Ma première nuit ailleurs. La mia prima notte altrove. Fuori, non a casa. Non a casa mia, non nel mio letto, non tra le mie cose, non tra quei rumori e odori noti da sempre, appartenenti a un quotidiano sempre uguale, di giorno in giorno, di notte in notte, che rasserena e stabilizza.
Ma da solo e da un’altra parte. In una casa che non conosco. Che tutto rende sinistro. Meglio nascondersi e guardare da dietro qualcosa, o qualcuno…
In quell’oscurità – illuminata solo dalla luce che filtra dalla porta socchiusa, che disegna sul letto un lungo triangolo – il viso mesto di un bambino-coniglio abbracciato al suo pupazzo-coccodrillo. Non dorme, il bambino-coniglio. Il suo sguardo è fisso, la palpebra leggermente abbassata sul quel guardare senza nulla guardare, il mento rigido, le labbra serrate. I conigli quando hanno paura restano fermi, immobili. Tendono le orecchie, che sono occhi e orecchie insieme.
Chiaki e Ko Okada, co-autori dell’albo per parole e illustrazioni, caricano di simboli la loro narrazione, un’acuta osservazione di un particolare momento dell’infanzia dove è l’adulto che sceglie e spesso senza considerare sino in fondo che il bambino possa temere sino ad aver paura.
Sino a sentirsi nudo davanti a quel supplizio. Il timido coniglio antropomorfo è vestito solo della sua pelliccia – e l’indomani non gradirà affatto il gioco dei travestimenti proposto dalla piccola Haruchan, sua ospite – è nudo come natura lo vuole. Vestito di quella pelliccia che è pelle per lui e non morbido tessuto. Non ha braghe o tuniche. È disarmato davanti alla paura, nulla con cui coprirsi, neppure un cunicolo nel quale rifugiarsi.
Così tutto è fonte di preoccupazione, anche il treno rosso, preso per la prima volta, come quell’autobus che mi fa paura. Lo allontanano entrambi, fisicamente, dal suo mondo, da un luogo dove si sente sereno, e noi, che gli sediamo davanti, non possiamo non accorgercene. Il coniglio è un animale timido.
Allora tra le braccia un amico prezioso: un coccodrillo, da tenere sempre davanti a sé. Occhi sotto gli occhi e grande bocca sulla piccola del coniglio, i cuori collegati, sembra lui accogliere il mondo ogni volta che si palesa sconosciuto.
Un coccodrillo per amico. Un possente amico sotto la cui corazza batte un cuore d’oro, generoso di emozioni e con una grande volontà nel voler bene. Paziente e capace di reazioni fulminee. Il miglior amico per combattere la paura. Un coccodrillo, che anche a casa d’altri si senta come al solito.
Un amico col quale prendere la propria colazione, dormire, alzarsi presto la mattina e attendere davanti alla finestra, su una via sconosciuta, di vedere a un tratto comparire la mamma, l’unica persona in grado di porre fine a quell’angoscia. E attendere, sino a che un piccolo grande incidente cambi gli orizzonti, sino a che un po’ più grandi sebbene di un solo giorno si possa andar via lasciando il coccodrillo a qualcuno che ora ne ha più bisogno.
Attraversare il bosco significa anche saper dormire fuori casa. Fuori dalla propria casa. A casa d’altri.