La Vertigine della Lista

La scatola delle infinite possibilità

Written by Federica Pizzi

Una copertina color marrone grezzo, tipico dei classici scatoloni da imballaggio, come anche il peso netto indicato in basso. Sopra c’è un coniglio stilizzato accanto a un rettangolo alto e stretto. Tutto suggerisce l’idea di una scatola. Eppure… Non è una scatola1!

Non è una scatola_copertina

Non è una scatola, Antoinette Portis, Kalandraka

Si tratta di un albo nel quale Antoinette Portis, con una grafica essenziale, uno stile pulito ed efficace, un testo ridotto al minimo, evidenzia l’infinito potere dell’immaginazione, in particolare quando applicata nel gioco. I bambini, come il coniglietto protagonista, ne sono ben consapevoli: per fingersi in un’avventura, per calarsi in un personaggio, per dipingere uno scenario fantastico non è necessario avere a disposizione materiali e giocattoli realistici o sofisticati. Basta un oggetto semplice, come una scatola, che con l’uso sapiente della fantasia diviene un razzo, o una nave, o ancora una mongolfiera.

La realtà si colora, come avviene fisicamente nell’albo, dove un tratto rosso delinea ciò che solo gli occhi dell’immaginazione possono vedere, in contrasto con la linea nera che segna ciò che è reale.

Interno Non è una scatola

Non è una scatola, Antoinette Portis, Kalandraka

A chi, estraneo alla logica magica dell’infanzia, asserisce di vedere solo una scatola, non può che rispondersi baldanzosi “No! No! No! Non è una scatola!”

L’autrice – e come lei altri che hanno declinato in modi diversi questo leitmotiv (si può citare Sulla collina2, Re Valdo e il drago3 o ancora Grazie amico orso4) – da accorta osservatrice del mondo dei bambini è consapevole che scatole e scatoloni sono una risorsa preziosa, materiale versatile e invitante per una fantasia vigorosa che può trasformarli negli oggetti più incredibili.

Come non citare Calvin, il bambino delle fortunate strisce di Bill Watterson, che nelle sue avventure in compagnia dell’inseparabile tigre di pezza Hobbes, riesce a mutare un banale scatolone in uno strumento futuristico semplicemente scrivendoci sopra con un pennarello?

Vignetta Calvin e Hobbes

Calvin and Hobbes, Bill Watterson, Comix

Ecco un duplicatore per creare altri Calvin cui delegare compiti noiosi, oppure una macchina del tempo o ancora un trasmutatore, o un super computer. La smisurata immaginazione del ragazzino dalla zazzera bionda possiede un potere creativo concreto, e il lettore è ammesso a visionarne gli effetti, a differenza degli adulti che popolano il mondo di Calvin, che invece possono vedere solo la realtà.

Stessa logica dell’albo di Antoinette Portis: i grandi sono esclusi dai regni della fantasia, per loro le scatole sono, ahimè, semplicemente scatole.

D’altra parte, se si sfoglia un qualunque dizionario alla ricerca della definizione di scatola non si troveranno parole atte a indicare qualcosa degno di particolare nota. Una scatola è un recipiente di varia forma, dimensione e materiale, usato per riporre, conservare o trasportare oggetti.

Nella maggior parte dei casi una scatola è semplice, facilmente reperibile, economica. Si potrebbe azzardare banale.

Ma cos’è una scatola chiusa – un contenitore che non rivela immediatamente il suo contenuto – se non una delle più semplici metafore del mistero, un oggetto in grado di stuzzicare facilmente e immediatamente la curiosità?

