Il CalZendario dell’Avvento 2018

Questo “Abbecedario Teatrale” (testi di Lucia Giustini, illustrazioni di Ariella Abolaffio, edito da Edizioni Corsare 2018) è veramente una chicchina. Divertente e frizzante, propone ai bambini una serie di giochi teatrali sotto forma di abbecedario. A come attenzione, B come ballare, D come desiderio Una guida per fare teatro con i bambini oppure un libro/percorso che permette ai bambini di giocare a fare teatro, tanti giochi per imparare a conoscere il proprio corpo, riconoscere le emozioni, muoversi sentendo lo spazio. Il teatro è il gioco del ”far finta che” e Lucia Giustini ce lo racconta in modo serio, perché il teatro lo conosce e sa che come ogni gioco è serissimo, ma anche allegro e libero perché il teatro è anche questo. “Abbecedario teatrale” va bene per tutti i bambini che vogliono giocare a trasformarsi in qualcun altro e tutti gli adulti che vogliono tracciare un percorso per invogliare i bambini a trasformarsi. Va bene per buoni lettori, ma anche per lettori acerbi perché è scritto grande e chiaro; le bellissime illustrazioni di Ariella Abolaffio ci aiutano a capire cosa e come fare. In fondo una piccola guida per adulti (perché lo sapete, bambini, che bisogna sempre spiegarci le cose!), che raggruppa gli esercizi per temi. La mia lettera preferita? D come desiderio. Già so come usare questo bel gioco! Buon gioco a tutti/e. Carla Colussi

Andrew Clements, “Il club dei perdenti”, traduzione di Valentina Daniele, Rizzoli #recensioni, #middlegrade, #narrativa Alec a ogni inizio anno scolastico viene spedito dalla preside e costretto a promettere di… non leggere! Alec infatti legge sempre: durante le lezioni, a pranzo, invece di fare i compiti, a cena, invece di fare attività sportiva, prima di andare a letto, a letto, invece di dormire. Leggere è il suo rifugio, il suo nascondiglio, per meglio dire. Lo protegge dal dovere rispondere alle provocazioni dei bulli, alle domande dei genitori, alle richieste del fratello. Certo, nelle materie letterarie è assai bravo, ma la matematica, la storia e la geografia andrebbero anche studiate; Alec promette di impegnarsi e al pomeriggio decide di rilassarsi a scuola fondando un club per gente come lui, sicurissimo di essere l’unico lettore di tutta la scuola. Se poi il club si chiama Il club dei perdenti, l’isolamento è garantito. Invece no. Perché la vita ogni tanto fa anche tutta una serie di sgambetti, sgambetti di nome Nina, per esempio… Un libro, questo, che mi ha riportato alla mia prima giovinezza, quando nascondevo il libro sotto al banco, quando tornavo di corsa a casa per tuffarmi sul letto incurante di tutto, quando la vita mi urtava, mi urlava, mi prendeva in giro: io avevo questi meravigliosi nascondigli, e mica mi raggiungevi lì, bulletto! Ognuno di noi lettori incalliti ha avuto il suo adulto che lo ha costretto a uscire dal buco, che lo ha convinto a mettersi in gioco e in relazione con gli altri, per fortuna. Clements parla a tutti i topi di biblioteca di tutto il mondo: uniamoci e fondiamo Il club dei perdenti! Angela Catrani

“La diga”, di David Almond, illustrazioni di Levi Pinfold, traduzione di Damiano Abeni, Orecchio Acerbo Editore #recensioni #albiillustrati #albipertutti Un padre e una figlia, sul far del giorno si incamminano, il violino sotto braccio, il canto in gola. Vanno dove a breve non ci sarà più nulla: una grande diga è stata terminata e presto dove prima c’erano pecore, prati, case, un villaggio, non ci sarà più nulla, solo acqua. Un lago artificiale necessario, certamente, la passeggiata del padre e della figlia non è di protesta, è per lasciare traccia. Di casa in casa suonano e cantano. Sonorità profonde e arcaiche, la musica folk risuona per tutta la valle. In un albo che parla di musica le illustrazioni dovevano necessariamente avere un ritmo scandito, una partitura ben definita, ed ecco che Levi Pinfold può sfoderare tutta la sua maestria. Si alternano illustrazioni a doppia pagina al taglio vivo, con pagine in cui le vignette formano quasi un contrappunto punteggiato. E sentiamo risuonare esattamente questa musica qui… https://www.folkradio.co.uk/…/kathryn-tickell-darkening-sp…/ La storia è reale, nemmeno da sottolinearlo, i protagonisti sono musicisti e Almond è un loro amico e vicino di casa. Un albo vibrante, potente, coinvolgente e delicato. Angela Catrani

