La copertina di un libro è un piccolo manifesto e ha lo scopo di comunicare all’osservatore che, in quel libro, c’è qualcosa d’interessante per lui. Tutte le copertine di tutti i libri dovrebbero avere questo scopo, e non solo questo, ma anche quello di distinguersi in mezzo a tutte le copertine di libri allineati nella stessa vetrina e in qualunque altra vetrina”. (Bruno Munari, Millelibri n. 1, 1987)
La copertina: confine o frontiera?
La faccia di un libro è la prima cosa che può destare l’attenzione di un potenziale lettore e trasmettere una prima impressione quanto mai duratura, in particolare nei libri per bambini e ragazzi. L’acquisizione di un’immagine da parte del cervello umano è più veloce della lettura delle parole e ha un forte impatto nell’immaginario di chi la osserva, vengono attivate delle funzioni psichiche che sono connesse alle nostre esperienze precedenti e a ciò che a esso è collegato.
Tra milioni di libri tra i quali il lettore può scegliere, la copertina, quindi, gioca un ruolo molto importante nella scelta di leggere e acquistare quel libro, e sebbene rappresenti l’involucro esterno che lo riveste ne costituisce, in realtà, parte integrante.
La copertina sancisce un confine tra il prima e il dopo, tra il percorso creativo di quanti hanno collaborato per dare vita al libro e il suo ingresso ufficiale nel mondo.
Con la copertina il libro diventa a tutti gli effetti un oggetto da stampare, diffondere e vendere. È un lasciapassare che conferisce l’indipendenza e una vita propria all’opera. Nel momento in cui un editore veste il libro vuol dire che questo è terminato, il suo contenuto è definitivo, a dir poco immutabile.
Un libro da accogliere o rifiutare, analizzare e criticare, amare oppure no.
La copertina diventa un luogo di frontiera tra l’autore e il pubblico, tra l’editore e una comunità di lettori, tra una collana editoriale e l’altra.
Insieme agli altri elementi dell’ipertesto, può fare la differenza, in una società dove il pubblico è sempre più di corsa e distratto: la copertina può marcare un confine tra l’oblio e la gloria di un libro.
“Benché esista per proteggere le mie parole, l’arrivo della copertina, facendo da ponte tra me e il pubblico, mi fa sentire vulnerabile.” Afferma Jhumpa Lahiri, autrice dell’interessante saggio appena pubblicato da Guanda sulle copertine, Il vestito dei libri. Spiegando meglio questo suo stato d’animo, con le seguenti parole: “La copertina giusta è come un bel cappotto, elegante e caldo, che avvolge le mie parole mentre camminano per il mondo, mentre vanno a un appuntamento con i miei lettori. La copertina sbagliata è un costume ingombrante, soffocante. Oppure una maglia troppo leggera, inadeguata. Una bella copertina è lusinghiera. Mi sento ascoltata, intesa. Una brutta copertina mi sembra un nemico, mi è odiosa.”
Una copertina quindi può farsi ora soglia ora muro invalicabile, rendendo il libro accessibile, permettendo al lettore di entrare dentro il testo, partecipando alla formazione di un ricordo indelebile nel tempo, o respingerlo al di là, forse per sempre, ahimè.1
La copertina: la magia di un incontro
Chi di noi non ricorda con nostalgia quei libri le cui copertine ci hanno incantato e guardato dagli scaffali nella nostra infanzia?
A tal proposito non posso non citare con quale trasporto Amos Oz, ricordando l’amore viscerale che il padre nutriva per i libri, nelle sue memorie parla di certe copertine:
In effetti, i libri di allora erano molto più sexy di quelli di adesso: c’era di che annusare, accarezzare, tastare. C’erano libri con le scritte dorate sulla copertina che ancora profumavano, un po’ ruvide al tatto, così che dalle mani passava tutto un brivido sulla pelle, come quando si tocca qualcosa di intimo e inaccessibile, qualcosa che un po’ freme e trema, sotto le sue dita. C’erano libri con la copertina in cartone rivestita di stoffa, appiccicata con una colla dall’odore incredibilmente sensuale. Ogni libro aveva il suo odore segreto ed eccitante. A volte la copertina di stoffa si staccava un poco dal cartone, si scompigliava come una gonna sfacciata, e che fatica non gettare l’occhio verso l’interstizio buio fra il corpo e il tessuto, non attingervi sentori da vertigine.
(Una storia d’amore e di tenebra, Amos Oz in Leggere da bambini: la magia di un incontro, Filema edizioni 2010.)