Racconta il regista J.J. Abrams di aver acquistato quando era ancora bambino una Mistery Magic Box presso un negozio di articoli per illusionisti e di averla sempre portata con sé senza mai cedere alla tentazione di aprirla. Al di là delle motivazioni affettive che riconducono l’oggetto all’infanzia passata col nonno, il regista, durante il suo intervento al TED, racconta in chiave affascinante il senso di quell’oggetto conservato così a lungo:

Ad ogni modo, una delle cose che ho comprato al negozio di magia è stata la Tannen’s Mystery Magic Box. Ora, io l’ho comprata decenni fa, e non sto scherzando. Se la guardate noterete che non è mai stata aperta. Ma l’ho sempre avuta. La guardavo, era nel mio ufficio, sullo scaffale, come sempre, e pensavo: perché non l’ho mai aperta? E sentivo come se ci fosse un segno in questo. Iniziai a pensarci (…) Ma il punto è che quella scatola rappresenta le infinite possibilità. La speranza, il potenziale. E quello che amo di questa scatola, e che in un certo senso sento di mettere in tutto ciò che faccio, sono le infinite possibilità, quel senso di potenziale. E mi rendo conto che il mistero è il catalizzatore per l’immaginazione.

Una scatola che non è mai stata aperta è automaticamente un contenitore di tutte le cose, uno spazio negato alla vista all’interno del quale può realizzarsi ogni possibilità. Tutto e il contrario di tutto, come nel celebre paradosso della fisica quantistica noto come l’esperimento mentale del gatto di Schrödinger. Tramite esso, per dimostrare l’inapplicabilità di alcuni principi relativi alla fisica delle particelle subatomiche ai sistemi macroscopici, si arriva ad asserire che un gatto, chiuso all’interno di un contenitore dove probabilisticamente in un dato momento può liberarsi un gas tossico, debba considerarsi, se la scatola non viene aperta affinché un osservatore verifichi lo stato dell’animale, contemporaneamente vivo e morto. La summa – da cui il paradosso – dei massimi contrari pensabili.

La prima reazione di chi si trova di fronte a una scatola chiusa è probabilmente quella di immaginarne il contenuto. Per compiere questa azione ciascuno attinge alle proprie esperienze, reali o fantastiche. Tira in ballo, quindi, il proprio immaginario, del quale la scatola si fa simbolicamente contenitore. Ma la scatola è anche promessa, rappresenta la possibilità di poter andare oltre, di svelare qualcosa che ancora non si conosce.

Ecco allora che la scatola risponde alle sollecitazioni dell’immaginario in molteplici modalità. Può aiutare a organizzarlo, sia metaforicamente tramite le operazioni di ordinamento che spesso ci si trova a operare su esperienze e conoscenze, sia fisicamente, permettendo di riporre oggetti, organizzare collezioni, sistemare inventari. Ma può anche funzionare da stimolo per ampliarlo, suggerendoci di andare ad aprire scatole, vere o simboliche che siano, di confrontarci con qualcosa di ignoto che diviene poi noto e nei cassetti delle nostre esperienze, nelle stanze del nostro immaginario, va collocato.

Una scatola chiusa che non può o non deve essere aperta è anche una tentazione, amplifica a dismisura la curiosità fino a renderla intollerabile. Ne sanno qualcosa i bambini di fronte a pacchi di regali dei quali va posticipata l’apertura, oppure le donne de la novella Le sottilissime astuzie di Bertoldo, contenuta nella celebre raccolta seicentesca Bertoldo Bertoldino e Cacasenno5, di Giulio Cesare Croce e Adriano Banchieri.

Bertoldo Bertoldino e Cacasenno

Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno, Giulio Cesare Croce, Camillo Scaligeri Della Fratta, BUR

Nel racconto si narrano le imprese dell’astuto contadino Bertoldo alla corte del re longobardo Alboino. Bertoldo è furbo, acuto benché rozzo e cava d’impaccio in più circostanze il sovrano. Quando ad esempio le donne nobili del regno, in accordo con la regina, scrivono al re una lettera nella quale si dichiarano pienamente capaci, come i loro mariti, di amministrare e governare la città e richiedono il diritto di partecipare al Senato, Alboino per convincerle ad abbandonare il proposito si affida alle astuzie di Bertoldo.