“Il disastrosissimo disastro di Harold Snipperpott” di Beatrice Alemagna, Topipittori, 2018. #Albiillustrati #novità #recensioni #tresei Harold ha sette anni e una vita piuttosto triste con due genitori rigidi, bacchettoni e tristi. Per fortuna c’è chi risolve i problemi dei bambini tristi e, per il suo compleanno, Harold (occhiali, magrolino, viso imbronciato, ma piuttosto deciso a essere felice almeno un giorno nella sua vita) avrà la festa di compleanno più pazza del mondo! La casa dei signori Snipperpott si trasforma in una folle Arca di Noè, dove questa volta gli animali sono chiamati a salvare la vita del triste e solitario bambino Harold e dei suoi rigidi e bacchettoni genitori. Il mondo di Alemagna è sempre al limite tra realtà e finzione: non si può mai essere certi che quello che racconta non sia successo per davvero, perché l’ambientazione è, pur nella negazione di ogni prospettiva, assolutamente precisa e veritiera. Nulla viene lasciato al caso: la borghesissima abitazione di Harold viene devastata e distrutta dagli animali; noi lettori siamo chiamati a osservare ogni particolare della casa e il fatto che, per esempio, il pregiato lampadario in stile Art Déco (eredità di famiglia) sia sgranocchiato allegramente dalla giraffa non ci sembra un fatto poi così assurdo, visto che questi due genitori non danno nemmeno il bacio della buonanotte al loro (amato?) figliolo. Naturalmente questo disastro disastrosissimo avrà conseguenze positive e inaspettate tutte da scoprire… Nei link due interviste a Beatrice Alemagna per sbirciare nel suo mondo immaginifico: https://www.topipittori.it/…/harold-ovvero-un-compleanno-da… https://libricalzelunghe.it/…/19/beatrice-alemagna-il-tempo/ Angela Catrani

“Le galline di Sonya” di Phoebe Wahl, Natura e Cultura Editrice. È un’infanzia ruspante quella che l’artista americana Phoebe Wahl custodisce nella sua memoria, ed è la stessa che racconta nelle pagine vellutate e rigogliose dell’albo illustrato dal titolo “Le Galline di Sonya” (traduzione di Laura Tenorini, Natura e Cultura Editrice, 2018). Arrivato in Italia da poche settimane, il libro emana una forza rigenerante e una luce particolare. Perché? Cosa lo rende così speciale? Sicuramente quello che affascina è il suo rimando a una vita semplice, rurale, lenta, a contatto diretto con la natura, e che oggi ci sembra così lontana. Sonya si prende cura dei tre pulcini che le ha affidato il papà con una gioia, premura e serietà commoventi. Il suo compito è quello di farli crescere bene, di dar loro nutrimento, affetto, protezione e calore. Mentre la mamma e il papà si occupano dei tanti lavori indispensabili per mandare avanti la fattoria, lei è concentrata sui suoi piccoli vivaci, che in poco tempo diventano belle gallinelle in salute. «Sonya era una brava mamma per le sue galline.»Nonostante ciò, una notte accade un fatto doloroso: una volpe affamata riesce a intrufolarsi nel pollaio e a portarsi via una delle galline di Sonya. La bambina è disperata, esterrefatta, inconsolabile. Solo le parole sincere e calme del suo papà l’aiutano a trovare un senso alla tragedia.Anche la volpe ha dei cuccioli da sfamare, ogni giorno. Anche la volpe fa tutto il possibile per il bene dei suoi figli, affinché crescano e scampino al pericolo della morte.Sonya è triste, ha il cuore pesante, ma capisce. E con la sua famiglia riserva alla perduta gallina l’ultimo saluto, distribuendo alcune pietre e un fiore in un angolo del giardino. Nei giorni successivi ritorna con la stessa devozione a prendersi cura delle galline rimaste, e dell’uovo marrone e liscio che presto si dischiuderà per accogliere una nuova vita: «Sarò la tua mamma. Farò tutto il possibile per assicurarmi che tu sia felice e abbia sempre la pancia e un posto dove dormire.»Francesca Tamberlani