Oppure il ricordo delle copertine rosa di certi libri della biblioteca della bisnonna ricordate da Elisabetta Rasy “che li faceva sembrare una scatola di zuccherini” (Memorie di una lettrice notturna, Elisabetta Rasy, in Leggere da bambini: la magia di un incontro, Filema edizioni 2010), o ancora “la copertina rilegata in tela beige” dei libri di Bibi di Karin Michaelis, ricordati con affetto e nostalgia da Clara Sereni. (Leggere gli anni verdi, Clara Sereni, in Leggere da bambini: la magia di un incontro, Filema edizioni 2010.)
Un po’ di storia
La copertina, in molti casi, è la prima pagina della storia, è qui che un libro può iniziare a comunicare il genere, lo stile e l’atmosfera che il lettore troverà al suo interno. Un momento fondamentale, in cui non ci si appella solo al lettore per vendergli il libro ma anche per dargli la possibilità di capire se il libro potrebbe interessargli o meno.
Una copertina può anche generare pregiudizi nella mente del lettore facendogli credere una cosa per un’altra, generando aspettative che invece verranno disilluse.
Una volta le biblioteche pubbliche staccavano dai libri le copertine e le sopraccoperte per rilegare tutto, con la volontà di preservare il libro come contenitore di cultura, non inquinato da elementi seduttivi tesi ad ammiccare al lettore.
Peccato che molto spesso non sia solo la copertina ma anche il contenuto ad abbindolare il pubblico per scalare le vette delle classifiche attraverso trucchetti e mode passeggere.
La sopraccoperta (o sopracoperta o sovraccoperta, termini diversi usati dagli studiosi) per quanto sia fisicamente separata dal testo e la si possa togliere per non rovinarla, per comodità o per rendere la lettura un atto privato qualora questo avvenga in pubblico, è parte integrante della copertina, almeno fino a quando svolge lo stesso ruolo della copertina. Per una ricostruzione della sua storia potrà essere interessante consultare il saggio Sopraccoperta, di Paola Puglisi, Associazione italiana Biblioteche, che ne dà alcune notizie mettendone in luce, però, la perdita della maggior parte di esse, spesso non conservate nemmeno presso le stesse biblioteche, a parte importanti eccezioni, quali quelle conservate presso le Biblioteche Centrali di Roma e di Firenze, nell’Archivio contemporaneo del Gabinetto letterario Vieusseux di Firenze, e nella Civica raccolta delle stampe «Achille Bertarelli» al Castello Sforzesco di Milano. (Sopraccoperta, Paola Puglisi, Aib, Roma, 2003)
Se la brossura, da foglio provvisorio di protezione, si trasformò in copertina stabile, diventando uno strumento di comunicazione e seduzione nell’Ottocento, l’interesse per la veste del libro affonda le radici nel Novecento quando gli autori da sempre più interessati al formato che alla copertina, hanno cominciato a manifestare la loro attenzione per il peritesto. (Storie in copertina. Protagonisti e progetti della grafica editoriale. Con bozzetti e illustrazioni, A.A.V.V., presentazione di Ambrogio Borsani, Edizioni Santa Caterina 2014)
Prima di essere un tema al centro dei confronti in redazione, quello delle copertine è, infatti un tema ricorrente in molte corrispondenze tra scrittori e editori. “Anche della copertina voglio avere un modello. Sono gelosissimo. Ogni mio libro è stato anche nelle minime parti curato da me, ed è necessario che io prosegua su questa buona strada”. Scriveva Giuseppe Ungaretti ad Arnoldo Mondadori in una lettera del 16 settembre del 1942. (Lettera di Giuseppe Ungaretti ad Arnoldo mondadori del 21 dicembre 1943, citata in Le diverse pagine. Il testo letterario tra scrittore, editore, lettore, Cadioli Alberto, Il Saggiatore 2012)
Gli interventi dell’autore sulla confezione dei loro libri sono numerosissimi. Solo per curiosità ricorderò Gabriele D’Annunzio, che desiderava che ogni proprio libro fosse un oggetto prezioso, o Giovanni Papini che illustra all’editore Vallecchi l’importanza della copertina, in modo attento e preciso: “L’aspetto del libro influisce molto sulla vendita e una casa editrice, come la sua, che vuol salire ed affermarsi deve dare a quelle cose esterne più attenzione e cura che un’altra”. E sottolinea come le sue “lamentele” siano la prova dell’interesse per la buona immagine della casa editrice e “per i vestiti coi quali vanno per il mondo i miei figlioli spirituali”.