Questi consiglia di far recapitare alle nobildonne una scatola con l’ordine di non aprirla fino all’indomani, e di portarla così intatta al re. Il sovrano dovrà dichiarare di essere disposto ad accogliere le richieste delle signore, ma solo dopo aver ricevuto serrato e intonso il contenitore affidato loro. Rimaste sole con la scatola, le donne non riescono a tener a bada la curiosità, che diviene subito morbosa.

Partite che furono le dette femine dalla Regina, gli venne gran desiderio di vedere quello

ch’era in detta scatola e cominciarono l’una con l’altra a dire: “Vogliamo noi veder quello che si

rinchiude qui dentro?” Altre dicevano: “Non facciamo, perché abbiamo espressa commissione di

non aprirla, perché forsi v’è dentro qualche cosa importante per il Re”. “Che cosa vi può egli essere?

– dicevano le più curiose – e poi se noi l’apriamo non sapremo ancora serrarla com’ella sta? Sì, sì, apriamola pure e siaci dentro quello che si voglia.

All’interno del cofanetto è custodito un uccellino che, non appena sollevato il coperchio, spicca rapido il volo dileguandosi. Impossibile per le donne celare la loro cattiva azione, impossibile ingannare il re facendogli credere di non aver disubbidito al suo ordine.

Gabbate dalla loro stessa curiosità, fornito in tal modo al sovrano l’appiglio per dubitare del loro autocontrollo, necessario per governare un regno, alle nobili non resta che tornare sui propri passi e dimenticare il proposito di partecipare all’amministrazione cittadina.

Se l’istinto di aprire le scatole si è rivelato ben nocivo per le intraprendenti signore di Giulio Cesare Croce, lo stesso non si può dire per i bambini piccoli che, al contrario, traggono dal gioco di alzare coperchi, spalancare ante o, per restare nel campo dei libri, sollevare alette molti stimoli cognitivi e rassicurazioni emotive utili alla crescita.

Si tratta di tutte quelle attività che prendono spunto dal “gioco del cucù”, che può declinarsi nel classico celare con le mani e poi scoprire un volto noto, ma anche nel nascondere e poi ritrovare un oggetto, nello scoprirlo e poi riscoprirlo più volte all’interno di una scatola oppure nel riconoscere un’illustrazione dietro le finestrelle cartonare di un albo.

Oltre a un divertimento questo è per il piccolo anche un importante esercizio di valenza psicologica che lo porta a rappresentare, e quindi imparare a gestire, in un terreno protetto, una delle prime paure con cui si trova a fare i conti: la separazione dalle persone care o dagli oggetti fonte di sicurezza.

Comprendere che ciò che sparisce poi ritorna è un passo decisivo per il bambino piccolo: consapevolezza che getta le basi per affrontare con serenità brevi assenze dei genitori. Successivamente il bimbo si fa egli stesso artefice di sparizioni, celando oggetti o nascondendosi, per poi ritrovarli o farsi ritrovare, testando così la sua padronanza di sicurezze che vanno via via consolidandosi per contribuire alla costruzione dell’autonomia. Inoltre il gioco del celare e dello scoprire è gratificante traendone il bambino piccoli sussulti di curiosità, allegri moti di stupore, importanti conferme sulle sue previsioni, potendosi sentire sia padrone delle sparizioni che rassicurato e allietato dalle ricomparse. È una palestra cognitiva ed emotiva che gli permette di sperimentarsi, ricordare, associare, prevedere.

La gamma di pubblicazioni per la prima infanzia che si basano su tale costruzione è vastissima e vorrei qui limitarmi a citare due albi che con le scatole, e la loro apertura, hanno molto a che vedere. Due opere da definire classiche sia perché tra le prime a essere concepite secondo una logica di reale interazione “fisica” tra libro e lettore, sia perché nate dalla mano e dalla fantasia di un autore che ha fatto della sperimentazione cartotecnica, finalizzata a un rapporto con l’albo sensoriale e attivo – e quindi coinvolgente –  una delle colonne portanti della sua vasta e importante produzione nell’ambito della letteratura per l’infanzia: Bruno Munari.

