Fratellino e Sorellina

Lasciateli giocare! I fratelli e i giochi dalla mattina alla sera

Written by Valeria Bodo

Sono una sorella maggiore e questa condizione mi ha donato, durante l’infanzia, il diritto di guidare mio fratello nei nostri giochi, ma anche il dovere di creare momenti in cui entrambi ci divertissimo.

Uno dei nostri giochi preferiti era il seguente.

Nome del gioco: Il Forno

Occorrente: tutti i cuscini che riuscite a trovare in casa

Numero giocatori: due

Durata: tra i 5 e i 10 minuti.

Si sceglie chi tra i due partecipanti sarà il Cuoco e chi il Pollo.

Il Pollo dovrà lasciarsi cucinare: il Cuoco non lesina trattamenti speciali (la carne dei fratelli polletti, si sa, è un po’ dura). Sono previste dosi di solletico e pizzicotti per intenerire la carne e far penetrare le spezie e il sale. Il Pollo deve continuare a fare il pollo, senza vita né reazioni, ovviamente cercando di contenere le risate.

Pronto per infornare, il Cuoco stende tutti i cuscini trovati in casa sulla pietanza e si siede sulla pila per rendere migliore la resa del calore. Et voilà! Polletto croccante e gustoso, pronto per essere affettato e mangiato!

Una volta gustato il manicaretto, il Cuoco si trasforma in Pollo e viceversa.

Sebbene i cuscini stropicciati su tutto il corpo ci sovrastassero e ci schiacciassero, erano le risate a toglierci il respiro durante quei giochi così innocui, copiati dai gesti rituali della mamma che cucinava nella stanza accanto.

L’essere in due ci ha permesso di non annoiarci mai. Abbiamo imparato a farci i dispetti senza farci (troppo) male, a rispettarci e a rispettare le regole; in quei momenti di gioco con il fratello minore scatenavo la mia creatività e fantasia per inventare ogni tipo di divertimento con quello che trovavamo in casa. Mio fratello, sebbene più piccolo, mi teneva testa in tutti i giochi di abilità e logica e in quei lunghi pomeriggi ha imparato molto sull’attenzione e sulla benevolenza verso il mondo femminile fatto di noiose sessioni di acconciature per capelli di bambola.

Giochi di bambini, Pieter Bruegel il Vecchio, 1560 - Kunsthistorisches Museum, Vienna

Giochi di bambini, Pieter Bruegel il Vecchio, 1560 – Kunsthistorisches Museum, Vienna

Il momento del gioco è una finestra che ci permette di entrare in punta di piedi nella vita del bambino e di coglierlo in momenti di crescita o di sperimentazione. Molti artisti tra cui Bruegel, Renoir, Munari lo hanno raccontato e rappresentato; nella letteratura per l’infanzia questa finestra è sempre aperta e molti autori l’hanno usata per raccontare le relazioni, gli scambi e le evoluzioni della vita dei bambini nei loro gruppi di gioco.

 

Giocare tra fratelli è un’avventura

Il primo gruppo di gioco è spesso proprio quello costituito da fratelli minori e maggiori, cugini, bambini della porta accanto. Ogni avventura per un gruppo di bambini si trasforma in un gioco, e viceversa ogni gioco è il principio di una piccola impresa, da condividere e in cui sentirsi uniti e più forti.

Hurricane, David Wiesner - Clarion Books, 1990

Hurricane, David Wiesner – Clarion Books, 1990

Un evento grandioso come il passaggio di un uragano può spaventare un bambino, ma se si ha accanto un fratello minore da consolare e proteggere, o al contrario uno maggiore che ci incoraggia, può prendere la forma di un’avventura.

La tempesta si abbatte di notte a casa di George e David: sotto le coperte i due fratelli sono spaventati ed eccitati e si chiedono cosa stia accadendo fuori. Ascoltano gli ululati del vento ben protetti dalle mura e rassicurati dalla luce di una lampada d’emergenza.

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«Do you think anything awful has happened outside?» David asked.

«Who knows? We’ll see tomorrow», George replied.

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«Pensi che sia successo qualcosa di terribile fuori?» chiese David.