Un discorso a parte meriterebbe Calvino, le cui copertine erano sempre frutto della sua volontà e rispecchiavano molti elementi e caratteri della sua scrittura. La sopraccoperta di “Se una notte d’inverno un viaggiatore” sulla quale “una piccola stazione è racchiusa in una bottiglia coricata che si adagia su uno sfondo grigio-azzurrino nel quale cielo e terra sembrano confondersi”. Un’illustrazione che sembra alludere a un’avventura. “Ma la stazione è un modellino, quasi ad avvisare il lettore che l’immersione nel mondo dell’avventura non dovrà essere totale, ma vigile e smaliziata: il libro è anche un gioco di citazioni, il viaggio è un itinerario fra i possibili romanzeschi”.(Bruno Falcetto, Note e notizie sui testi. Se una notte d’inverno un viaggiatore, in Romanzi e racconti, di Mario Barenghi e Bruno Falcetto, Mondadori 1992)
Se un autore che sceglie la copertina sta indubbiamente condividendo il proprio mondo poetico fin dalla veste, anche un editore o chi dirige una collana editoriale, scegliendo personalmente un’illustrazione si fa interprete del testo, offrendo al lettore una chiave di lettura, spesso completata dagli scritti di presentazione sui risvolti o sulle quarte di copertina.
Per esempio, sempre volgendo lo sguardo al passato, Leonardo Sciascia, secondo Silvano Negri, “I libri li pensava vestiti”; sia per i propri libri che per quelli che faceva pubblicare a Sellerio sceglieva la copertina, considerandola parte integrante del testo.
Ottimi esiti di densità e adesione al testo si sono raggiunti però nei casi in cui l’editore ha coinvolto un solo autore per collana. Emblematico è il caso dei nostri tempi, di Guido Scarabattolo per Guanda, o per l’intera produzione di una casa editrice, come John Alcorn per Rizzoli. (A titolo esplicativo e d’approfondimento del momento propizio dell’illustrazione in copertina, in Italia, consiglio vivamente la testimonianza offerta dal libro Cover Revolution! pubblicato da Corraini10).
A lasciare un segno indelebile nella storia delle copertine fu però Bruno Munari, che a partire dal 1942, iniziò una cinquantennale collaborazione con la casa editrice Einaudi.
Il progetto einaudiano, di creare libri originali e preziosi anche nella veste grafica, si sposava perfettamente con il desiderio dell’artista di offrire al lettore un prodotto curato nei contenuti e nella forma.
Un’attenzione, questa, che portò a una vera e propria rivoluzione culturale nel mondo dell’editoria, che chiamò a sé i migliori artisti e designer per prendersi cura nei dettagli della grafica editoriale. Non solo per dare visibilità ai libri dell’editore ma anche per rendere riconoscibile agli occhi del lettore la casa editrice che li produce.
La fortuna vuole, sempre parlando di copertine, che la fantasia di Munari abbia incontrato quella di Gianni Rodari, e che, mentre il maestro scriveva, l’artista disegnava copertine e illustrazioni.
Chi non ricorda le copertine di Filastrocche in cielo e terra, Favole al telefono, Il libro degli errori e La torta in cielo?

Favole al telefono, Gianni Rodari, Bruno Munari, Einaudi, Torino, 1962. – La torta in cielo, Gianni Rodari, Bruno Rodari, Einaudi, Torino, 1969
Geniale l’intuizione di Munari di decorare la copertina di Favole al telefono con i ghirigori, così simili a quelli che si scarabocchiano durante una conversazione telefonica. Un’illustrazione non dalla comunicatività immediata ma immediatamente percepibile dalla lingua del bambino.
La fantasia di Munari fa da eco a quella di Rodari, e insieme creano un prodotto a misura di bambino, che sollecita la creatività e la fantasia.
Un libro tante copertine
A volte tuttavia, può accadere che l’editore e l’autore del libro non siano completamente d’accordo e si muovano sull’interpretazione del testo, o tendano a indirizzarsi agli stessi lettori. La copertina porterà il segno di questo evidente conflitto.
Può capitare poi che uno stesso libro venga pubblicato con diverse copertine per offrire ai lettori diverse prospettive di letture.
Emblematico è il caso della prima e della quarta di copertina di Questa storia di Alessandro Baricco, pubblicato da Fandango nel 2005.
La prima edizione del libro esce contemporaneamente in quattro copertine diverse, ciascuna con un proprio disegno di Gianluigi Toccafondo, illustrazione che si estende senza soluzione di continuità su tutto il volume e propone, al lettore, potenziale acquirente, quattro differenti interpretazioni del testo.
Alle quali se ne aggiunge una quinta e una sesta poste sulle copertine delle edizioni economiche Feltrinelli del 2007 e del 2014 che ne offrono una nuova lettura.
