Negli anni Novanta Jeff Kinney è un giovane laureato in materia di giustizia penale, che durante gli anni del college ha pubblicato alcune strisce di fumetti, ma non è poi riuscito a farsi approvare altri lavori in quel campo. Ha cominciato a lavorare come sviluppatore di videogiochi. Poi un giorno, quasi per scherzo inizia a creare un diario illustrato su un bambino di nome Greg. Lo ambienta alle medie perché in quel periodo pensa di aver raggiunto la sua massima capacità di esprimersi attraverso il fumetto.
Inizialmente Kinney si rivolge ai lettori adulti, con una specie di sguardo nostalgico verso quei ragazzini che tutti siamo stati. Convince il suo capo a pubblicare i suoi pezzi su funbrain.com, un sito di giochi e storie, e va avanti per circa sei anni. È un successo. Il sito e il suo diario hanno decine di migliaia di visualizzazioni, soprattutto di bambini e ragazzi, così nel 2006 l’editore Harry N. Abrams propone a Jeff Kinney firmare il contratto per una serie con Amulet Books, divisione di Abrams Books. Gli dice però che pensa di destinarla al pubblico dei ragazzi e non agli adulti.
È nato Diario di una Schiappa!
Il diario online continua a essere letto e conta circa 70.000 lettori al giorno, quasi tutti bambini! Eppure inizialmente l’editore, non volendo rischiare, stampa solo 15.000 copie del libro. La legenda vuole che al primo firma-copie siano presenti in 23, tutti parenti del’autore. Ma in breve il passaparola tra i ragazzi decreta il successo del primo libro e poi della serie, che oggi conta 15 volumi pubblicati (l’ultimo uscirà in Italia a novembre 2021), 250 milioni di copie vendute nel mondo (di cui 5 milioni e mezzo in Italia), e traduzioni in 65 lingue, tra cui napoletano e latino. E non è finita qui, perché la serie è ancora in corso!
In Italia Diario di una Schiappa arriva in libreria nel 2008, pubblicato da Il Castoro editore e tradotto da Rossella Bernascone. È un successo immediato e travolgente. Oggi possiamo dire che la serie ha creato un linguaggio e, soprattutto, è diventato sinonimo per molti ragazzi e ragazze di divertimento nella lettura.
Diario di una schiappa racconta la vita di Greg Heffley, un ragazzino come ce ne sono – e ce ne sono stati – tanti. Normale nel suo essere “uno qualunque”, non particolarmente atletico né particolarmente brillante, non bravo con le ragazze, spesso preso di mira dai prepotenti. Greg racconta nei suoi diari le vicissitudini della sua vita di preadolescente/adolescente, dalle disastrose vacanze ai tentativi della mamma di farlo partecipare a improbabili club del libro, al dover imparare a ballare perché la scuola ha organizzato una festa, cambi di casa, pasticci da risolvere, insegnanti e compiti.
La vita di Greg è un susseguirsi di spassose peripezie che hanno il grande pregio di raccontare ognuno di noi. Perché come dice Jeff Kinney nell’intervista rilasciata a Federico Taddia durante Il Festival della Letteratura di Mantova del 2020, “non è che siamo tutti schiappe, è che tutti abbiamo avuto un’infanzia, abbiamo avuto insegnanti e genitori. Tutti, in alcune occasioni, siamo stati Greg”. D’altro canto Jeff Kinney in più di un’occasione ha preso spunto dalla sua vita e dai guai che ha combinato da ragazzino, come la volta che si è nascosto in un bagno per evitare l’allenamento della squadra di nuoto o la volta che lui e un amico si sono rotolati sulla neve creando una grossa palla che ha rovinato un prato.
L’assoluta normalità di Greg, il suo essere ognuno di noi, è uno dei motivi del grande successo della serie. È questo che lo ha fatto e lo fa amare ai ragazzi. Ma c’è qualcosa in più. Il Diario di una schiappa ha una scrittura che mischia parole, immagini e fumetti. E questa è stata l’assoluta novità inventata da Jeff Kinney!