“Il giardino di mezzanotte” di Philippa Pearce, traduzione di Beatrice Masini, Mondadori – Libri per Ragazzi #recensioni #narrativa #IlTempo #classici #middlegrade Sessant’anni sono passati da quando questo libro fu originariamente pubblicato, trenta da quando comparve per la prima volta in Italia, meno di uno dall’uscita di questa riedizione. Ma il tempo, quello passato e il presente, finiscono per essere concetti relativi, quando ci si immerge nella lettura di “Il giardino di mezzanotte” di Philippa Pearce. Al tredicesimo rintocco di un’inaffidabile pendola, il bambino Tom Long è in grado di sfuggire al noioso susseguirsi di giornate e nottate trascorse a casa degli zii, per rifugiarsi in un luogo idilliaco al di là della porta sul retro: un immenso giardino lussureggiante. Nel giardino le stagioni si manifestano nella loro perfezione e si susseguono per continui sbalzi. L’unica abitante del giardino in grado di vedere Tom è Hatty, una bambini d’epoca vittoriana tanto desiderosa di giocare fra le fronde degli alberi d’estate e sulla neve, quando di crescere, per sfuggire a una severa famiglia adottiva. Anche Tom, che pur conta i giorni che lo separano dal ritorno in famiglia, desidera che il tempo da trascorrere nel giardino non finisca mai. L’Infanzia, che desidera che il Tempo si fermi per rimanere sempre se stessa e al tempo stesso scalpita per raggiungere la libertà dell’età adulta, è al centro di questo romanzo, ormai considerato un classico, consigliato a lettori da 10 anni in su e anche agli adulti. Sullo stesso tema avevo già scritto in un passato numero di Libri Calzelunghe: https://libricalzelunghe.it/2016/11/22/ladri-di-tempo/ Virginia Stefanini

“Il gufo e la bambina. Una fiaba in una notte” di Beppe Tosco con le illustrazioni di Zosia Dzierzawska, Bompiani, 2018 #recensioni #romanzoillustrato #seinovantanove Un libro quadrato, un romanzo illustrato, una storia binaria. Da una parte il racconto che, più o meno, scorre fluido, stampato con un bel carattere tipografico, composto a bandiera ben inserito nella pagina bianca, e in questa storia all’inizio ci sono solo una bambina e un gufo. Un vecchio gufo che si sta preparando a lasciare questo mondo e una bambina che vive sola. Dall’altra parte il dialogo tra autore e illustratore, tra Beppe e Leandro, una specie di sottotesto in corsivo sottolinea le scaramucce tra i due, le esigenze di uno scrittore e le voglie di un illustratore. Una storia nella storia. Beppe si è messo in testa che, forse non riuscendo a dormire, vuole comporre una storia in una notte e Leandro la deve illustrare. I due non si parleranno mai direttamente per tutta la durata della composizione e della notte. Beppe scrive e invia email alle quali Leandro risponde con un disegno, uno schizzo, una tavola ben preparata, gli appunti lasciati al suo idraulico. Eh sì, Leandro è un po’ naïf! Beppe tutto d’un pezzo. Quindi mentre sullo sfondo scorre una narrazione che ha molto a che fare con un’avventura di una compagnia d’altri tempi alla ricerca del Tempo perso per salvare il gufo, l’occhio e la risata corrono alla conversazione tra Beppe e Leandro: di tanto in tanto un monologo sconsolato (Beppe) a volte nervosa (Beppe sicuro!) dalle risposte offese col mento a punta (Leandro) costellata di personaggi divertenti e improbabili (Leandro!). Un libro per tutta la famiglia, per una anomala lettura condivisa, a due o più voci. E la Sala del Tempo perso nella montagna di Rundun? È andata così la maga Marisa aveva pur detto, si era anzi raccomandata di non aprire quel rubinetto ma il porcello no! ha dovuto toccarlo, ora la montagna è piena di nani, ovunque, da ogni parte e la cima del monte ancora lontana… Marina Petruzio

