino”, Verbena affronta l’estate dei suoi 11 anni chiudendosi in casa senza neanche togliersi la camicia da notte.
Sarà l’arrivo di Robert, Pulce per gli amici, un ragazzino newyorkese, e di sua madre, in cerca di tranquillità dopo un’operazione di chirurgia estetica, a innescare il cambiamento.
Verbena conosce Pulce in una di quelle difficili mattinate in cui se ne va rabbiosamente in giro in camicia da notte lungo le rive del lago Bonner, non molto distante da casa sua. Nel vederla Pulce la scambia per il fantasma di una ragazzina annegata nel lago diversi anni addietro, complice la camicia da notte e le chiacchiere di Francine, l’impiegata dell’ufficio postale. Verbena coglie la palla al balzo e inizia una surreale amicizia tra i due.
Pulce è un ragazzino molto solo, cagionevole di salute e allergico a mille cose (da qui il soprannome), acuto osservatore e collezionista di bottigliette di vetro. A Verbena riesce facile ingannarlo, raccontando di come i fantasmi si incontrino all’ora del tè, di come siano invisibili, ma che lei non lo era perché molto stanca e così via in una sequela di assurdità che la divertono non poco.
I due legano immediatamente, li accomuna una profonda solitudine e il sentirsi inadeguati nel mondo, inoltre hanno un obiettivo: riparare una vecchia barca trovata in riva al lago e metterla in acqua, dopo averle trovato un nome.
Verbena e Pulce passano i giorni a lavorare intorno alla barca, parlando di fantasmi, di vita e di morte e raccontandosi. Quando la barca è pronta per essere varata, i due si troveranno diversi. Pulce, così pieno di certezze, tanto che la madre lo chiama Dottor Sottuttoio, dovrà ammettere che l’incontro con Verbena-fantasma ha sciolto molte delle sue convinzioni, Verbena ritrova se stessa, quella di prima che la rabbia la trasformasse, quella che ama e di cui ha nostalgia:
Poi mi misi di fronte allo specchio e con il pettine cercai di sciogliere i nodi dei capelli. Quando ci fui riuscita mi feci la coda di cavallo e la legai con un gommino. “Mi ricordo di te”, sussurrai sistemando una ciocca ribelle dietro le orecchie.
Tutto quello che avverrà dopo: il varo della barca, il naufragio, Verbena che supera la paura dell’acqua per salvare Pulce da una crisi anafilattica, segneranno l’entrata per la ragazza nell’età dell’adolescenza con la consapevolezza che ci saranno altri mille cambiamenti ma anche che “dopo la tempesta sarebbe tornato il sereno”.
Anche nel romanzo di Sarah Weeks, sebbene con un impianto meno strutturato, ma anche più agevole e frizzante, l’estate è il tempo dilatato, il prendere le distanze dal mondo adulto, separarsene per poter crescere: perdersi per ritrovarsi.