Munari si ribella ai tipici libri per l’infanzia del suo tempo, quelli con tanto testo e poche illustrazioni, ritenendo che con le ampie possibilità che l’industria tipografica cominciava a fornire – pieghe, carte, tagli, fori, fustellature – c’erano altri modi di comunicare.

Ecco, il libro è fatto anche di comunicazione visiva, di comunicazione attraverso i sensi, oltre che con la parola e con la vista. (…) Nei miei libri il protagonista è il bambino stesso che guarda, che entra nella nebbia, che guarda la giraffa attraverso il buco della pagina, che apre la porta: dentro i libri ci sono molti personaggi e molte storie semplici ma curiose, però nessun protagonista. È il bambino che si deve sentire protagonista. 6

Si tratta di due albi che fanno parte di una serie uscita nel 1945 per l’editore Mondadori, nella collana I libri di Munari. Fu quello un periodo in cui l’autore si cimentò molto prolificamente con la produzione di libri per l’infanzia, in cui l’essere diventato da poco padre lo stimolò e gli offrì la possibilità di sperimentare in famiglia le sue idee e i suoi progetti.

L’uomo del camion7 e Toc Toc. Chi è? Apri la porta8 si presentano con la semplice veste di fascicoli di leggero cartoncino. Privi di risguardi e frontespizi, la copertina è di fatto l’unica vera pagina del libro, che va a contenere altri elementi cartacei più piccoli, di dimensioni decrescenti, inseriti l’uno nell’altro. Con una sorta di meccanismo “a matrioska” si crea un contenitore di sorprese che chiamano il lettore bambino a interagire, a farsi protagonista in linea con la poetica munariana.

Il primo sfoggia in copertina un gran pacco bianco e rosso: un dono di compleanno che l’uomo del camion è impaziente di consegnare al figlioletto. Ma il tragitto è lungo e impervio e ad ogni sollevar di aletta si scopre un guasto o un contrattempo che costringe l’uomo ad abbandonare il mezzo in uso cacciando fuori da esso un veicolo più piccolo col quale continuare il viaggio, sempre col pacchetto rosso saldo in mano. Così da camion in automobile, da automobile a motocicletta, da motocicletta a bicicletta…il povero papà finisce per giungere a casa scalzo.

Interni L'uomo del camion

L’uomo del camion, Bruno Munari, Corraini

Ma cosa c’era in quel pacchetto?” Finalmente il lettore può soddisfare la curiosità che, sotto il velo del divertimento per l’avventura carambolesca, è rimasta lungo tutto il libro a solleticare la lettura.

Un gioco simile è proposto in Toc toc. Chi è? Apri la porta. Qui si tratta di aprire, dischiudendo finestrelle di cartoncino, casse, valigie e pacchi che contengono animali di dimensioni decrescenti. Si parte da una giraffa per giungere fino a una minuscola formica, ad ogni passaggio un animale viene mostrato e nominato e il lettore è invitato ad “aprire” il contenitore seguente.

Interno Toc Toc

Toc Toc. Chi è? Apri la porta, Bruno Munari, Corraini

Le scatole che Munari inventa e crea nei suoi libri offrono a chi le apre la possibilità di essere concretamente attivo nella lettura; questa non è più soltanto decodifica di un testo (o di un’immagine) ma diviene azione, partecipazione a una narrazione che si dipana grazie a un determinato gesto.

Nella lettura di un albo illustrato il ruolo del lettore è fondamentale, proprio perché il suo intervento è necessario alla costruzione del senso. Questo non soltanto perché – per dirla con Eco – egli colmando gli “spazi bianchi” provvede ad aggiungere il plusvalore di significato necessario al testo, ma anche perché sovente il suo intervento fisico fa scattare il meccanismo narrativo necessario al completo dipanarsi della storia, a partire dal semplice, e in apparenza banale, atto di voltare pagina.

