Ai bambini piace riascoltare le storie e ritrovare i personaggi che amano, ne diventano veri propri fan. Le serie sono molto amate dai bambini perché soddisfano tale piacevole esigenza. Per indagare questo argomento abbiamo interpellato Janna Carioli e Luisa Mattia, due autrici che non hanno bisogno di presentazioni: il loro percorso autoriale è ricco di titoli e premi, di uno spessore rilevante anche sul piano multimediale. Insieme hanno firmato importanti progetti di serie narrative come I Supereroi di Newpolis, I misteri di Teo, All’ombra delle Piramidi, tutti editi da Lapis. Dal 1999 al 2017 hanno collaborato al noto programma televisivo per ragazzi Melevisione e sono autrici di Nefertina sul Nilo, serie di animazione di recentissima messa in onda su RaiPlay e Rai Yoyo (tratta da All’ombra delle Piramidi). L’intervista che ci hanno rilasciato presenta risposte condivise, come tanti dei loro lavori.
Libri Calzelunghe: La vostra collaborazione è collaudata da molto tempo. Prima di entrare nel dettaglio dei progetti, come è nata la vostra speciale sintonia per scrivere a quattro mani?
Janna Carioli e Luisa Mattia: La sintonia si rivela e va colta al volo. E poi va mantenuta. Il nostro reciproco intenderci è “accaduto” senza che lo cercassimo né lo forzassimo. Ci siamo intese con naturalezza fin dalla prima occasione di collaborazione che, peraltro, non aveva a che fare con i libri ma riguardava un progetto educativo Arciragazzi. La sintonia si è rivelata nel fare, si è consolidata grazie alla reciproca stima, è cresciuta grazie alle differenze che connotano ognuna di noi e che sono diventate la nostra risorsa fondamentale, si è alimentata nell’allegria della creatività. Il tutto tenuto insieme da una costante assenza di rivalità. Per noi conta il progetto, lo studio che lo accompagna, il confronto e le risate. L’ironia e l’umorismo sono il “seme” di molte scritture che abbiamo realizzato.
LC: Le serie hanno uno schema narrativo abbastanza definito, devono saper mantenere vivo l’interesse in un continuum di soluzioni, in modo da soddisfare le aspettative: come si affronta un progetto seriale nella fase iniziale?
JC e LM: Intanto bisogna decidere l’arco temporale della serie e porsi delle domande iniziali. Per esempio: i personaggi diventeranno grandi e invecchieranno o manterranno la loro età in tutte le avventure? A differenza delle serie tv in cui è conveniente, per motivi di costi, mantenere più o meno le stesse location, nei romanzi, i personaggi li si può mandare dove si vuole. Basta mantenerne i caratteri, la mission e lo sfondo temporale scelto.
LC: Quali sono gli aspetti più rigidi da gestire?
JC e LM: Scrivere un seriale significa non perdere mai di vista la “mappa” narrativa e il progetto iniziale – in gergo, la “bibbia” – in modo da mantenere alto il livello stilistico e non perdere mai la coerenza dei personaggi rispetto al loro agire, così come il mantenere coerenti e chiare le relazioni tra personaggi stessi. In più, nel caso in cui la serie abbia un’ambientazione storica o si svolga in un contesto ambientale ed archeologico definito, i paletti sono quelli generati dal necessario rigore della documentazione.
Accade così per I misteri di Teo e All’ombra delle Piramidi, in cui l’elemento divulgativo non è secondario. Nel caso de I misteri di Teo, la nostra intenzione è stata creare avventure connotate da una trama gialla e rese in stile dichiaratamente umoristico. Nel caso di All’ombra delle Piramidi invece l’intenzione è stata proporre a una fascia di primi lettori avventure “avventure”, cioè storie in cui la vicenda fosse prioritaria rispetto alle intenzioni di esercizio alla lettura che troppo spesso mortificano le trame destinate ai più piccoli.
Diverso il caso di I Supereroi di Newpolis, in cui le doti dei giovani dei dell’Olimpo, nel pieno rispetto della tradizione del racconto mitologico, sono messi alla prova in un contesto completamente diverso, per un “esercizio” narrativo che mescola mito e fiction. Abbiamo dato spazio alla domanda-delle-domande: cosa succederebbe se…? Nel nostro caso: cosa succederebbe se gli dei dell’Olimpo venissero ad abitare in una delle nostre città?
