Immaginate se i romanzi pubblicati qualche decennio fa, non dico un secolo, fossero adattati al giorno d’oggi. Se Philip Marlowe potesse cercare su Instagram i profili delle sue clienti: si accorgerebbe subito che sono delle dark ladies false e senza scrupoli? O se al Club dei Perdenti di It di Stephen King fossero tutti muniti di cellulari: addio imboscate della banda di Henry Bowers… a meno di una provvidenziale carenza di segnale al momento opportuno!
Potreste obiettare che nessuno si sognerebbe di inserire cambiamenti di questo tipo in un libro, anche se si tratta di un’opera di intrattenimento (non a caso ho citato dei “classici” del genere noir e horror). Sarebbe sconsiderato e irrispettoso, o quantomeno sciocco.
Allora, perché sarebbe lecito farlo quando si tratta di libri per ragazzi?
Eppure talvolta accade. È accaduto, ad esempio, a dieci romanzi della popolare autrice statunitense Lois Duncan. I libri della Duncan sono per la maggior parte inediti in Italia, se si escludono vecchie edizioni Killing Mr. Griffin / Uccidiamo Mr. Griffin (in Il Giallo Mondadori, 1980) e I Know What You Did Last Summer / So cosa hai fatto (Sperling & Kupfer, 1998), titolo reso famoso da uno scialbo adattamento cinematografico.
Pochi mesi fa, sulla scia dell’uscita del film omonimo, è giunto per la prima volta sui nostri scaffali il suo horror Dark Hall, edito da Mondadori con traduzione di Egle Costantino. Leggendolo sono stata percorsa da un brivido. Non di paura, ma di sconcerto. E mi si è aperto un mondo che non ha a che vedere con le trasformazioni soprannaturali, bensì con gli adattamenti editoriali.
L’originale Down In a Dark Hall fu pubblicato nel 1974 e in patria viene da allora considerato un classico della letteratura per teenager insieme agli altri titoli della Duncan, tutti scritti molto prima che categorie come quelle dei “giovani adulti” fossero inventate.
Nulla di strano, data l’epoca in cui il libro è stato scritto, che nel primo capitolo la protagonista Kit e la sua famiglia si perdano nei pressi di Blackwood Village, seppur muniti di cartina stradale (e nessun navigatore), mentre stanno cercando di raggiungere l’Istituto femminile Blackwood. Stando alle fotografie sulla brochure informativa (e non sul sito) è una scuola esclusiva in un contesto naturale affascinante. Lì la ragazza potrà godere di un’educazione di altissimo livello, insieme a un ristretto gruppo di compagne accuratamente selezionate. Tutto è permeato da un inquietante fascino d’antan.
Quando nel capitolo due, giunta all’istituto, Kit rimane ben impressionata dall’enorme tv a schermo piatto del salotto, le cose iniziano a farsi confuse. Nel capitolo tre, la ragazza tenta di chiamare la sua amica Tracy dal cellulare, ma il dispositivo la avvisa che non c’è “nessun servizio” (più avanti nel libro dimostra di aver rinunciato a provarci, e in cambio le scrive una lettera). Soltanto alla fine del capitolo successivo Kit e le altre ospiti della scuola cominciano a domandarsi perché non ci sia il wi-fi o un cavo ethernet nella scuola. Risposta dei docenti: affinché internet e i social network non le distraggano dallo studio. Nel frattempo la mamma di Kit e il suo nuovo marito sono partiti per il loro viaggio di nozze in Europa, lasciando come recapiti gli indirizzi degli alberghi (e non quello della posta elettronica) lungo il loro itinerario. Così Kit può inviare loro delle lettere e ricevere in risposta delle graziose cartoline (non e-mail o messaggi istantanei con tanto di foto).
Una domanda mi assale: sono per caso finita in un assurdo intreccio spazio-temporale? No, sono faccia a faccia con una versione aggiornata ai giorni d’oggi del romanzo originale.
L’iniziativa editoriale è partita nel 2010 per volere della casa editrice Little, Brown e ha riguardato dieci romanzi di Lois Duncan, pubblicati fra gli anni Settanta e Ottanta. Oltre a una nuova veste grafica, il loro contenuto è stato rinnovato in collaborazione con la stessa autrice.
In un articolo pubblicato sulla versione on-line di Publishers Weekly, Duncan dichiarava di aver amato il lavoro di aggiornamento sui testi, che ha comportato trasformazioni di abiti (dato che le pantacalze di poliestere nel frattempo sono passate di moda), modifiche ai dialoghi e l’inserimento di nuove tecnologie. Proprio l’aggiunta dei telefoni cellulari ha rappresentato la sfida maggiore: i suoi romanzi sono per lo più storie ricche di suspense, in cui i protagonisti si ritrovano isolati e in balia di situazioni pericolose. Perché tali circostanze continuassero a funzionare dal punto di vista narrativo, i cellulari e le connessioni con l’esterno dovevano risultare provvidenzialmente (o improvvidamente) fuori servizio.