Passare da una doppia facciata alla successiva ha in un albo una valenza molto diversa, e molto più pregnante, di quella che la stessa azione assume durante la lettura di un testo di narrativa. Barbara Bader nel definire l’oggetto picturebook sottolinea come il suo funzionamento si basi e sia imprescindibile dall’atto di voltare la pagina:

As an art form it [the picturebook] hinges on the interdependence of pictures and words, on the simultaneous display of two facing pages, and on the drama of the turning of the page 9

In un certo senso l’atto di voltare la pagina, che in un albo illustrato non significa soltanto proseguire con la lettura ma implica uno speciale senso dell’attesa e della scoperta, può essere assimilato, in termini funzionali e emotivi, all’azione di aprire una scatola della quale si ignora il contenuto.

L’atto del voltare costruisce un rapporto fra immagine, testo e narrazione, fra ciò che della storia si sa e ciò che sta per accadere, creando un principio di interazione tra libro e lettore, un patto a cui il lettore accetta di sottostare. (…) Il trovarsi tra due stati genera un effetto di piacere, che in qualche modo corrisponde al senso di scoperta, di viaggio, delle infinite possibilità che questa sospensione della narrazione può generare. 10

Girando pagina, come aprendo una finestrella, sollevando un’aletta, si maturano delle aspettative che possono essere soddisfatte o disattese. Molti albi sono costruiti proprio per porre una domanda alla quale viene data risposta, in termini più o meno imprevedibili, accedendo alla doppia pagina successiva. Come avviene di fronte a un contenitore serrato quando ci chiediamo cosa ci sia dentro e per scoprirlo non resta che aprirlo.

Nell’albo 31 Boites11 Cécile Boyer organizza sessantadue doppie facciate per raccontare i contenuti di trentuno scatole. A ciascun contenitore è dedicata una sequenza di due doppie pagine. In quella di sinistra si trova una domanda, sempre la stessa, che poi altro non rappresenta che l’invito a voltar foglio, a scoprire un contenuto: “Cosa c’è dentro questa scatola?”. La forza del libro sta nel riuscire a stupire evitando un risultato didascalico al quale un simile canovaccio potrebbe facilmente sottendere. Infatti, al momento di disvelare ciò che è chiuso all’interno delle scatole, mentre le figure, in stile pulito, netto, essenziale, dalla marcata bidimensionalità, mostrano chiaramente gli oggetti, le parole fanno da contrappunto nominando, e quindi evocando, ciò che è oltre, ciò che appartiene all’esperienza dell’oggetto, all’emozione, al vissuto, alla relazione.

Così dentro una scatola della pizza è contenuta “una partita alla televisione”, dentro il cofanetto per gli ami da pesca si trova “una mattina tranquilla sulla riva” e nella cassetta degli attrezzi c’è un “pericolo per le dita”.

Interni 31 boites

31 Boîtes, Cécile Boyer, Albin Michel Jeunesse

Ecco che la scatola non è più un contenitore di cose, ma una volta dischiusa riesce a liberare sensazioni che appartengono ai territori dell’intimo e alla sfera del personale. L’oggetto è un ponte, ciò che viene racchiuso, serbato, collezionato, acquistato o ritrovato ha, o ha avuto, una funzione nel quotidiano, un ruolo che si ricollega a uno stato emotivo, a un episodio trascorso, a un ricordo, ed è quello che viene richiamato nel momento in cui il coperchio si solleva. Ancora secondo Ilaria Tontardini:

Alla scoperta e all’assunzione dello sguardo dell’autrice, il senso del passare da una pagina all’altra cambia completamente: nello spazio tra una doppia all’altra di deve scoprire cercando non più una corrispondenza ma un proprietario, un’azione, ipotizzando soluzioni per poi confrontarsi con l’autrice, ascoltare la sua versione, vedere se coincide con la propria. E poi magari andare ad aprire tutte le scatole che si hanno in casa, alla ricerca di altri frammenti di narrazioni. 10

Dalla scatola disegnata, quindi, a quella reale, dalla storia scritta su carta alla propria storia.

