Un laboratorio di punteggiatura creativa
Cosa è la punteggiatura? Cosa fa?
Quello che propongo qui è un laboratorio di “punteggiatura creativa” che serva sia a riflettere sulle potenzialità della comunicazione scritta che sui suoi limiti, che aiuti a inquadrare i vari segni della punteggiatura, e che possa servire per dar vita ad altri racconti.
Lo racconto qui in 3 passi e una restituzione, sperando di far venire voglia a qualcuno di metterlo in pratica.
Primo passo: accoglienza
Comincerei col chiedere ai ragazzi quali segni di punteggiatura conoscono: a memoria immagino vengano fuori almeno punto, virgola, punto interrogativo ed esclamativo; magari dopo un po’ appariranno anche i due punti, il punto e virgola, i puntini di sospensione. Chissà perché ci mettono un po’ di più a comparire quei segni che non scandiscono solo il ritmo della lettura ma introducono varianti più complesse del testo: le famiglie delle parentesi (tonde, quadre, graffe), dei trattini (bassi e alti) e delle virgolette (dritte, sergentate, cuspidi, apici), e poi quelle della tastiera più ampia, a pioggia (cancelletti e chioccioline, segni matematici, le valute…).
E allora: che cosa sono, cosa esprimono i segni della punteggiatura?
Alcuni sono segni “muti”, che non vanno dettima modificano la pronuncia, suggerendo pause e cambi di tono; altri sono segni che invece condensano un’espressione precisa: “per”, “uguale”, “dollaro”, “chiocciola”.
La scrittura si è condensata intorno alla sintesi offerta dagli odierni strumenti di scrittura: oggi una definizione intuitiva di punteggiatura parte dalla tastiera del computer o dello smartphone. Bene, è una definizione utile ai nostri fini, ma sbagliata: non tutti sono segni di punteggiatura, e alcuni segni di punteggiatura si comportano in un modo che non appartiene alla tastiera, come fa il “punto e a capo”; ci servirà però a evocare le potenzialità della lingua scritta e a “inventare segni”.
La punteggiatura non serve, in senso stretto, a riassumere parole: serve invece a orientare la pronuncia, a rendere le sfumature dalla voce nel testo scritto. Quasi coincide con quell’insieme di segni “muti” che evocavo sopra.
Chiusa parentesi.
Secondo passo: ricerca delle idee
Cosa vogliamo fare in questo laboratorio?
Dar vita a nuovi segni di punteggiatura, che esprimano per iscritto delle sfumature che altrimenti stiamo trascurando.
Che forma daremmo, per esempio, a una parentesi gioiosa? Per motivi simbolici, non potrà essere una parentesi quadra: potrebbe allora essere una parentesi zigrinata, chissà.
E che forma potrebbe avere invece il segno del sottovoce? Perché nello scrivere messaggi sappiamo che il maiuscolo equivale al gridato… però ci manca un segno per il sottovoce o per il bisbigliato: proviamo a inventarlo!
E al contrario, che significato potremmo dare a una mezza parentesi? A una parentesi che inizia ma non finisce? E se i tre puntini in orizzontale sono “di sospensione”, che senso diamo a tre puntini messi in verticale uno sopra l’altro? Saranno puntini di equilibrio? O puntini appesi?
Una volta disegnata una virgola, come potremmo disegnare un “virgolo”? E una “punta”? E che significato potrebbero avere?
Dopo aver discusso collettivamente questi e altri spunti, dividiamo i ragazzi in coppie o a gruppi di tre: ogni gruppo dovrà scrivere un prontuario di punteggiatura creativa dando vita ad almeno dieci nuovi simboli.
Lasciando ai gruppi il tempo necessario a creare qualcosa di divertente e interessante, giriamo tra i punteggiatori per aggiustare le idee monche, per evitare le idee ripetute e per mettere qualche punto fermo.
Terzo passo: il confronto
Chiamiamo i vari gruppi a presentare i propri segni di punteggiatura, chiedendo anche un confronto e una sintesi tra proposte simili. Se ciò non è già avvenuto spontaneamente, chiediamo a tutti di fare degli esempi di uso dei segni che hanno inventato.
Se la cosa suscita ancora entusiasmo e fermento creativo, lasciamo ancora cinque-dieci minuti dopo la fine di tutte le presentazioni per poter perfezionare quanto fatto finora o per creare nuovi segni di punteggiatura.
Raccogliamo tutto in un unico libro.
La restituzione
A cosa serve tutto questo? Fondamentalmente, a dare uno spunto creativo inatteso, in maniera da lasciare tutti più liberi di esprimersi. Serve anche a riflettere sul ruolo della punteggiatura: ma, di più, serve a far venire voglia di scrivere, proprio ragionando intorno a quelli che potrebbero sembrare i punti deboli della parola scritta, cioè le caratteristiche che la differenziano dalla parola detta.
Alla fine del percorso, riemergendo dalla totale libertà che ci siamo dati nell’inventare nuovi segni grafici, avremo probabilmente trovato più cose da esprimere di quelle cui pensavamo: è un bel modo di confermare che il modo in cui scriviamo seleziona le cose cui pensiamo, che lavorare sulla scrittura non serve tanto a “esprimersi meglio” quanto a “pensare meglio”.
Che è una conclusione che apre tante nuove strade.
O forse non è neanche una conclusione. Puntini puntini.