Per questo numero di Libri Calzelunghe, che inaugura una nuova modalità di pubblicazione degli articoli su questo sito (non più a cadenza periodica, come su un blog, ma tutti insieme, come su una rivista cartacea), abbiamo ragionato intorno a una parola ricca di sfumature diverse: adattamento.
Nel parlare di libri, come delle cose della vita, definire qualcosa come “adatto”, cioè conveniente o opportuno alle circostanze, porta con sé una connotazione positiva. Meglio essere adatti che inadatti, o ancor peggio, disadatti… pena l’esclusione, termine che ribalta l’equazione iniziale in termini negativi.
L’intero campo della letteratura per ragazzi è regolato dal discrimine “adatto a lettori non ancora adulti”, qualunque cosa tale definizione significhi, ma meglio non addentrarsi in ulteriori sottocategorie, ci avverte Beniamino Sidoti!
Se poi parliamo di “adattamento”, la parola evoca un processo in qualche misura negativo ai nostri occhi, come se qualunque intervento finalizzato a rendere una cosa adatta a uno scopo determinato rappresentasse un tradimento rispetto alla sua forma autentica. Talvolta può essere così, come esemplifica l’articolo di Virginia Stefanini dedicato alla narrativa young adult.
Eppure di lavoro di adattamento si parla legittimamente, nell’ambito dell’editoria, quando un editor lavora su un testo grezzo o una serie di illustrazioni per trasformarli in un libro vero e proprio (ce lo racconta Angela Catrani), quando un traduttore opera la trasformazione da un codice linguistico a un altro o un autore mette mano all’opera di un collega per trasformarla (ne abbiamo parlato con l’autrice Sara Marconi, a proposito delle rivisitazioni di classici). Analogo è il lavoro di sceneggiatori e registi che vogliano trasferire una narrazione dalla pagina alla scena, come spiega Carla Colussi.
Ma adattamento può significare assuefarsi o conformarsi (termini che suscitano giudizi ambivalenti), sia biologicamente che socialmente, a determinate condizioni dell’ambiente che ci circonda, come ci racconta Marina Petruzio da una prospettiva assai originale, che intreccia letteratura per l’infanzia e storia del costume.
Infine, l’adattamento è un processo che avviene in natura e ha a che fare con la convivenza e la sopravvivenza: ne trovate un esempio nella nostra rubrica dedicata ai libri inediti in Italia, Lost in translation.
Muovendosi all’interno di un variegato panorama di significati, gli articoli di questo numero non forniscono ai propri lettori nuove definizioni , ma pongono domande per le quali non c’è un’unica risposta “adatta”. L’invito è a condividere le nostre riflessioni tramite i link agli articoli o tramite la pagina Facebook Libri Calzelunghe, sulla quale è possibile lasciare commenti e aprire nuove discussioni sul tema.
Il sommario di questo numero:
Un libro adatto, di Beniamino Sidoti
Adattare i libri: il mestiere di editor, di Angela Catrani
Dalla pagina alla scena, di Carla Colussi
Ma come porti i capelli bella bionda, di Marina Petruzio
Leggere “ieri” come se fosse “oggi” – Il caso Dark Hall, di Virginia Stefanini
Riscrivere i classici: intervista a Sara Marconi, a cura della redazione
Rubriche:
Lost in translation: L’Enfant- Poque, di Marina Petruzio