Kinney, giocatore e autore di videogames, sa che la contaminazione di linguaggi è funzionale alla narrazione e soprattutto che questo è un elemento che attira il lettore acerbo o recalcitrante. Ideando il Diario di una Schiappa, ha pensato al tipo di libri che avrebbe voluto trovare nelle librerie e nelle biblioteche quando era ragazzo. Libri che raccontassero la vita facendo ridere e con un linguaggio accessibile.
Le avventure di Greg, seppur con una narrazione “semplice” e senza alcuna intenzionalità pedagogica né educativa, raccontano ai giovani lettori come affrontare i prepotenti, che cosa vuol dire crescere, l’amicizia, i rapporti maschio/femmina, non sempre così ovvi e scontati, la scuola, i professori e infine come regolarsi con quel mondo oscuro e incomprensibile che sono gli adulti. Tutto questo Kinney lo racconta usando una forma narrativa che è il risultato di una triplice contaminazione tra parola scritta, illustrazione e fumetto. È da questa contaminazione che nascono i libri di Diario di una schiappa. Sarebbe sciocco analizzarli parlando solo della parola scritta che, estrapolata, finirebbe col non essere esaustiva. La grandezza della serie è che è scritta e illustrata come la scriverebbe e illustrerebbe un dodicenne.
Prima della pubblicazione del Diario di una Schiappa, poche erano le sperimentazioni in tal senso. C’erano in Italia dei tentativi di contaminazione, come ad esempio le storie di Geronimo Stilton o la serie Gol di Luigi Garlando, con inserti a fumetti di Stefano Turconi, ma Kinney, va molto oltre: scrive e disegna i diari come se fossero scritti e illustrati a mano da un ragazzino e offre ai bambini e ai ragazzi un prodotto che è solo loro, parla la loro lingua e gli fornisce uno sguardo ironico, dissacrante e per questo critico sul mondo. Kinney non vuole insegnare nulla, si diverte a narrare di una schiappa che anche lui è stato; anzi rifugge dalla letteratura moralista e moraleggiante e, come dice sul suo sito, ha “semplicemente voluto scrivere storie che facessero ridere”.
Quando a febbraio del 2008 uscì in Italia il primo volume del Diario di una schiappa, io avevo una libreria. Il fenomeno mi travolse, sia come libraia che come promotrice della lettura che girava le scuole raccontando storie e libri.
Allora frequentava la mia libreria Ludovico, un ragazzino di 9 anni, lettore vorace, appassionato e onnivoro. Cresciuto in parte tra i miei scaffali e grazie a genitori che gli avevano sempre letto, Ludovico divorava qualsiasi tipo di narrazione, inventava cartoni animati al computer, leggeva storie ai fratelli. Fu lui a mettermi sulla strada giusta (io non avevo ancora mai letto il Diario) dicendomi: “A noi [bambini/ragazzi n.d.A] piace Diario di una schiappa perché è scritto come parliamo”. Aveva già capito tutto!
Più recentemente Giacomo, 11 anni, mi ha raccontato che ciò che ama del Diario di una Schiappa è l’umorismo con il quale descrive la vita di un adolescente alle prese con la scuola, i compiti e i professori e con le difficoltà del crescere (Giacomo in realtà ha detto i difetti dell’adolescenza ma credo di aver ben interpretato e “tradotto” le sue parole). Da lettore appassionato, critico e attento, apprezza i libri della serie per la semplicità del lessico (parole sue!) e perché sono scritti con un font che facilita la lettura. Giacomo ha conosciuto le storie di Greg grazie al passaparola: quando era in terza primaria vedeva i suoi compagni leggere e sghignazzare e rispondersi con le frasi di Greg, così non ha resistito e ha voluto leggere tutti i Diari!
La serie inventata da Kinney ha e ha avuto anche questo grande pregio, in patria come in Italia: ha avviato alla lettura moltissimi ragazzi.