«Chi lo sa? Vedremo domani», rispose George.

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Il giorno seguente, uno dei due possenti olmi del loro giardino è a terra, abbattuto. I rami frondosi sono una cortina che ripara dal mondo esterno e crea per i fratelli un rifugio dove far germinare storie: la fitta foresta di una giungla, la prua di un galeone, un’astronave spaziale sono gli scenari che nascono attorno al tronco sdraiato.

I giochi tra i due fratelli protagonisti dell’albo di David Wiesner suonano come l’eco di quelli che l’autore faceva da bambino, nella periferia del New Jersey dei primi anni Sessanta, in un’area molto popolata da bambini di tutte le età, come racconta in questa intervista:

Peter e Judy, al contrario, sono annoiati, nulla scatena il loro entusiasmo. Hanno riversato sul pavimento tutti i loro giocattoli, ma anche l’eccitazione dell’essere soli in casa presto lascia spazio al tedio. Quando ai piedi di un albero nel parco trovano una scatola piatta e lunga, Judy è decisa a portarla a casa e a iniziare una partita col fratello. Ai due fratelli occorre una vera avventura, una situazione adrenalinica e tangibile, che li faccia sentire di nuovo felici di giocare e di condividere l’esperienza insieme.

“Gratuito, svago per molti ma non per tutti. P.S.: Leggere attentamente le istruzioni.”. Per due che si annoiano così facilmente, leggere attentamente le istruzioni di un gioco non è una pratica prevista, purtroppo.

Jumanji, Chris Van Allsburg - Logos, 2013

Jumanji, Chris Van Allsburg – Logos, 2013

 

Nome del gioco: Jumanji, Avventure nella giungla

Occorrente: il gioco da tavola Jumanji nella sua versione originale, trovata ai piedi di un albero.

Numero giocatori: almeno 2

Durata:Molto importante: una volta iniziata, una partita a Jumanji non può terminare finché un giocatore non raggiunge la città dorata”.

I giocatori si sfidano in un gioco di percorso a chi raggiungerà per primo l’ultima casella, la Città Dorata. Gli imprevisti nascosti nel tabellone non sono soltanto evocativi: bisogna essere pronti a vedersela con leoni, scimmie, acquazzoni che si materializzano improvvisamente in casa, direttamente dall’Africa equatoriale. Attenzione agli oggetti fragili in casa e alle scorte di cibo a vista.

 

I giochi fanno crescere

Astrid Lindgren ebbe un’infanzia felice e spensierata, di corse e giochi all’aperto tra i meli della fattoria dove abitava nel sud della Svezia. I giochi nei prati con i suoi tre fratelli ispirarono la creazione di personaggi e situazioni in cui i bambini protagonisti, spesso gruppi di fratelli, nel gioco crescono insieme, tessono relazioni, sfidano i propri limiti e diventano grandi.

Le avventure di Emil e Ida si svolgono a Lönneberga, nel sud della Svezia, in una fattoria circondata da meli e lillà che assomiglia a quella in cui crebbe la Lindgren. Emil è un monello di cinque anni e sembra già conoscere tutti i limiti imposti dai genitori: nei suoi giochi li sovverte tutti, coinvolgendo la sorellina ignara del risvolto pericoloso delle loro avventure.

Nel gioco Emil vuole “comandare a bacchetta madre, padre, tutta la fattoria e, perché no, il villaggio intero” e ad ogni avventura rimarca la sua autonomia di bambino che cresce e si impone a un mondo di regole dei grandi. Si prende cura della sorellina a modo suo: le costruisce capanne e le compra dolcetti; anche quando mette a rischio l’incolumità della piccola, lo fa per darle l’occasione di comportarsi e sentirsi “grande”. Ma Emil sa bene che in questo modo avrà sovvertito nuovamente l’autorità adulta e si sentirà anche lui stesso nuovamente un po’ più grande.