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Edizione Mondadori 2018
Qual è il risultato di tale operazione? A giudicare da Dark Hall (non ho letto gli altri romanzi rinnovati) la sensazione è quella di un discreto pasticcio.
Ciò che poteva risultare verosimile negli anni Settanta del secolo scorso, cioè che una madre lasciasse sua figlia in un collegio nel bel mezzo degli Stati Uniti per poi volarsene oltreoceano, disponendo del telefono fisso o della posta come unico mezzo di comunicazione, oggi appare implausibile, abituati come siamo al controllo e ai contatti immediati.
In tal senso risulta migliore la scelta adottata dagli sceneggiatori del film tratto da Dark Hall, uscito nelle sale italiane nel 2018. Nella pellicola, Kit e le altre allieve di Blackwood sono delle ragazze “difficili”, macchiatesi di violazioni più o meno gravi (bullismo, mancato rispetto delle autorità scolastiche, fino agli incendi dolosi) e inviate all’Istituto nel tentativo di correggerne l’indole. Il loro isolamento, anche tecnologico, diventa metodo educativo, che le ospiti e le loro famiglie sono costrette ad accettare.
Date queste premesse, pur nella sua nuova versione il libro rimane una piacevole lettura di genere, permeata da un’atmosfera gotica ben costruita e lontana da alcuni abusati meccanismi della narrativa young adult contemporanea (nei quali invece ricade il film).
Ma alcune questioni importanti restano aperte: assisteremo ad altre operazioni di questo tipo nell’editoria per ragazzi? E quale rapporto vogliamo creare fra i giovani lettori e la letteratura non contemporanea?
La motivazione alla base dell’adattamento dei romanzi di Lois Duncan sarebbe proprio quella di consegnarli a una nuova generazione di lettori. Secondo una logica commerciale, l’operazione non fa una piega, ma l’impostazione del rapporto con i ragazzi che leggono risulta discutibile.
Gli attestati di stima incondizionata nei confronti di Lois Duncan, in particolare da parte di una generazione di lettrici cresciute negli anni Settanta, sono continuati fino alla sua scomparsa nel 2016 e dopo (prendete ad esempio questi due accorati post sul New Yorker e sul Guardian). Secondo tali estimatrici ed estimatori, le trame oscure e inquietanti dell’autrice agganciano tutti i tipi di lettori, ma sono il carattere anticonformista e moderno delle sue protagoniste, il suo porre l’accento sulla violenza di genere e la manipolazione psicologica, di cui gli adolescenti più fragili rischiano di restare vittime, a garantirle un profondo impatto sui lettori, oggi come ieri.
Se così è, cosa guadagnerebbero le sue storie essendo ambientate in un periodo diverso da quello originale? Non molto, da quel che ho potuto constatare dall’esempio Dark Hall, che in alcuni frangenti sfiora il ridicolo involontario, con i tanti riferimenti posticci a internet e cellulari.
Mi dispiace constatare che alla base di una scelta di questo tipo si potrebbe annidare la sfiducia degli editori nei confronti dei preadolescenti e adolescenti, quasi che fossero incapaci di immedesimarsi nel destino dei loro coetanei del passato. I nativi digitali non conoscono il mondo senza le attuali tecnologie e dunque faticherebbero a comprendere le relazioni interpersonali e la lotta per l’affermazione della propria identità (di cui i libri di Lois Duncan parlano, anche se all’interno di una cornice thriller) al di fuori del proprio contesto di riferimento?
Se ci mettessimo a rimuovere il passato, nella sua accezione di quotidiano di ieri, da tutti i romanzi non prettamente storici, le narrazioni finirebbero appiattite su un eterno presente, rischiando di suggerire l’idea che le cose siano sempre andate come oggi e che il mondo contemporaneo sia l’unico possibile.
Ma prendere un solo caso editoriale come fenomeno globale non sarebbe corretto e probabilmente è prematuro gridare allo scandalo. Bisogna però stare attenti a ciò che si legge e che, soprattutto, si rilegge, dal momento che il mercato della letteratura per ragazzi pullula di ristampe non apertamente dichiarate e spacciate per nuove edizioni (almeno in Italia).
E mi permetto un ultimo appunto: se un testo è stato modificato rispetto alla sua forma originale, anche quando ciò avviene in collaborazione con l’autore, tale adattamento va dichiarato. L’edizione rinnovata dalled’editore Little, Brown nel 2011, riporta tale indicazione a chiare lettere nella quarta di copertina. Nel caso dell’edizione italiana di Dark Hall tale iniziativa non è stata presa ed è un peccato. Si potrebbe motivare per il fatto che il romanzo nella sua forma originale è sconosciuto ai lettori italiani, ma segnalare il lavoro di adattamento compiuto sul testo avrebbe rappresentato un’occasione per stimolare nei lettori una maggiore consapevolezza che anche le storie hanno una loro “storia”.
Anche in questo si misura il rispetto per i ragazzi e le ragazze che leggono.