I dati di vendita generati dall’acquisto del libro non hanno tenuto conto delle diverse copertine, e quindi non ci è dato sapere quale sia stata colta meglio dell’altra, ma è indubbio il grande tentativo della Fandango di sfidare il lettore a superare i pregiudizi, superando il confine del libro, e non fermandosi alla sua veste.
A questi nobili tentativi purtroppo mi è dato constatare che sempre più le copertine dei libri sono diventate un ingorgo di messaggi, di notizie sovrapposte e urlate che sminuiscono il valore stesso del libro nei suoi contenuti più essenziali.
Copertine che con le immagini sopra e sotto il titolo, creano aspettative, destano curiosità e tendono a concorrere alla formazione di pregiudizi.
L’importanza che le copertine rivestono in fatto di vendibilità ha spinto gli editori più grandi a scegliere e proporre copertine diverse a secondo dei mercati, dei tempi storici e della fascia d’età cui questi libri sono destinati.
Ad esempio in Gran Bretagna si fa un uso più frequente di copertine tendenti all’essenzialità e alla semplicità, questo non accade negli Stati Uniti d’America: molte immagini con disegni dettagliati affollano le copertine rivolgendosi a più e diversi possibili acquirenti.
Anche i titoli sulle copertine sono soggetti a variazioni, per essere adattati alla cultura del paese d’arrivo. Un esempio classico è Harry Potter e la pietra filosofale che in Inghilterra si intitola appunto Harry Potter and the Philosopher’s Stone, mentre negli Stati Uniti è stato rinominato Harry Potter and the Sorcerer’s Stone. Questo perché “filosofo” non ha le stesse implicazioni con la magia come accade, invece nel Regno Unito. Anche l’opera è cambiata per aiutare a rafforzare i temi magici del libro, e il font stesso è diventato molto più mistico, finendo per assumere la stessa forma impiegata anche per il film.
Sempre a proposito di Harry Potter è importante sottolineare, in origine, l’uso di diverse copertine a seconda del pubblico al quale si rivolgeva: quello adulto e quello per ragazzi.
La Bloomsbury, forte dell’entusiasmo dei lettori adulti per il primo volume della saga, decise di pubblicare un’edizione, leggermente più costosa, adatta a loro, solo con alcune differenze nel paratesto.
La versione per adulti aveva un design più sobrio e una copertina dai colori meno vivaci rispetto a quella per ragazzi, con l’intento di mettere a proprio agio chi voleva leggerlo in pubblico.
Anche la menzione al Nestlé Smarties Book Prize, esibita con orgoglio sulla versione per ragazzi, venne eliminata da quella per adulti, per evitare che il libro potesse essere associato con un premio destinato alla fiction per ragazzi. Anche in Germania e in Francia Harry Potter è stato pubblicato sia nella serie per ragazzi che per adulti. In Francia, però, fino al quarto volume, infatti a partire da questo, grazie a un look più sofisticato, si è rivelato adatto a entrambi i pubblici.
L’esempio di Harry Potter, che rappresenta in tal senso solo il caso più eclatante, illustra bene quanto la scelta della copertina, da parte di un editore, svolga un ruolo determinante affinché un libro possa raggiungere un pubblico di crossover.
Da quanto detto finora è evidente quanto una copertina ben progettata sia la prima garanzia che il lettore ha di trovarsi di fronte a un libro di buona qualità, rispondente nel contenuto alla sua veste esterna.
Una copertina malfatta, con immagini non perfettamente visibili, e un testo mal formattato o allineato male, sembra suggerire che anche all’interno il libro non prometta niente di buono.
È per questo che il fare buone copertine è sempre più un momento che varca i confini della relazione illustratore-editore per coinvolgere anche editor, marketing, libraio e spesso anche l’ufficio commerciale, l’autore e il lettore.
Alla casa editrice Penguin, i “The Thursday packaging meeting” rappresentano il momento più importante della settimana. Si tratta di un incontro che coinvolge tutte le figure sopracitate più i direttivi creativi e i designer, per confrontarsi sulla forma estetica dei libri. L’obiettivo, afferma Elda Rotor, vicepresidente e editor della Penguin classics alla Penguin Random House a New York, è quello di fare copertine che suggeriscano i contenuti di un libro ma nello stesso tempo che siano da annusare, toccare, desiderare.
Motivo per cui non possono essere mai banali o scontate, forse un po’ sovversive, ma sempre Penguin, delle copertine riconoscibili rispetto a un’altra casa editrice. Le riunioni sono solo l’inizio, perché le idee devono venir poi elaborate e soltanto qualche settimana più tardi i creativi presentano gli artisti papabili a illustrare le copertine.