“In scena” di Raina Telgemeier, colori di Gurihiru, traduzione di Laura Bortoluzzi, Editrice Il Castoro 2018 #recensioni #graphicnovel #middlegrade #novità Noi di Libri Calzelunghe amiamo i fumetti di Raina Telgemeier’s Comics e siamo molto affezionati all’intervista che ci ha rilasciato un anno fa: https://libricalzelunghe.it/…/raina-telgemeier-scrivo-e-di…/ Il suo ultimo libro edito in Italia è “In scena”, un graphic novel adatto a lettori da 9 anni in su, incentrato su amicizia, sentimenti, vita scolastica e scoperta di sé come i precedenti. Ma, prospettiva alquanto inedita, racconta anche il lavoro dietro le quinte di un musical, in cui sono coinvolti la protagonista dodicenne Callie e i suoi amici. Callie è una scenografa, la sua migliore amica Liz fa la costumista, e poi ci sono tecnici luci, direttori di scena, truccatrici e assistenti. Gli attori e cantanti fanno la loro parte, ma per una volta ad essere centrale nella storia è ciò che avviene prima che loro vadano in scena: Callie e gli altri tecnici fanno ricerche, si ingegnano e sognano di realizzare uno spettacolo all’altezza di un vero teatro. Bello mostrare ai ragazzi che non occorre sempre primeggiare, stare i sotto i riflettori, ma che vale la pena trovare il proprio spazio all’interno di un progetto corale. Insieme al teatro, ad appassionare personaggi e lettori sono anche i primi amori vissuti dai protagonisti. Oltre alle delusioni e speranze di Callie, consumate fra incontri agli armadietti e al ballo scolastico, in puro stile statunitense, c’è spazio per parlare con delicatezza della scoperta dell’omosessualità di uno dei coprotagonisti. Motivo per il quale il fumetto è stato bandito da molte scuole in USA. Delle trappole della censura e di libri “disobbedienti” ne abbiamo parlato diffusamente nel secondo numero della rivista online e non smetteremo mai di parlare: https://libricalzelunghe.it/categ…/temi/libri-disobbedienti/ Virginia Stefanini

“Meno male che il tempo era bello” di Florence Thinard, illustrazioni di Veronica Truttero, traduzione di Sara Saorin, Camelozampa 2018 #recensioni #novità #narrativa #middlegrade #altaleggibilità Tutti i bibliotecari del mondo sognano l’occasione di dare una dimostrazione pratica che la lettura salva la vita. Lo so perchè sono una di loro… ma preferirei che la dimostrazione fosse meno sconvolgente di quella che tocca alla bibliotecaria Sarah Boubacar, coinvolta insieme a una classe di ragazzi in visita e a un manipolo di colleghi niente di meno che in un naufragio! Cosa ancora più sorprendente, ad andare alla deriva nel mare aperto è l’intero edificio della biblioteca Jacques Prévert. Come procurarsi acqua potabile e cibo, dopo la fine delle scorte della biblioteca? Come tracciare la propria posizione, calcolare la velocità di crociera, lanciare segnali per i soccorsi? E soprattutto, come non scoraggiarsi di fronte alla sorte avversa? Molte delle risposte sono nei libri della biblioteca, quelli di Melville e Jules Verne, ma anche nelle storie di Sinbad che Sarah/Sherazade legge ad alta voce. Ma tantissime altre si trovano nell’ingegno e nelle generosità dei membri dell’equipaggio, che si improvvisano marinai, vedette, ingegneri, pescatori e cuochi. Un bel romanzo corale che ha per protagonisti sia adulti che ragazzi, uniti in un’impresa che ha il sapore talvolta euforico, talvolta disperato, delle grandi avventure. Un romanzo davvero inclusivo, perché stampato con caratteri ad alta leggibilità adatti a tutti, anche chi è dislessico. Virginia Stefanini

“Il nonno bugiardo”, Alki Zei, traduzione di Tiziana Cavasino, illustrazioni di Andrea Antinori, Camelozampa, 2018 #recensioni #narrativa #middlegrade #autorieuropei C’è una sottile ironia che attraversa tutto il libro e che me l’ha reso immediatamente amato e mi ha spinto a leggerlo più volte. Sarà anche perché il nonno è un ex attore, sarà anche la Grecia e la Francia che amo particolarmente, ma questo libro mi piace moltissimo. Andonis ha dieci anni, due genitori che lavorano e un nonno che, saltuariamente, si prende cura di lui. Il nonno, per giustificare i suoi ritardi, racconta incredibili accadimenti che gli sarebbero successi; talmente incredibili che Andonis stenta a credergli! “Nonno bugiardo” pensa Andonis. Eppure spesso il telegiornale riporta proprio i fatti raccontati dal nonno, anche se non proprio uguali. “Eh, le telecamere non riprendono tutto!” racconta il nonno bugiardo. Attraverso gli occhi di un bambino di dieci anni il romanzo affronta temi come l’impegno civile, la lotta per la democrazia, l’accoglienza e il razzismo. Lo sguardo disincantato di Andonis sul nonno e sulla sua vita ci permette di entrare con leggerezza in uno spaccato della storia della Grecia e dell’Europa tra la metà degli anni Sessanta e la metà degli anni Settanta. Andonis fa mille domande a questo buffo nonno, ex attore di teatro esiliato, sulla dittatura in Grecia, sul Maggio francese e su tutte le strane persone che il nonno frequenta. Tante domande e molti misteri. Troppi misteri! E poi chi è questa Margot di cui ogni tanto parla il nonno? E la nonna che fine ha fatto? Perché nessuno ne parla mai? Poetico, disincantato e ironico, adatto dai nove anni, buoni lettori. Carla Colussi