LC: In gergo queste sono character driven series. Più che una trama, è il personaggio a portare avanti le varie soluzioni narrative. Come costruite il personaggio?
JC e LM: Un personaggio deve essere portatore di storie, dunque deve avere un vissuto che giustifichi le avventure che gli succederanno. Ci sono poi alcune considerazioni che vanno tenute presenti: in genere si mettono assieme due personaggi (uno maschile e uno femminile con caratteristiche diverse, ma con pari peso narrativo) per favorire l’immedesimazione dei ragazzi e delle ragazze. Bisogna costruire personaggi veri, con qualità e difetti, perché nessuno ama i protagonisti granitici. Infine bisogna sapere tutto, ma proprio tutto di quel personaggio, la sua storia, i suoi gusti, come veste cosa mangia, di cosa ha paura, eccetera… Magari in scrittura non si userà tutto questo background, ma questo studio preventivo permette allo scrittore di disegnare dei personaggi autentici nella loro finzione. Verosimili.
LC: A quale dei vostri personaggi siete più affezionate e perché?
JC e LM: Ci piacciono personaggi femminili che risultino “forti” in senso narrativo, ragazze o bambine che abbiano una identità definita, che siano ironiche, creative, lungimiranti ma anche imperfette, così come accade nella vita delle nostre lettrici. Amiamo anche i personaggi maschili sfaccettati, forti e fragili, intelligenti tanto quanto le “nostre” ragazzine. Scegliere un personaggio rispetto ad altri ci è impossibile. Però una preferenza per Zorro (il cane de I misteri di Teo), Cane-Boh (il cane de I Supereroi di Newpolis) e Micerina (la gatta de All’ombra delle piramidi) possiamo dichiararla senza alcun problema!
LC: Parliamo di trame “verticali”, che si sviluppano nell’arco di un singolo episodio, e “orizzontali”, ossia che si dipanano lungo l’intera serie. Non in tutte le serie c’è sempre una trama orizzontale ma l’esperienza televisiva della Melevisione ha sicuramente una linea orizzontale molto lunga. Quali sono state le difficoltà, le sorprese e le opportunità di questo format narrativo?
JC e LM: Essere autori televisivi significa fare fronte anche agli imprevisti: una attrice rimane incinta, un attore si ammala, un altro viene chiamato a un imperdibile impegno a Hollywood e abbandona all’improvviso… Sono accadimenti che vanno gestiti narrativamente senza che la serie ne debba risentire. In quindici anni di Melevisione sono accaduti tutti, perciò abbiamo inventato viaggi in terre lontane, malattie contagiose che andavano gestite con attori provvisoriamente in voce, principesse che sono diventare regine per ovvi motivi di età.
LC: Nel Fantabosco, il folletto Tonio Cartonio prima e Milo Cotogno poi hanno accompagnato i bambini per quindici anni. Quanto conta la scelta di un personaggio nella credibilità della serie narrativa?
JC e LM: Il personaggio è importantissimo per il successo della serie, ma lo è altrettanto la forza narrativa delle storie. Il raccontare bene è ancora il valore primario, sia nei libri che in televisione.
LC: I punti da tenere ben saldi per non compromettere un processo narrativo complesso come una serie di lungo corso, quali sono?
JC e LM: Rigore e leggerezza. I due elementi non sono incompatibili ma, al contrario, sono e restano il collante necessario affinché un percorso drammaturgico come quello di Melevisione tenga alto il livello delle storie e dei contenuti nonché la qualità dell’approccio con il pubblico dei bambini. Dunque, precisione, attenzione costante, coerenza e tanta ricerca di leggerezza (Italo Calvino docet), sia nella collaborazione tra autori che nella realizzazione delle puntate.
LC: Con Melevisione avete toccato argomenti forti e importanti. Nelle serie narrative per bambini, tranne rari casi, pare ci sia un po’ meno coraggio, c’è qualche differenza riguardo la scelta dei temi da trattare tra una serie televisiva e una narrativa? Può essere riducibile a un “verba volant, scripta manent”?