Ma cosa accade alle copertine nell’era digitale e con il diffondersi degli e-book?
Le copertine, che vengono visualizzate nei siti e-commerce e nelle librerie di e-reader e tablet di dimensioni ridotte, sono importanti non tanto nel momento di una prima visualizzazione ma da quello successivo in cui si clicca sull’icona per aumentarne la dimensione.
La tecnologia della lettura a schermo, da qualche anno, cerca di innovare e al tempo stesso di riprodurre alcune sensazioni del libro cartaceo, ma
“…in digitale potrebbe far succedere qualsiasi cosa. Potrebbe esserci un trailer, un filmato, o la copertina che cambia tutte le volte che ci clicchi sopra.”
Ha osservato Guido Scarabattolo, consapevole di quanto il mercato editoriale si muova, anche se lentamente, e di come “nessuno può permettersi di essere del tutto indifferente, e nell’ottica della sopravvivenza di chi sa muoversi e adattarsi è inammissibile non guardare avanti.”
Le copertine degli albi illustrati
Tralasciando l’attenzione per altri elementi che concorrono alla veste del libro, quali il titolo, i risvolti, le quarte di copertina o la fascetta che avvolge la copertina, è interessante osservare qual è lo stato delle cose oggi riguardo le copertine degli albi illustrati dando voce a chi lavora nel campo dell’editoria in diverse vesti, quali quello di editori, illustratori e librai.
Figure che a diverso titolo ma con intenti congiunti condividono gli stessi obiettivi.
Paolo Canton, editore di Topipittori, autore e traduttore di libri per ragazzi, dall’alto della sua esperienza conferma la tesi per la quale:
“In alcuni libri la copertina è parte della struttura narrativa”.
Mi vengono in mente Chiuso per ferie di Maja Celija o Professione Coccodrillo, di Giovanna Zoboli e Mariachiara di Giorgio.
“In questi casi la storia comincia in copertina (nel primo è la serratura della porta che si apre nella prima pagina del libro; nel secondo è il sogno del coccodrillo che in apertura di libro si sveglia). In questi casi, il soggetto della copertina è dato e bisogna solo trovare il modo per impaginarla al meglio.
Un altro caso di questa specie è quello di Velluto, Storia di un ladro, di Silvana D’Angelo e Antonio Marinoni”.
Altre volte la copertina non anticipa la storia ma vi allude in una sorta di annunciazione.
Secondo l’illustratrice Daniela iride Murgia, la copertina di un libro illustrato:
“non dovrebbe anticipare tutto il contenuto del libro, bruciare le sorprese, ma suggerire l’atmosfera e schiudere solo parte dello scenario alla curiosità del lettore. Sarebbe semplicistico dire che una copertina di un albo è il condensato della narrazione di un albo, una copertina può essere anche una scomposizione, un frammento significativo, un riflesso, un’ombra del contenuto interno.”
Entrando più nello specifico, in merito alla scelta dell’illustrazione da lei creata per copertina dell’albo illustrato Una foglia, ci racconta:
“mentre elaboravo le tavole dell’albo nell’intento di sovrapporre scrittura visiva a quella del testo di Silvia cercavo di sincronizzarmi facendo una sorta di pulizia visiva dell’immaginario e questo ha portato alla realizzazione di diverse tavole che si sarebbero potute prestare a una copertina. L’immagine scelta per la copertina da Giuliana è nata come tavola interna, ma aveva delle caratteristiche che ben si prestavano ad una copertina. Pochi gli oggetti a evocare sapori, sensazioni tattili, odori… ogni individuo ha un personalissimo odore/ricordo dell’infanzia… bisogna lasciare spazio ai ricordi altrui. Il fatto che il bambino non sia rappresentato per intero, che addirittura il suo volto non sia raffigurato per intero, penso che più che suscitare curiosità possa lasciare quello spazio necessario affinché sia il lettore a riempire di senso il vuoto o la parte mancante. Tutto il bianco presente ha questa stessa funzione, oltre a quella di annunciare una luce intensa e vibrante che è quella delle giornate d’autunno protagoniste dell’albo.
E poi una copertina non si può mai leggere senza il suo titolo, in questo caso una sintesi che accompagna una sintesi… una fotosintesi.”
Per comprendere meglio come nasce una copertina e in quale modo e misura l’editore, l’autore e l’illustratore concorrano, ho chiesto a Giuliana Fanti, editrice appunto delle Edizioni Corsare che ha pubblicato Una foglia, di raccontarmi il lavoro dietro le quinte.