Annie M.G. Schmidt & Fiep Westendorp, “Pluk e il Grangrattacielo”, traduzione Valentina Freschi, LupoGuido 2018 #recensioni #seiotto #romanzoillustrato #classici Pluk è un bambino che abita in cima al Grangrattacielo, è finito lì, in quella stanzetta tonda, tutta finestre, ordinata e così vicina al cielo perché cercava una casa tutta sua dove trasferirsi. Parcheggiato il suo carroattrezzi rosso sempre pronto a partire in aiuto a qualcuno e verso nuove avventure, Pluk scoprirà ben presto che per quest’ultime non mancheranno occasioni: varia e alternativa umanità abita quello strano Grangrattacielo. Amico di tutti e con soluzioni in tasca ad ogni problema è sempre pronto ad aiutare e sostenere, pazientare e non arrendersi. Ma dietro Pluk, alla sua bella personalità e autonomia d’azione a poco a poco emergono una serie di buffi e complessi personaggi secondari ma non per simpatia! Impossibile non adorare la signora Stralindo nei suoi completi dalle fantasie Marimekko e l’inseparabile spray al DDT; decisamente desiderabile far parte, se non proprio della famiglia, della cerchia della famiglia Fracassini composta da sei bambini e un papà – impossibile non amare i loro capelli! – Agatina che come tutte le bambine perbene della letteratura dell’infanzia è bionda, graziosa e vive segregata perché non deve assolutamente sporcare o sporcarsi – indovinate di chi è figlia? – e poi una serie di animali come i gabbiani, la colomba, e Zaza lo scarafaggio con condivido l’affetto e l’amicizia di Pluk. Entrare nel Grangrattacielo è scoprire un mondo ad altezza di bambino, entrare nei suoi giochi e nei pensieri che li animano. È assaporare la libertà di immaginazione dell’infanzia e l’estrema purezza che la guida. Un romanzo illustrato adatto a qualsiasi età, suddiviso in brevi capitoli che dona veri momenti di spasso famigliare. Marina Petruzio

“La prima neve” scritto e illustrato da Bomi Park, LupoGuido, 2018 #recensioni #dai3anni #alboillustrato. La meraviglia della prima neve. La prima volta in cui una bambina, piccola, la vede e la sente. Piccoli fiocchi si annunciano picchiettando sul vetro della finestra. Fuori ancora notte, un nero rischiarato da quel bianco. Una bambina di sveglia, la sua felicità e la meraviglia la spingono fuori ma prima…scarponcini, giaccone, sciarpa e berretto. Con un piede bene calzato saggia: soffice da sprofondarvi, lasciarvi un’impronta, ascoltarne lo scricchiolio. E poi via! Rispondendo a un istinto che è felicità pura o, chissà, a un progetto a lungo coccolato e alimentato: fare una gigantesca palla di neve! E tra suoni onomatopeici inizia un viaggio attraverso la città spingendo, facendo rotolare una palla prima piccola e poi sempre più grande, sino al bosco dove gli animali si affacciano tra gli alberi per vedere la bambina e la sua grande palla di neve. E poi, attraverso un pertugio oltre il quale la luce annuncia un nuovo mondo ritrovarsi in una radura dove altri bambini arrivano con le loro palle, grandi, gigantesche o più piccole in base al percorso fatto, alla distanza percorsa. E poi giocare, fare tanti pupazzi di neve, disegnarne gli occhi, mettere loro sciarpe rosse, in uno spazio confuso tra cielo e terra dove torna in qualche modo la metafora dei bambini fiocchi di neve, simbolo di purezza e innocenza. Bomi Park al suo primo albo illustrato esprime tutta la poesia della pittura giapponese legando ancora una volta il bianco al rosso e al nero in segno di gioia e celebrazione. La meraviglia della prima neve. Quando si ritorna a casa dopo averci giocato, dopo averla accumulata, compattata, esserci sprofondati, senza scordarsi di assaggiarla, lingua fuori, occhi chiusi. Tra sogno e realtà. Marina Petruzio