Molti adulti negli Usa e altrove hanno criticato lo scrittore per aver creato un personaggio che dà il cattivo esempio con il suo atteggiamento dissacrante e da perdente, “più vicino alla serie Beavis and Butt-head che agli ardimentosi e muscolosi Hardy Boys”, ha commentato Kinney in un’intervista, ridacchiando. Kinney da parte sua ha sempre sostenuto di avere piena fiducia nei ragazzi, che sanno ben distinguere quando Greg fa una sciocchezza e “riconoscendolo in Greg, lo riconoscono in sé stessi”.
Nonostante le critiche, la serie ha vinto molti premi in tutto il mondo, tra cui due Children’s Choice Book Awards, sei Nickelodeon Kids ‘Choice Awards per il libro preferito e, in Italia il Premio Andersen 2011. Premio “PERSONAGGIO DELL’ANNO” a Greg Heffley.
Circa trent’anni prima che Jeff Kinney inventasse il personaggio di Greg, contribuendo a cambiare il mondo della letteratura per ragazzi e l’approccio dei giovani alla lettura, un’altra scrittrice statunitense, appassionata d’investigazioni fin da bambina, crea un personaggio che entrerà nell’immaginario dei bambini del suo paese. Sto parlando di Marjorie Weinman Sharmat.
Come è accaduto anche per altri autori, Sharmat cerca di scrivere qualcosa di appassionante per il figlio; qualcosa che sia avvincente ma non troppo difficile dal punto di vista dell’intreccio narrativo e del lessico. Mettendo insieme la sua passione per le storie, per il mistero e la sua innata curiosità nell’ascoltare i dialoghi delle persone, nasce il personaggio del bambino detective Nate. Il primo libro della serie Nate the Great viene dato alle stampe in USA nei primi anni Settanta, prima di arrivare in Italia nel 2020 grazie al fiuto di Il Barbagianni Editore.
Nate è un detective bambino che si lancia in investigazioni per risolvere i problemi di amici e vicini di casa. Divertenti e avventurose, le indagini di Nate ci trasportano nei gialli degli anni Trenta con un linguaggio semplice e coinciso e con personaggi che sembrano usciti da vecchi film polizieschi. Non a caso la critica letteraria dell’epoca paragonò il bambino detective protagonista di Il Grande Nate a Sam Spade, il detective dal comportamento distaccato e dall’occhio attento per i dettagli, protagonista di una serie di racconti polizieschi degli anni Trenta scritti da Dashiell Hammett.
Sharmat sceglie un linguaggio asciutto e stringato e così facendo, come ha più volte dichiarato nelle sue interviste, apre la strada al giovane lettore che trova una buona storia, scritta in modo “semplice”.
I primi venti titoli della serie sono illustrati da Marc Simont, che mette indosso a Nate un cappello da Sherlock Holmes e un impermeabile da investigatore; le illustrazioni alternano il bianco e il nero al colore e ogni episodio ha un colore dominante, che nell’edizione italiana è ripreso dalla copertina. Le illustrazioni di Simont accompagnano la narrazione di Sharmat, la ampliano, la arricchiscono e ne sottolineano l’ironia.
Molte sono le eccentricità dell’autrice che ci ha lasciati nel 2019. Le cronache raccontano che da bambina Marjorie Weinman Sharmat avesse due grandi sogni: diventare scrittrice ed essere una buona detective e che a tale scopo, all’età di otto anni, avesse fondato insieme a un’amica un giornale di spionaggio, The Snoper’s Gazette, nel quale scriveva notizie, frutto delle sue intercettazioni dei discorsi degli adulti. Un ottimo modo per imparare a inventare storie!