Un parallelo tra oggetto e narrazione si può azzardare anche per quanto concerne il meccanismo delle scatole cinesi e alcune tipologie di libri che, come quelli già illustrati di Munari, vi prendono spunto.

Le scatole cinesi sono dei contenitori di grandezza decrescente inseriti l’uno nell’altro, aperta la prima è necessario sollevare via via tutti i coperchi per scoprire un contenuto eventualmente nascosto nella più piccola. Un meccanismo che indubbiamente amplifica la curiosità della scoperta finale e le congetture sono costrette a cambiare al variare delle dimensioni delle scatole che in successione vengono aperte.

È ciò che accade nell’albo Una scatola gialla12 dell’autore fiammingo Pieter Gaudesaboos, che dà vita a tavole caratterizzate da un affascinante equilibro cromatico giocato allo stesso tempo sull’assonanza e sul contrasto, in una composizione originale.

La storia è semplice e accattivante: un’enorme scatola gialla, tanto grande da dover essere inizialmente trasportata da un aeroplano, viene scaricata dal velivolo e imbarcata su una nave, sotto lo sguardo attento del comandante che, valutate le dimensioni, immagina che contenga un elefante. Durante la traversata la cassa si rompe rivelando al suo interno un’altra scatola gialla, identica alla prima, solo più piccola. Quando questa dall’imbarcazione viene trasportata su un treno, stesso copione: il macchinista ipotizza contenga un rinoceronte.

Interno Una scatola gialla

Una scatola gialla, Pieter Gaudesaboos, Sinnos

E così via, di rottura in rottura ogni cassa ne scopre una di grandezza minore. Ogni volta un personaggio fantastica sul possibile contenuto. Fino alla sorpresa finale che, ovviamente, deve esserci, per dare un senso al pathos generatosi e gratificare il lettore, assicurandogli quel guizzo di stupore che ha ricercato durante la lettura.

Le operazioni mentali che il bambino è chiamato a compiere durante una lettura siffatta sono molteplici e complesse. Partendo dall’ esperienza senso-motoria egli deve chiamare in causa le abilità simboliche e rappresentative arrivando a strutturare un ragionamento logico che lo porti ad ordinare, classificare e mettere in relazione. D’altra parte leggere, come giocare, è un impegno di tutto rispetto per una piccola mente in crescita!

Tornando ancora al motivo della scatola, è presumibile che il bambino trovi in essa, con la sua promessa di sorpresa, il gusto tutto speciale del dono. Un’eco gioiosa che rimanda alla felicità dei compleanni, o del Natale, quando egli è al centro delle attenzioni e delle premure. Nulla di più allettante che scartare il pacchetto colorato, sciogliere il nastro, lacerare la carta, mente la fantasia congettura sul contenuto fremendo nella speranza di trovare il gioco desiderato.

Immaginare il contenuto di un regalo, ancor prima che esso possa essere rivelato, è un esercizio nel quale la fantasia scatenata dell’infanzia può sbizzarrirsi, sfidare l’impossibile senza freni né ancore, svelando nell’atto di sognare desideri e bisogni, moti dell’anima e necessità.

In quel ricco catalogo di doni bizzarri ed estrosi che è Il libro dei regali straordinari13  viene illustrato un campionario di desiderata che pur essendo surreale e divertente risponde alla voglia di indipendenza e di avventura, alla brama di crescere e, insieme, di restare un po’ bambini, al bisogno di socialità o di intimità, alla sete di conoscenza ed esplorazione, alla volontà di affrontare le paure, di sapersi difendere, di poter incidere sulla realtà intorno che è grande e può spaventare.

Sfogliare le pagine immaginando di poter scartare un pacco che riveli all’interno un paio di scarpe per camminare sulle pareti, o una penna che sa tutto, o un passaggio segreto che si adatti ad ogni tipo di muro, o ancora un comodino mangia-mostri, o un missile per viaggiare nello spazio è fonte di spasso ma anche stimolo per pensare storie o imprese, calarsi nei panni dell’utilizzatore del magico utensile oppure chiedersi quale regalo straordinario voler aggiungere alla lista.