“Tosca dei boschi” di Teresa Radice e Stefano Turconi, BAO Publishing, 2018. Gli autori lo hanno definito “un lungo cartone animato […] che possa fare l’effetto di quando si va al cinema a Natale con la propria famiglia”. E, complice la lunga militanza di sceneggiatrice e illustratore sui periodici a fumetti di casa Disney, leggendo “Tosca dei boschi” si ha davvero l’impressione di essere catapultati in un classico Disney d’altri tempi, epico come “Robin Hood”, rocambolesco come “La spada nella roccia”, romantico come “La bella addormentata nel bosco”. Gli elementi ci sono tutti: un medioevo rappresentato in technicolor, i castelli, i tornei, i gonfaloni, le fantesche incartapecorite e i menestrelli che parlano una lingua ritmica e antica. E poi le fiere principesse, come Lucilla, che non si lasciano comandare né abbattere dalla sorte, gli amici animali che intervengono nel momento del bisogno, i padri burberi ma di buon cuore e gli eroi per caso, come furono Semola e anche Robin Hood, qui incarnati dall’impacciato e sensibile Rinaldo e dalla fulva e indomita Tosca. Il confronto con Disney e le citazioni volute (c’è anche lo scudiero tonto Caio) non debbono far pensare a una mancanza di originalità. Nel fumetto di Radice e Turconi le formule più consolidate sono impreziosite da note originalissime e inconsuete, come l’ambientazione nella campagna toscana della metà del Trecento e gli inserti poetici da Dante, Petrarca e Francesco d’Assisi, il cui “Cantico delle creature” è protagonista di una meravigliosa sequenza all’aria aperta. Ma sono sopratutto il ritmo impeccabile del racconto, il gusto sapiente per spazi e inquadrature e un modo di narrare raffinato e insieme popolare a rendere incantevole la lettura. Se non fosse che è fatto di carta e inchiostro, e della più pregevole fattura, questo volume non sfigurerebbe su un grande schermo. E probabilmente avrebbe meritato un formato persino più grande, per apprezzare ancora meglio la ricchezza di ogni vignetta. Virginia Stefanini

“Tre in tutto” di Davide Cali, illustrato da Isabella Labate, Orecchio Acerbo, 2018. Ci sono libri che risuonano al primo tocco. Basta lasciarsi prendere dallo sguardo del bambino che dalla copertina ci invita a conoscere la sua storia. E pagina dopo pagina, come in un vecchio album di fotografie, ripercorrere la vicenda in cui sud e nord Italia vennero unite da un treno, e da una gara di solidarietà. “Tre in tutto” racconta una storia poco conosciuta, ma tutta italiana. Tra il 1946 e il 1952 i Treni della Felicità trasportarono settantamila bambini dalla Puglia, Campania e Lazio verso “l’alta Italia”, quella ignota, terra lontana e pericolosa, dalla quale perfino il prete del paese metteva in guardia (“lì mangiano i bambini”), ma unica soluzione di fronte a un dopoguerra di città distrutte, vedove con prole e un pasto al giorno in un piatto solo. Un viaggio in treno è già di per sé un’avventura, per chi non si è mai mosso da casa. La pianura “lunga, infinita”, il mare, la neve. E poi l’arrivo, la fine del viaggio dentro un’Italia lunga e tanto diversa, una vita nuova. Alla stazione ci sono famiglie ad accogliere i bambini, a prendersi cura di loro, a ospitarli come figli e fratelli e renderli parte di una famiglia più grande, quella dell’Unione Donne Italiane del Partito Comunista. Ci sono case calde, un servizio intero di piatti, la cioccolata, il cibo preparato in casa; una seconda mamma, fratelli acquisiti, nuovi dialetti, foto da mandare alla mamma che ci aspetta a casa, la prima. La voce di Calì racconta come un soffio, è un flusso di memoria antica di un’infanzia lontana, la ricostruzione di un periodo di due anni vissuto come un sogno; le immagini di Isabella Labate donano all’opera una qualità rara, quella di essere immersi sensorialmente, del poter avvertire la ruvida pasta fresca, il profumo del brodo, il godimento della prima cena. Mi auguro che questo albo diventi un classico, che porti questa storia di umanità e queste illustrazioni così vive e cariche del nostro tempo e della nostra storia ovunque, anche fuori dai nostri confini. Valeria Bodò