Nome del gioco: la Bandiera

Occorrente: l’asta di una bandiera, un gancio e una corda, un bel paesaggio da ammirare

Numero giocatori: 2

Durata: il gioco termina quando un adulto si accorge che non è una bandiera a sventolare

Si prende un bambino piccolo e leggero, tra i 3 e i 5 anni, lo si lega bene al gancio dell’asta di una bandiera e lo si ammaina fino alla cima. Il piccolo potrà così avere una visuale completa del paesaggio di fronte, oltre a far finta di essere una bandiera sventolante.

 

Lotta combinaguai, Astrid Lindgren, illustrazioni di Beatrice Alemagna - Mondadori, 2015

Lotta combinaguai, Astrid Lindgren, illustrazioni di Beatrice Alemagna – Mondadori, 2015

Riuscire a giocare con i fratelli più grandi per i protagonisti della Lindgren significa essere riconosciuti come pari, con uguale forza e dignità.

Lotta è la più piccola della famiglia, ha “quattro anni e qualcosa”; Jonas e Mia-Maria, i fratelli maggiori spesso non hanno alcuna intenzione di giocare con lei.

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Io e Jonas giochiamo e giochiamo e giochiamo dalla mattina alla sera, proprio così, e quando sono giochi che può fare pure Lotta lasciamo partecipare anche lei. Ma a volte giochiamo ai pirati e allora ci dà solo fastidio, perché non fa altro che cadere del tavolo che usiamo come nave.

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Ma Lotta non rinuncia a giocare con i fratelli più grandi, impone la sua presenza e guadagna un ruolo, anche se non sempre vantaggioso.

Nome del gioco: l’Ospedale

Occorrente: un letto, un cucchiaio, fogli per le prescrizioni, spago, un ago da rammendo.

Numero giocatori: almeno due, un Medico e un Malato

Durata: il tempo di guarire

Si sceglie chi sarà il Malato e chi il Medico.

Il Medico deve visitare il Malato medicando le ferite, osservando le tonsille e curando il tutto con una puntura. Dopo l’accurata visita il Medico, se sa scrivere, rilascia al Malato la prescrizione.

Vacanze all'isola dei gabbiani, Astrid Lindgren, illustrazione di copertina di Grazia Nidasio - Salani, 1994

Vacanze all’isola dei gabbiani, Astrid Lindgren, illustrazione di copertina di Grazia Nidasio – Salani, 1994

In Vacanze all’isola dei gabbiani, Martina di Poggio di Giugno, Il libro di Bullerby i giovani protagonisti hanno la fortuna di non avere barriere nello spazio e nel tempo, se non quelle naturali del giorno che scorre. Tra i fiordi del mare svedese o tra i campi liberi, i bambini dei romanzi della Lindgren costruiscono la loro personalità nella relazione del gruppo di gioco fatto di fratelli e vicini.

I due fratelli Annika e Tommy trovano in Pippi Calzelunghe una capogruppo, una finestra verso un’infanzia giocosa che non avevano conosciuto fino a quel momento. Prima di Pippi le loro giornate scorrono nella sola speranza che qualcosa possa accadere, mentre “(…) se ne stavano come al solito a fissare tristemente la strada attraverso le sbarre del cancello”. Ciò che manca è una “sorella maggiore” che permetta loro di fare esperienze rivoluzionarie, sovversive, lontane dal loro ruolo di bravi bambini.

Sebbene Pippi sia incredibilmente ricca e fuori dal comune, il primo gioco con Annika e Tommy è semplicissimo, quasi banale: diventano cercatori di tesori, piccoli oggetti su cui inciampare casualmente. Pippi, che esprime l’infanzia creativa e ricca di immaginazione, vede in un semplice barattolo arrugginito un trofeo; raccoglie e restituisce ai due fratelli occhi nuovi da bambino per osservare nuovamente ciò che li circonda. Ma allo stesso tempo Pippi si propone anche come una compagna matura: nasconde due tesori veri nei tronchi di due alberi e permette ai due bambini di ritrovarli “casualmente”, regalando loro soddisfazione, fiducia e riconoscenza.

 

Piccoli e grandi giocano insieme

A differenza dei gruppi di gioco in asilo o a scuola, divisi sempre più rigidamente anche nei momenti della ricreazione in classi dello stesso anno di nascita, nei gruppi familiari si mescolano facilmente le età dei bambini, creando dinamiche naturali e vantaggiose sia per i piccoli che per i grandi.