Si racconta anche che i personaggi principiali della serie siano ispirati ai suoi famigliari. Se il nome del protagonista è da far risalire al padre Nathan Weinman, che tutti chiamavo Nate, il nome di Rosamod, la bizzarra ragazzina amante dei gatti, è dovuto alla sorella Rosalind Weinman. Lo zio Harry è il terribile Harry, il fratello dell’amica di Nate, Annie. La madre dell’autrice, Anne, presta il proprio nome alla migliore amica di Nate. Per Sharmat la scrittura è un vero e proprio “affare di famiglia”: sia il marito Mitchell sia la sorella Rosalind hanno co-firmato vari titoli e anche i figli Craig e Andrew, una volta adulti, hanno firmato insieme alla madre più di un’avventura.
Ciò che amo di questa scrittrice, che ho potuto scoprire solo di recente, è il suo modo di inventare storie. Appassionata d’investigazione, acuta osservatrice e ascoltatrice di dialoghi, Sharmat si guarda intorno e prende ispirazione da ciò che le accade. Non ci sono folli inseguimenti o supereroi volanti, ma la semplice e quotidiana vita. “Spesso è qualcosa che qualcuno mi dice che mi ispira… può essere solo una frase”. L’autrice racconta che tutte le avventure di Nate sono nate in maniera estemporanea, non è stata una serie programmata e “spesso Nate si scrive da solo, libro per libro. Io cerco di trovare la soluzione a ogni caso prima di iniziare a scrivere, ma non sempre è così”.
La serie Il Grande Nate è composta di più di una ventina titoli. In Italia per ora ne abbiamo quattro, pubblicati da Il Barbagianni Editore: Il Grande Nate, Il Grande Nate e la falsa pista, Il Grande Nate e la lista smarrita e Il Grande Nate e il caso appiccicoso, tradotti da Laura Bernaschi.
Jacopo Saraceni, Marta Buzi e Valeria Buzi, gli editori di Barbagianni, erano alla ricerca di qualcosa di accattivante che potesse colpire i lettori più giovani. Leggevano libri, giravano fiere, finché dopo aver letto un’infinità di storie, alcune delle quali troppo datate per il lettore contemporaneo, incapparono in Nate the Great. Fu un colpo di fulmine. Che personaggio! Che storie! Che illustrazioni! E, soprattutto, che modernità! Chiesero anche ai loro consulenti (i bambini) e, sì, Nate li ha conquistati!
E così nel 2020, in piena pandemia Nate è arrivato in Italia e ha convinto il pubblico. A scuola le insegnanti lo propongono e i bambini si appassionano. Cecilia, 9 anni, lo definisce “magnificamente superbellissimo”. Le piace la storia che unisce mistero e comicità e le piacciono le illustrazioni a volte in bianco e nero, altre a colori “ma sempre molto descrittive e in movimento”. Ha occhio, Cecilia!
Nel 2021 Il Grande Nate vince il Premio Orbil nella categoria narrativa 6-10 anni.
Che cosa hanno in comune Il Grande Nate e Diario di una Schiappa? Nella loro assoluta diversità, hanno in comune il fatto di affascinare i giovani lettori con una scrittura “facile”. La facilità della scrittura non è banalità di lessico. Jeff Kinney scrive volutamente come avrebbe scritto il proprio diario, un ragazzino dodicenne e Marjorie Weinman Sharmat utilizza il linguaggio stringato ed essenziale dell’algido Sam Spade; così con una scrittura che appare semplice, arrivano al lettore.
Personalmente il motivo per cui li amo è il loro prendere spunto dalla vita quotidiana e restituirci le figure di due ragazzini assolutamente ordinari. Due antieroi. Nate e Greg non vogliono insegnare niente ai loro lettori, per questo sono degli ottimi compagni d’avventure libresche.
Un grazie a: Ludovico, ormai ventenne; Giacomo e la sua mamma Claudia Mencaroni; Cecilia e la sua maestra Antonella Capetti.
[…] una schiappa, che diventa un caso da prendere in considerazione perché apre un orizzonte (vedi l’articolo di Carla Colussi su questo numero). I libri di Jeff Kinney sono ormai arrivati a 14 e hanno inaugurato uno stile: […]