“Twin it!” #giochi #dai6anni. Immaginatevi un memory basato solo sulla velocità e non sulla memoria, in cui bisogna accoppiare due immagini uguali a colpo d’occhio, il prima possibile: immagini che ovviamente si assomigliano sempre un po’ troppo, e sembrano fatte per confondere le idee. Questo è in poche parole “Twin It!”, un gioco di osservazione rapidissimo (una partita dura circa quindici minuti), adatto dai sei anni in su e per un numero crescente di giocatori, da due fino a sei e oltre): a turno ogni giocatore scopre una carta e tutti possono, in qualsiasi momento, prendere due carte uguali semplicemente mettendoci il dito sopra. Quando si gioca in tanti il ritmo diventa frenetico e ancora più divertente. Il meccanismo è semplice ma reso perfetto da due belle idee: le carte sono stampate sui due lati con motivi differenti e quindi la carta cambia disegno quando viene scoperta (lasciandoci a cercare qualcosa che “non c’è”), e alcune carte sono presenti in tre copie anziché in due (quindi anche le carte già pescate si possono rubare a un avversario se esce la terza copia). Nella pratica il gioco costringe a una grande attenzione al tavolo da gioco e agli altri giocatori, contribuendo così a creare una bella concentrazione e una maggiore capacità di analisi delle figure, che riprendono pattern ottici di vario tipo, dalla psichedelia all’etnico, dal fumetto al microrganismo, al chip: indirettamente, esercitandosi con queste immagini poco strutturate, impariamo a guardare meglio ciò che è piccolo o piccolissimo. Che è una splendida risorsa per ogni creatività a venire. “Twin it!” è un gioco della francese Cocktail Games, firmato da Nathalie Saunier, Rémi Saunier e Tom Vuarchex (che firma anche i pattern), distribuito in Italia da Oliphante. Beniamino Sidoti

“Il Natale di Pippi Calzelunghe”, di Astrid Lindgren, illustrazioni di Ingrid Nyman, traduzione di Anna Zuliani, LaNuovafrontieraJunior, 2012. Nell’ultimo giorno del CalZendario, come poteva mancare all’appello la nostra beniamina? Nel delizioso racconto natalizio che la vede protagonista, Pippi si impegna per preparare un’indimenticabile festa del dopo Natale a modo suo, dedicata a tutti i bambini, piena di regali, candeline luminose e dolci. La gioia spontanea e la generosità trasmesse da Pippi dovrebbero fare compagnia ai bambini tutto l’anno. Non sempre ciò accade e per questo motivo noi vogliamo condividere con tutti i lettori una riflessione della sua autrice Astrid Lindgren. La citazione è tratta dal discorso “Mai violenza!” (in “Rileggendo Astrid Lindgren”, a cura di S. Blezza Picherle, Edizioni del Cerro), che parla di educazione e famiglia democratica, ma il medesimo pensiero può valere per la società intera, soprattutto oggi: “Ma è stato solo nel nostro secolo che i genitori hanno iniziato a considerare i bambini alla pari, concedendo loro il diritto di sviluppare liberamente la propria personalità in una famiglia democratica, priva di oppressione e violenza. Non si dovrebbe quindi essere sconcertati nel sentire improvvisamente alzarsi voci a favore di un ritorno al vecchio sistema autoritario? […] È possibile che questa auspicata «disciplina più rigida» abbia un effetto apparente che i suoi propugnatori interpreterebbero come miglioramento. Ma certo solo fino a quando anche loro gradualmente saranno costretti ad ammettere che la violenza non fa che seminare altra violenza, così com’è sempre stato.” Dunque cominciamo dalla base, a perseguire giustizia, libertà e diritti per i bambini, sempre, anche attraverso i libri. Auguri di buone feste e felice anno nuovo dalla redazione di Libri Calzelunghe….e come disse Astrid Lindgren il giorno del suo novantaquattresimo compleanno, a chi le domandò quale fosse il suo desiderio, “Pace nel mondo e vestiti carini”!

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