“I progetti di Edizioni Corsare sono praticamente tutti originali; la scelta editoriale è quella di pubblicare libri da testi inediti, che ci vengono proposti sia già corredati da illustrazioni, sia da soli.
Quest’ultimo caso è il più frequente. Questo significa che, quando ci arriva un testo che ci colpisce e ci sembra adatto alla nostra linea, il passo successivo sarà trovare l’illustratore o l’illustratrice che possa interpretarlo al meglio.
Qui comincia ogni volta un percorso diverso che porterà, nel momento in cui ci siano le condizioni per lavorare bene insieme, a un risultato finale talvolta sorprendente.
Nel caso di Una foglia, Silvia Vecchini mi aveva proposto il testo circa un anno fa. Mi era piaciuta la storia della foglia che vive la sua vita vegetale in modo inconsapevole e, al momento di cadere dall’albero (e quindi di morire) inizia un percorso di trasformazione e conoscenza del mondo intorno a lei. La scrittura di Silvia, così piana eppure densa di significati (in cui la sintesi poetica è un elemento ben presente) era già rappresentata nel catalogo di Edizioni corsare dall’albo La mia invenzione, illustrato da Maria Girón.
Ho chiesto poi a Daniela Iride Murgia di misurarsi con il testo, sapendo che la sua interpretazione sarebbe stata molto personale e confidando nella possibilità che le visioni delle due autrici potessero incontrarsi.
Daniela Iride ha trovato una cifra nuova per questo lavoro, immergendosi in una dimensione meno surreale e concentrandosi sull’ambiente urbano, e umano, nel quale la foglia abita. La narrazione delle immagini si è così intrecciata a quella del testo in modo armonico ed efficace.
L’idea era di fare la copertina per ultima; quando però è arrivato il volto del bambino che guarda in su verso la coroncina che ha sulla testa, realizzata con piccoli oggetti (la carta di una caramella, due ghiande, le piuma, un biglietto, la Foglia), ho pensato subito che quella fosse la copertina giusta.
L’immagine è graficamente molto incisiva, l’espressione buffa del bambino rende bene la leggerezza con cui l’albo restituisce il significato del testo, e ci sono le caratteristiche che la copertina di un albo illustrato deve avere: dare una suggestione, incuriosire, dire e non dire sul contenuto.
E soprattutto, invitare il lettore a prendere in mano quel libro, tra tanti.”
“La copertina è il nostro primo contatto con il libro, e soprattutto quando si tratta di libri per bambini e ragazzi è l’elemento che determina il gesto del lettore – prendo il libro per vedere di cosa si tratta -”.
Un confine che attira e non respinge.
“Ci fa fare un passo verso una cosa che reputiamo bella, ci incuriosisce. ci racconta già una storia”.
Ha osservato, Filomena Grimaldi, fondatrice della libreria Controvento di Telese, in provincia di Benevento, in un’amichevole conversazione che ho intrattenuto virtualmente con diverse libraie, per dare solidità alle mie tesi ma anche per aggiungere riflessioni e perplessità.
Filomena mi ha raccontato quanto reputi “la copertina parte integrante del libro” e che quindi si aspetta “che l’editore se ne prenda cura così come fa con il testo e le illustrazioni all’interno”.
E come libraia che della scelta fa una priorità, si esprime con chiarezza su quest’aspetto:
“Tendo a privilegiare gli editori che curano anche questo aspetto”.
Una sottolineatura che, a mio avviso, suona come un avvertimento.
“Ma non solo la grafica della prima di copertina, proprio tutta!”
Dice con voce ferma e solida, Alice della Puppa, fondatrice della libreria Baobab di Porcia, in provincia di Pordenone.
“Certo è bello poter mettere un libro di piatto e esporlo per farlo vedere bene, ma in una libreria non si può fare per tutti i libri, né tantomeno a casa o in biblioteca. La grafica deve essere accattivante, colpire per i colori, essere riconoscibile.
Pensiamo ai libri di Nuove Edizioni Romane, erano libri molto belli, alcuni erano delle “chicche”, ma la grafica della copertina era un po’ “vecchia” e non invogliava. Un peccato. Lo stesso libro ora pubblicato da Giunti, lo vendiamo molto meglio, e non per il cambio di casa editrice, ma proprio per il tipo di scelta tipografica.”
Il libro al quale si riferisce Alice è Ulisse il re dei viaggi, di Roberto Piumini.
La differenza salta agli occhi guardando le foto seguenti.