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Nei gruppi d’età mista, i bambini più piccoli possono svolgere e apprendere attività che sarebbero troppo complesse, difficili o pericolose se vi si dedicassero da soli o esclusivamente con dei coetanei.

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A pensarla così è Peter Gray, psicologo evoluzionista che ha approfondito nei suoi studi la funzione del gioco nello sviluppo cognitivo del bambino. Nel libro Lasciateli giocare, edito da Einaudi nel 2015, spiega come, attraverso il libero gioco in gruppi di bambini di età mista, proprio grazie alla mancanza di uniformità anagrafica, ogni membro riceve un vantaggio dal gioco e dall’interazione con gli altri.

Come Peter, il fratellino di Jumanji, ma anche Lotta e Ida, i minori vengono incentivati a sperimentarsi in giochi più complessi di quelli a cui sarebbero portati, imparano osservando i loro compagni di gioco più esperti, si sentono coinvolti emotivamente in un’attività che non li esclude, e che anzi li può far sentire in alcuni casi accuditi e sostenuti.

I più grandi, ad esempio Emil, nel gioco hanno spesso il ruolo di conduttori: questo garantisce loro piccole responsabilità che possono aumentare l’autostima. Inoltre apprendendo loro stessi mentre insegnano ai più piccoli, migliorano la loro creatività, sono propositivi e pazienti. I ragazzini più timidi o quelli irrequieti davanti a bambini più piccoli possono assumere il ruolo di leader con il perfetto polso della situazione: lì dove è necessario possono arrivare a sbrogliare liti, dare la giusta importanza e attenzione a ognuno, dividere equamente i ruoli e coordinare il gruppo.

Gray critica la rigidità con cui si tengono separate, anche nei momenti di svago, le età dei bambini:

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Oggi tantissimi bambini trascorrono un’infinità di tempo, a scuola e fuori da scuola, in ambienti dove hanno poche occasioni di giocare con qualcuno che abbia come minimo un anno in più o in meno di loro.

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I bambini hanno naturalmente un istinto verso il gioco. Anche nei gruppi di cuccioli di mammiferi e in alcuni uccelli si è studiata a lungo l’esperienza ludica, interpretandola come un’attività che offre ai piccoli diverse modalità di conoscenza di sé e delle proposte dell’ambiente. Il gioco tra fratelli, come ogni tipo di gioco in gruppo, allena alla crescita e può diventare, lì dove li si lascia sperimentare con fiducia, un ottimo esercizio al rispetto dell’altro, alla curiosità, alla conoscenza del prossimo e alla speranza verso le proprie capacità e verso il mondo.

 

Bibliografia
Hurricane, David Wiesner, Clarion Books, 1990, New York
Jumanji, Chris Van Allsburg, trad. Francesca Del Moro, Logos, 2013, Modena
Emil, Astrid Lingren, illustr. Björn Berg, trad. Annuska Palme Sanavio, Nord-Sud edizioni, 2013, Milano
Lotta combinaguai, Astrid Lindgren, illustr. Beatrice Alemagna, trad. Laura Cangemi, Mondadori, 2015, Milano
Pippi Calzelunghe, Astrid Lindgren, illustr. Ingrid Vang Nyman, trad. Donatella Ziliotto e Annuska Palme Sanavio, Salani editore, 2015, Milano
Lasciateli giocare, Peter Gray, trad. Alessandra Montrucchio, Einaudi, 2015, Torino
Pedagogia e didattica del Gioco, Nicoletta Rosati, Multidea, 2011, Roma

sull'autore

Valeria Bodo

Valeria Bodò è una giocattolibraia. Promuove la letteratura per l'infanzia in gruppi di approfondimento e lettura tra adulti. È un'educatrice naturalista e ha tenuto laboratori per bambini e ragazzi, specializzandosi in un tipo di didattica inclusiva in centri di accoglienza e in carcere. Ha lavorato in una biblioteca accessibile a persone sorde, curando in particolare il reparto ragazzi.