JC e LM: La scelta dei contenuti di una serie è responsabilità degli autori, condivisa con l’editore. E se è vero che “scripta manent”, Melevisione è la dimostrazione che “verba non volant”. Ai bambini e ai ragazzi si può raccontare tutto, dalla gioia alla morte. La differenza la fa lo stile con il quale si affronta la narrazione o la drammaturgia, nel caso di opere televisive o teatrali. Non è questione di coraggio ma di chiarezza di intenzioni e di “governo” dello stile. La nostra tradizione letteraria e drammaturgica ci dice con evidenza che si possono affrontare temi “pesanti” con i toni della commedia che, se ben scritta, non è mai superficiale. Si può ridere anche all’interno di un dramma e viceversa. Certamente, se si sceglie l’intrattenimento – che ha, peraltro, la sua dignità e il suo spazio – ne viene, come conseguenza, che ci si mantiene “a galla” e non si va in profondità.
LC: Luisa Mattia, con l’editore Lapis hai raccontato personaggi del mondo dell’arte, con Gribaudo del mondo della storia e della mitologia, con Giunti Junior il personaggio di Merlino. Nei primi due casi si tratta di collane dedicate, nel terzo di una trilogia di romanzi, ma tutte con una progettazione in continuum. Quali punti di contatto trovi tra questi lavori e quello delle serie?
LM: Per me scrivere, raccontare corrisponde a un “agire” concreto e affronto il lavoro di scrittura con lo stesso impegno, sia che si tratti di una serie o di una trilogia (come accaduto con Merlino). Resta l’imperativo categorico del binomio “rigore + leggerezza”. La differenza è sostanzialmente strutturale. Quando si scrive una serie, ogni episodio deve concludersi e restare, fondamentalmente, in una sorta di eterno presente.
Storia e mitologia, che ho raccontato con le raccolte di racconti editi da Gribaudo, sono state in primis materie di studio e approfondimento. Poi, nella compilazione della scaletta dei racconti, hanno comportato una scelta molto selettiva che garantisse la narrazione di vicende conosciute ma anche di episodi per nulla diffusi. A questo si è aggiunta la necessità di adattare lo stile narrativo in modo che la lettura fosse fruibile direttamente dai bambini, ma potesse anche l’occasione di lettura a voce alta da parte dei genitori o degli insegnanti. Dunque, ricerca del ritmo narrativo e della “pulizia” delle frasi. Nel caso della trilogia di Merlino, si tratta nella sostanza di un unicuum, un romanzo di formazione in cui la materia delle leggende arturiane è stata un riferimento ma non un vincolo. Ho raccontato il “mio” Merlino così come lo immaginavo e lo volevo. Merlino ha “condotto” la sua storia.
LC: Janna Carioli, Le Storie di Rosa della collana i libri di La Giostra, edizioni AVE è una nuova serie. Ci racconti come è nata e come hai articolato questo nuovo progetto di serie?
JC: Le Storie di Rosa sono nate naturalmente, nel tempo, senza un progetto editoriale definito inizialmente. La sua serialità è stata quasi casuale. Il personaggio è piaciuto moltissimo, nella sua piccola realtà quotidiana e la forma narrativa ad uso dei più piccoli che prevede un uso di rumori, piccole rime ha incontrato l’amore dei bambini e così Rosa, nel tempo ha raccontato moltissime storie che sono poi state raccolte in un albo illustrato
LC: Ci sono canali ormai specializzati principalmente nella produzione di serie. Come vi pare si stia evolvendo l’editoria per ragazzi riguardo a questa tendenza mediatica?
JC e LM: A noi sembra che non ci sia, nell’ambito dell’editoria per ragazzi, l’ansia di rincorrere le produzioni di serie Tv o web. E questo ci sembra molto sano e carico di opportunità per la narrativa.
Spesso avviene il contrario e cioè che una serie web o tv si trasformi in libri (spesso bruttini, a dir la verità). Ogni ambito, per avere senso e mantenere uno standard minimo di qualità, deve seguire la propria vocazione. Gli editori devono fare libri belli. I produttori devono fare serie di buona qualità. Rincorrersi non porta buoni risultati.
Noi di Libricalzelunghe concludiamo con un grande grazie a Janna Carioli e Luisa Mattia, per la generosità che ci hanno dimostrato, per i dettagli degni di una vera lezione. La loro è una felice complicità, davvero invidiabile.