“Ci sono copertine sbagliate di libri bellissimi. Ecco, a quel punto devo intervenire io in modo molto più incisivo, raccontando il libro e facendo dimenticare la copertina che altrimenti avrebbe allontanato il lettore …” le fa eco Filomena dall’altro capo del filo, “…ma non posso farlo sempre… posso farlo solo per pochissimi libri, per esempio quando un editore che cura le copertine, a volte ne sbaglia una ma so che la storia merita, so che l’editore ha fatto del suo meglio”. Spiega Filomena che però tira le orecchie a quegli editori furbi che creano copertine che “scimmiottano altre più famose”.
Una copertina non curata non solo può far scaturire preconcetti ma allertare i lettori che, privati dalla possibilità di un primo incontro piacevole, si trasformano in critici spietati.
La loro attenzione viene destata dalla “bruttezza” tanto quanto dalla “bellezza”, tanto da spingerli a leggere anche il libro con un altro spirito, alla ricerca di errori e incongruenze.
In tutti i casi l’importante sarebbe non tradire l’acquirente-lettore.
La copertina non dovrebbe creare false promesse, fuorviare il lettore promettere di raccontare cose diverse dal contenuto. Nel rispetto di tutti i lettori ma in particolare di quelli meno esperti e non educati alla lettura.
Pietro, un giovane adolescente, mi scrive, infatti, che se la copertina lo intriga prova a leggere la descrizione del libro e a volte il primo e il secondo capitolo.
Ma lui è un buon lettore abituato a muoversi con disinvoltura in mezzo ai libri, e a scegliere con oculatezza. Non sempre accade questo con effetti dirompenti.
Canton nella nostra conversazione mi ricordava come certi editori propongano per le Fiabe, “immagini di copertina allegre e rassicuranti, anche se la fiaba classica non è né allegra né rassicurante. Il perché è presto detto, vendere è la parola d’ordine, non importa se i lettori verranno traditi, le leggi del mercato sono più forti di qualsiasi altra esigenza.”
Mi chiedo se a parte quella di essere corretti con con l’acquirente-lettore, di rispettare un equilibrio tra il testo e l’illustrazione, di non dire troppo ma limitarsi a suggerire, ci sia un vademecum da seguire, delle regole per fare delle buone copertine.
Canton smonta in un momento il mio voler mettere in ordine nelle cose, dicendomi:
“Ci sono molte regole che vengono indicate per realizzare buone copertine. Non bisogna tenerne conto. Ricordo che quando abbiamo presentato la copertina del nostro primo libro, Zoo segreto di Giovanna Zoboli e Francesca Bazzurro, il distributore ha fatto un salto indietro: pensava (era il 2004) che una copertina bianca non si sarebbe vista e non sarebbe stata presa seriamente dai librai. Oggi ci sono moltissime copertine bianche e il nostro libro di maggior successo (Che cos’è un bambino di Beatrice Alemagna) ha una copertina dal fondo bianco.
In fondo, ogni libro chiama la sua copertina. E non credo che, almeno per quel che riguarda il nostro catalogo, la copertina abbia un’influenza determinante sulle vendite. Anche se devo dire ci sono due albi che patiscono un po’ una conseguenza commerciale per il fatto di avere una copertina nera ma non si tratta del fatto che il nero repelle il pubblico, ma che le copertine nere si rovinano moltissimo e i librai si spazientiscono e non lo riordinano.
Ecco, una caratteristica fondamentale della copertina è che deve resistere bene in libreria alle offese del tempo. L’esempio di Forte come un’Orso di Katrin Stangl è lampante: non abbiamo né verniciato né plastificato la copertina per mantenere il piacere tattile della copertina di carta e il libro si rovina tragicamente. Il prossimo libro di Katrin, che uscirà a primavera prossima, avrà una copertina plastificata.
Il materiale della copertina: bella o duratura?
“Ecco la qualità del materiale è fondamentale.” Continua Canton, “per esempio, io trovo che la plastificatura lucida crei un problema perché riflette la luce e rende la copertina poco leggibile. Ma le plastificature opache o soft touch spesso hanno oscillazioni di qualità abbastanza marcate.”
A questo proposito, Nico Maldini, della Libreria Trame di Bologna, mi faceva notare quanto le copertine di carta siano belle e vulnerabili.
“A me piacciono le copertine opache e non chiassose, solo che negli scatoloni i libri vengono maltrattati. Allora accetto sopraccoperte e carte lucide perché si possono pulire.”