Interno Libro dei regali straordinari

Il libro dei regali straordinari, Nathalie Choux, Élisa Géhin, Mandana Sadat , Rémi Saillard, EDT-Giralangolo

I libri-catalogo che, come questo, sconfinano nel fantastico muovendo da elementi o situazioni note e reali hanno il pregio di fornire all’immaginario un modus operandi che poi può essere applicato in altri ambiti fornendo alla mente quell’apertura che è poi risorsa attiva nell’osservare e modificare il reale, cioè la base della creatività.

La creatività è stimolata da contaminazioni frequenti, nell’abito dell’immaginario, tra rielaborazioni di esperienze reali e di esperienze fantastiche: più siamo capaci di arricchirci su entrambi i piani più sarà concreta la nostra capacità di trovare soluzioni originali e inventive.

Sul tema del dono e delle speculazioni fantasiose che un bambino può compiere di fronte a un pacco che non può essere scartato nell’immediato ci sono due albi che viene spontaneo, per il canovaccio simile, mettere a confronto. Si tratta di Il Regalo14 di Bob Gill e di Sorpresa!15 di Isol. In entrambi i libri il bambino protagonista trova in un armadio un pacco infiocchettato nascosto e immagina sia il regalo per il suo compleanno. Sia Arturo che Nino si lanciano in ipotesi ma mentre il primo si mantiene su binari più realistici – sarà un trattore o una barca a vela giocattolo? Della cioccolata o un orsacchiotto – il secondo, seguendo lo stile mosso e scanzonato dell’autrice, osa congetture più ardite: può trattarsi di un elefante, di una piramide azteca o un orso?

Tutti e due gli albi riportano una carrellata di ipotesi-desideri. L’indagine del personaggio di Bob Gill tira in ballo le esperienze passate, le relazioni, i progetti e le speranze per il futuro; sono brevi frasi che raccontano qualcosa del mondo del bambino. Ciò che si immagina, infatti, è sovente ancorato al substrato di appartenenza: si può desiderare ciò che si è visto, ciò che soddisfa una competenza acquisita, oppure ci si aspetta un oggetto perché si conosce chi ce lo regala, perché si è instaurato un legame.

Interno Il regalo

Il Regalo, Bob Gill, Corraini

(Osservazione che può suggerire due impegni per l’educatore, opposti ma collegati: da un lato l’importanza di incoraggiare nell’infanzia l’espressione di desideri personali, unici, frutto di immaginari e sensibilità differenti, dall’altro l’attenzione nel combattere omologazioni dovute sovente ai mezzi di comunicazione, alla pubblicità, alla rete, che creano bisogni tutti uguali là dove forse non ce ne sarebbero neppure).

Nino di Isol non si limita a immaginare: come molti bambini che necessitano la sperimentazione, preferisce un approccio attivo e, per indovinare il contenuto del suo regalo, lo solleva, lo scuote, lo agita, lo fa rotolare.

Interno UNO Sopresa

Sorpresa!, Isol, Logos

Dopo tanto fantasticare come può un contenuto specifico – un oggetto in atto che non è più, in potenza, tutto il desiderabile – essere all’altezza?

Sia Isol che Bob Gill riescono nei loro finali a ovviare a questo problema ma mentre il primo lo fa in un modo che narrativamente funziona ma rischia di risultare poco affine allo spirito infantile, la seconda riesce a chiudere con un messaggio intelligente e importante, con un omaggio al potere dei libri e della lettura.