Pulire. Mi dice con umiltà. “Maneggiandone tanti, qualche volta si presta meno attenzione al fattore estetico e più a quello pratico” dice “a volte arrivano libri nuovi con pedate, cerchi di tazzina del caffè, padelle varie…”
Se la copertina plastificata non mette tutti d’accordo, diverso è il discorso per il materiale che deve essere preferibilmente di cartone rigido.
La copertina rigida “protegge le pagine interne e non si piega” afferma Luana Rinaldi della Libreria Officine Amico Fritz di Roma, aggiungendo che “dona al libro un certo tono, lo fa apparire elegante, speciale”.
Come non essere d’accordo con lei, anche sul fatto che “ogni libro è un dono, anche quelli che, in realtà, compriamo per noi stessi”.
In libreria bisogna essere pratici.
Alice della Puppa sull’argomento non ha dubbi:
“Gli albi illustrati meritano la copertina rigida cartonata. Ci sono libri magnifici che hanno anche un costo piuttosto importante ma che vengono immessi in commercio con la copertina morbida, perdono un po’ di valore. Certo la copertina cartonata farebbe lievitare il prezzo, ma non così tanto, e comunque, aumenterebbe il valore del libro.”
Prima di andare, ci sono ancora alcune caratteristiche delle copertine che sono al centro di confronti tra noi libraie, attente sì alla bellezza della forma, ma nella condizione da non poter prescindere dal valutarne le opportunità espositive e di conseguenza la vendibilità.
Tali perplessità convergono sul libro spillato, che secondo Alice “in libreria si perde, perché troppo sottile e perché non attira l’attenzione se non esposto di piatto” e che “svilisce tutto il lavoro fatto”.
Lo stesso vale per il dorso delle copertine senza indicazioni, in questo caso “il libro non si trova, non emerge e fa un po’ l’effetto di fascicolo in allegato”, incalza Alice.
Dello stesso avviso è Nico Maldini che afferma: “il dorso è molto importante e dovrebbero usare caratteri nitidi.”
E poi c’è un’altra questione che Nico solleva: il titolo.
Argomento che richiede un approfondimento specifico ma che in questa sede mi piace sottolineare con lei “ci piace in alto”.
Perché nonostante i tempi, a noi libraie piace ancora fare composizioni, e i titoli in basso spesso non si vedono o vengono nascosti.
Bibliografia:
Il vestito dei libri, Jhumpa Lahiri, Ugo guanda Editore, Milano, 2017.
La copertina di La cavallina Bianca, di Suzanne Reynolds, Mondadori, Milano, 1964.
Leggere da bambini: la magia di un incontro, Filema edizioni, Napoli, 2010.
Sopraccoperta, Paola Puglisi, Aib, Roma, 2003.
Storie in copertina. Protagonisti e progetti della grafica editoriale. Con bozzetti e illustrazioni, A.A.V.V., presentazione di Ambrogio Borsani, Edizioni Santa Caterina, Pavia, 2014.
Le diverse pagine. Il testo letterario tra scrittore, editore, lettore, Cadioli Alberto, Il Saggiatore, Milano, 2012.
Bruno Falcetto, Note e notizie sui testi. Se una notte d’inverno un viaggiatore, in Romanzi e racconti, di Mario Barenghi e Bruno Falcetto, Mondadori, Milano, 1992.
Cover Revolution! Gli illustratori e il nuovo volto dell’editoria italiana, a cura di Melania Gazzotti, Corraini, Mantova, 2016.
Crossover Fiction: Global and Historical Perspectives (Children’s Literature and Culture), Sandra L. Beckett, Routledge, New York and London, 2007.
Classic Penguin: Cover to Cover, di Audrey Niffenegger, introduzione di Paul Buckley, prefazione di Elda Rotor, edito da Paul Buckley, Penguin, New York, 2016.
Chiuso per ferie, Maja Celija, Topipittori, Milano, 2006.
Professione Coccodrillo, di Giovanna Zoboli, Mariachiara di Giorgio, Topipittori, Milano, 2017.
Velluto. Storia di un ladro, di Silvana D’Angelo, Antonio Marinoni, Topipittori, 2007.
Una foglia, di Silvia Vecchini, Daniela Iride Murgia, Edizioni Corsare, 2017.
Ulisse il re dei viaggi, di Roberto Piumini, Nuove Edizioni romane, Roma, 2009.
Ulisse il re dei viaggi, di Roberto Piumini, Giunti, Firenze, 2017.
Zoo segreto di Giovanna Zoboli e Francesca Bazzurro, Topipittori, Milano, 2004.
Che cos’è un bambino, di Beatrice Alemagna, Topipittori, Milano, 2008.
Forte come un Orso, di Katrin Stangl, Topipittori, Milano, 2013.