Interno DUE Sopresa

Sorpresa!, Isol, Logos

Cosa è infatti un libro se non un meraviglioso contenitore di storie, una scatola di carta, parole e, talvolta, figure, in grado di contenere interi mondi? Come abbiamo esposto, una scatola chiusa può essere un contenitore per infinite possibilità fintanto che non viene aperta, ma dopo la molteplicità di possibili è costretta a convergere su una definita realtà. Un libro invece, anche una volta aperto, anche una volta letto, resta uno spazio espanso, una finestra, un armadio di Narnia, un binario nove e tre quarti, in grado di permettere l’accesso ad altre realtà.

In un’intervista su L’Unione Sarda, in occasione del festival cagliaritano Tuttestorie, l’autore francese Timothée de Fombelle dichiara:

La chiave delle mie narrazioni è la ricerca di un’apertura che consenta di recuperare la purezza dell’immaginario infantile, che si è corrotta con la crescita, ma che talvolta sopravvive in sogni e fiabe. La difficoltà per lo scrittore è quella di catturare il risultato dell’esperienza e racchiuderlo in una scatola, il libro. 16

Il libro è quindi un contenitore di storie con una speciale uscita di sicurezza: quella luce in fondo al tunnel dell’esperienza che mette in comunicazione realtà e fantasia, che assiste e coadiuva la formazione di un immaginario composito grazie al quale non si rifugge dalla realtà ma la si impara a conoscere e a modificare anche tramite il potere dell’immaginazione.

Realtà e fantasia sono scatole che nei libri continuamente comunicano. Ed è ancora De Fombelle, nel suo ultimo romanzo Il favoloso libro di Perle17 – dove scatole, casse e valigie contengono la magica collezione che costituisce un ponte tra il mondo reale e il regno delle fiabe – a esortare a credere nella forza degli universi letterari, a difendere la meraviglia generata dalle opere di immaginazione e lasciarla germogliare. Questo non è peccato di ingenuità, ma un grande atto salvifico che aiuta a rivedere e rimaneggiare il reale, introducendo in esso la creatività e la fantasia, le vere armi che abbiamo per incidere e modificare il mondo.

BIBLIOGRAFIA

1. Non è una scatola, Antoinette Portis, Kalandraka, 2011
2. Sulla Collina, Linda Sarah, Benji Davies, EDT-Giralangolo, 2014
3. Re Valdo e il drago, Peter Bently, Helen Oxenbury, Il Castoro, 2015
4. Grazie amico orso, Greg Foley, Il Castoro, 2009
5. Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno, Giulio Cesare Croce, Camillo Scaligeri Della Fratta, 2013, BUR
6. Viaggio ai confini del libro. L’anniversario di Bruno Munari, articolo di Loredana Farina, da LiBeR 76
7. L’uomo del camion, Bruno Munari, Corraini, 2004
8. Toc Toc. Chi è? Apri la porta, Bruno Munari, 2003, Corraini
9. American Picturebooks from Noah’s Ark to the Beast Within, Barbara Bader, Macmillan Pub Co, 1976
10. Meccaniche celesti: come funziona un albo illustrato, Ilaria Tontardini, in A occhi aperti. Leggere l’albo illustrato, Hamelin, Donzelli, 2012
11. 31 Boîtes, Cécile Boyer, Albin Michel Jeunesse, 2011
12. Una scatola gialla, Pieter Gaudesaboos, Sinnos
13. Il libro dei regali straordinari, Nathalie Choux, Élisa Géhin, Mandana Sadat , Rémi Saillard, EDT-Giralangolo, 2011
14. Il Regalo, Bob Gill, Corraini, 2010
15. Sorpresa!, Isol, Logos, 2012
16. I libri? Una scatola in cui contenere i sogni, articolo di Manuela Arca, da L’Unione Sarda del 12-10-2015
17. Il favoloso libro di Perle, Timothée de Fombelle, Mondadori, 2015

sull'autore

Federica Pizzi

Autrice e curatrice del blog Libri e Marmellata, si occupa attivamente di promozione della lettura sul territorio e sul web. È tra le ideatrici e le organizzatrici della manifestazione di lettura ad alta voce Flashbook letture a ciel sereno, partecipa ad eventi di formazione, coordina un gruppo di lettura per adolescenti.